L’entusiasmo dei democratici spinge Harris ancora più su nei sondaggi

 

Si è appena concluso il Democratic National Convention che si è svolto dal 19 al 22 agosto 2024 a Chicago e l’entusiamso dei democratici è alle stelle. Per molti osservatori, non si vedevo questo tipo di entusiasmo dai tempi delle campagne elettorali di Bob Kennedy nel 1968 e di Barack Obama nel 2008. Kamala Harris va avanti nei sondaggi nazionali e recupera in quelli nei cosiddetti “stati ballerini”, che alternano il voto tra democratici e repubblicani nei diversi turni elettorali nel corso degli anni. La grande domanda è se l’entusiamo è temporaneo o se fungerà da spinta per portare Harris alla Casa Bianca il 5 novembre 2024.

Traduzione del discorso di accettazione di Kamala Harris 

Fonte sondaggi

Kamala Harris supera Donald Trump nei sondaggi

dal Podcast: La politica americana vista da Houston

Le elezioni presidenziali americane hanno preso una svolta dopo l’abbandono di Joe Biden il 23 luglio 2024 come candidato per i democratici. Kamala Harris è diventata la candidata ufficiale dei democratici il 5 agosto 2024 e il giorno dopo ha scelto il governatore del Minnesota Tim Walz come candidato alla vice-presidenza. I repubblicani sono stati presi di sorpresa dal rapido successo di Kamala Harris nell’unire i democratici e dalla decisione che ha preso di farsi affiancare da un candidato molto apprezzato negli stati della “muraglia blu” – dove il voto dei lavoratori sindacalizzati bianchi è stato determinante nell’ascesa di Donald Trump alla Casa Bianca nel 2016. Trump e il suo vice, JD Vance, continuano a fare gaffe nei confronti di quei settori dell’elettorato di cui avrebbero bisogno per vincere. Attaccano le donne, i neri, e perfino i repubblicani moderati. Vedremo se Trump e Vance faranno una correzione di rotta nei prossimi giorni.

Elezioni USA 2024: ora è Kamala Harris contro Donald Trump

dal Podcast La politica americana vista da Houston

Nella quarta puntata del podcast, Tony Quattrone, responsabile dei democratici USA in Italia dal marzo 2015 al marzo 2017 e attivista democratico a Houston, Texas, racconta gli eventi che stanno caratterizzando le elezioni presidenziali USA. Sono successe molte nell’ultimo mese, dal 27 giugno 2024, quando si è svolto il dibattito tra Joe Biden e Donald Trump, ad oggi, 26 luglio 2024 — eventi e decisioni che hanno dato una svolta decisiva alla campagna elettorale presidenziale USA. La nomina di Donald Trump come candidato presidenziale repubblicano è stata formalizzata nella Convention Repubblicana che si è svolta a Milwaukee dal 15 al 18 luglio, immediatamente dopo l’attentato del 14 luglio 2024 contro l’ex presidente. Il 21 luglio 2024, il presidente Joe Biden si è ritirato dalla campagna elettorale, spianando la via al suo vice, Kamala Harris, per diventare la candidata democratica alla presidenza. I repubblicani stanno ora ricalibrando la loro campagna elettorale che era totalmente concentrata su come sconfiggere Joe Biden. I democratici lavorano, invece, per ricostruire la grande coalizione che aveva dato la vittoria a Biden nel 2020.

Come gli USA eleggono il loro presidente

dal Podcast: La politica americana vista da Houston

Tony Quattrone, responsabile del Partito Democratico USA in Italia dal marzo 2015 al marzo 2017 e attualmente membro del Partito Democratico in Houston, Texas, spiega in 8 minuti la procedura per eleggere il president degli Stati Uniti.

L’attentato a Trump, la convention repubblicana e cosa farà Biden

dal Podcast “La politica americana vista da Houston

Nel secondo episodio del podcast “La politica americana vista da Houston”, Tony Quattrone commenta l’attentato contro Donald Trump, la convention dei repubblicani a Milwaukee e cosa potrebbe decidere Joe Biden nei prossimi giorni, tutto in meno di 10 minuti.

Chi vuole che Joe Biden si faccia da parte

dal Podcast “La politica americana vista da Houston

Le dinamiche interne al Partito Democratico USA

Tony Quattrone, ex rappresentante del Partito Democratico USA in Italia, in carica dal marzo 2015 al marzo 2017, racconta da Houston, Texas, le vicissitudini della candidatura di Joe Biden alle elezioni presidenziali del novembre 2024. Quattrone offre una prospettiva dall’interno del partito democratico, spiegando che molte delle preoccupazioni espresse nei confronti di Biden da parte di alcuni parlamentari, molti giornalisti e diversi finanziatori non trovano riscontro nella base del partito, dove gli attivisti continuano il loro incessante lavoro per convincere i cittadini a votare per i democratici a novembre. Il video/podcast è stato registrato mentre arrivavano le prime notizie dell’attentanto contro l’ex presidente Donald Trump.

Le elezioni “mid-term” premiano Joe Biden

Joe Biden è fra i pochi presidenti americani che dal 1934 non subiscono una sonora batosta elettorale durante le “mid-term”, cioè quelle elezioni che si svolgono a metà di un quadriennio presidenziale per rinnovare l’intera Camera dei Deputati, un terzo del Senato e molte cariche di governatore.  Tradizionalmente, il partito del presidente in carica perde seggi al Senato, alla Camera e anche diverse cariche di governatore.

Si conclude il ciclo elettorale 2022

Nel ciclo elettorale che si è concluso il 6 dicembre 2022 con la vittoria del Senatore democratico Raphael Warnock nel ballottaggio in Georgia contro il repubblicano Herschel Walker, il presidente Biden può ritenersi soddisfatto per aver guadagnato la maggioranza assoluta al Senato, con 51 seggi contro 49 per i repubblicani, e di aver aumentato di due unità il numero dei governatori democratici.  Alla Camera, i repubblicani hanno conquistato solo 9 seggi, raggiungendo una striminzita maggioranza di 222 seggi contro 213 per i democratici, ben al di sotto delle previsioni fatte dagli analisti politici, che davano ai repubblicani una maggioranza fra 240 e 260 seggi.

Repubblicani divisi alla Camera

Pertanto, l’attuale capo dei repubblicani alla Camera, Kevin McCarthy, potrà contare su una maggioranza che supera il 50% per soli 5 seggi.  A gennaio, quando si voterà per la presidenza della Camera, la terza carica nella gerarchia istituzionale americana, dopo il presidente e il vicepresidente, si prevede uno scontro fratricida all’interno del partito repubblicano dove gli estremisti di destra, sostenitori dell’ex presidente Donald Trump, considerano McCarthy troppo debole nei confronti delle politiche democratiche, e hanno annunciato che non voteranno per lui. Cosa farà McCarthy? Chiederà i voti ai democratici o farà delle concessioni agli estremisti di destra per ottenere il loro voto per arrivare a quota 218?

Maggioranza assoluta democratica al Senato

Al Senato, si partiva da una parità composta da 50 seggi per i repubblicani e 50 per la coalizione di 48 senatori democratici e 2 indipendenti.  La maggioranza democratica si otteneva attraverso il ruolo di Kamala Harris, la quale, come presidente del Senato, poteva esercitare il suo diritto di voto.  Oggi, con la vittoria del pastore Raphael Warnock, la coalizione fra democratici e indipendenti arriva a 51 seggi contro 49 repubblicani, risparmiando alla vice presidente Harris l’obbligatoria presenza al Senato per garantire il successo del voto democratico.  La nuova maggioranza assoluta garantirà ai democratici anche la presidenza di tutte le commissioni senatoriali.

I democratici avanzano fra i governatori

Nelle 36 competizioni che si sono svolte a novembre per rinnovare le cariche di governatore (in 14 dei 50 stati non si votava), i repubblicani hanno registrato una perdita netta di due governatori a favore dei democratici.  Pertanto, i repubblicani scendono da 28 a 26 governatori mentre i democratici salgono da 22 a 24.

Le capacità negoziali di Biden

Nei prossimi due anni, toccherà al Presidente Biden negoziare con i deputati repubblicani per poter portare avanti altre importanti iniziative economiche, riformare il sistema immigrazione, proteggere e ampliare l’assistenza sanitaria e previdenziale, eliminare la vendita delle armi automatiche e semiautomatiche e ridurre la disuguaglianza negli Stati Uniti, semmai sfruttando le forti divisioni fra i deputati repubblicani.  La corrente che fa capo all’ex presidente Donald Trump ha annunciato che intende contrastare qualsiasi iniziativa bi-partisan e vuole concentrarsi nel far partire indagini parlamentari contro l’attuale presidente, per temi che vanno dalla disastrosa uscita americana dall’Afghanistan, alle origini del COVID, e alle accuse contro il figlio del presidente, Hunter Biden, inerente ad informazioni presumibilmente compromettenti trovate su un suo laptop in riparazione.

Foto di copertina: il senatore reverendo Raphael Warnock — Reuters

Scheda tecnica: Le elezioni di mezzo mandato negli USA

Tony Quattrone

Le elezioni USA del prossimo 8 novembre vedranno il rinnovo di un terzo del Senato e di tutta la Camera.  Saranno in gara anche 36 cariche di Governatore dei 50 Stati che compongono l’Unione e le cariche di Governatore di tre Territori sotto giurisdizione USA (Guam, le Isole Marianne Settentrionali, e le Isole Vergini americane).

Attualmente, il Senato americano è composto da 48 senatori democratici a cui si aggiungono 2 indipendenti che votano regolarmente con i democratici, contro 50 repubblicani per un totale di 100.  La Vice Presidente Kamala Harris funge da Presidente del Senato e, quando una votazione porta al pareggio, il suo voto aggiuntivo concede ai democratici la maggioranza.   Ogni Stato esprime 2 Senatori indipendentemente dal numero di residenti.  Pertanto, uno Stato popoloso come la California, con 39 milioni di abitanti, e uno meno come il Wyoming, con 580 mila, hanno lo stesso numero di Senatori, cioè due a testa.  I Senatori restano in carica per 6 anni e ogni due anni un terzo del Senato si rinnova. 

La Camera è composta da 435 deputati eletti in gare uninominali in ciascuno dei 435 distretti elettorali in cui sono suddivisi i 50 stati.  Ogni Deputato rappresenta circa 700 mila persone che compongono un singolo distretto elettorale. L’intera Camera si rinnova ogni due anni.  Attualmente, la Camera conta una maggioranza democratica di 220 Deputati contro 212 repubblicani.  Tre seggi sono vacanti.

Le elezioni americane che si svolgono a metà del mandato quadriennale di un Presidente sono chiamate di “midterm”, cioè, di mezzo mandato.  Tradizionalmente, il partito del Presidente in carica perde queste elezioni.  Quest’anno, con la presidenza del democratico Joseph Biden, la tradizione vorrebbe una vittoria dell’opposizione repubblicana sia al Senato sia alla Camera. 

Le indicazioni dei sondaggi a circa due settimane dal voto sono, invece, incerte. Fino a qualche mese fa, l’ondata vittoriosa dei repubblicani era data per certa, ma, con la decisione del 24 giugno 2022 della Corte Suprema, formata da una maggioranza di giudici conservatori, di rimuovere le garanzie costituzionali per il diritto all’aborto, un altissimo numero di donne e di giovani si sono iscritti alle liste elettorali.  Anche se l’inflazione, le cui cause sono addebitate alle politiche economiche democratiche, rimane il tema principale per moltissimi elettori, i diritti delle donne e la preoccupazione per l’avanzare dell’estremismo di destra istigato dall’ex presidente Donald Trump, hanno dato ai democratici la speranza di non perdere il Senato.

Nella corsa per ricoprire le 36 cariche di Governatore, si parte dalla situazione attuale con 20 repubblicani e 16 democratici. I sondaggi continuano a favorire i repubblicani che dovrebbero conservare le 20 cariche e forse conquistare qualcuno delle 16 attualmente ricoperte dai democratici.  Anche nel caso delle gare per i Governatori, si dovrà vedere l’effetto dell’alto numero di donne e giovani che si sono iscritti alle liste elettorali negli ultimi mesi.

L’economia americana continua a dare messaggi contradditori. Se da un lato sono stati creati milioni di posti di lavoro e la disoccupazione è ai minimi storici, dall’altro, l’inflazione causa notevoli problemi ai cittadini.  Gli economisti parlano di possibile recessione, ma, nel frattempo, l’economia ha ripreso a crescere.

Se i democratici perdessero il controllo della Camera e del Senato, l’intera piattaforma del Presidente Biden dovrebbe essere rivista, specialmente rispetto alle politiche energetiche, ai piani ecologici e alle proposte per ridurre il costo della spesa sanitaria dei cittadini.  Una maggioranza repubblicana bloccherebbe qualsiasi iniziativa del Presidente nel tentativo di creare le premesse per una debacle democratica nelle elezioni del 2024, quando si voterà per il Presidente, per l’intera Camera, per un terzo del Congresso e per 11 cariche di Governatore.

Image by Mary Pahlke from Pixabay

Pubblicato da “Il Denaro” online il 29 ottobre 2022

È tornata l’America degli ideali e della speranza

Joe Biden ha prestato giuramento il 20 gennaio 2021 diventando il 46mo presidente degli Stati Uniti d’America.  È significativo che la sobria cerimonia presidenziale si sia svolta sulle scale del Congresso. Le stesse, dove, solo 14 giorni prima, i sostenitori di Donald Trump avevano inscenato una rivolta sediziosa.

Nel discorso d’insediamento, Biden si è rivolto agli americani appellandosi ai loro sentimenti, alla loro etica individuale; ciò affinché superino le profonde divisioni sociali ed economiche emerse durante l’attuale contingenza, condizionata dalla pandemia, così come dall’incertezza economica, ma anche dalle tensioni razziali e, non ultimo, dal profondo impeto anti-istituzionale creato dalla diffusione delle bugie di Trump.

Biden ha scelto di sottolineare nel suo discorso alcune parole che ha ripetuto spesso: “amore”, così come “unità”; nel contempo non ha mancato di citare “i suprematisti bianchi”, “l’estremismo”, “la pandemia” e “l’iniquità”.  Ha parlato senza alcuna esitazione delle ingiustizie e delle difficoltà che affliggono gli americani.  Ha voluto mettere in evidenza che sarà il Presidente di tutti gli americani, promettendo di lottare duramente per coloro che non lo hanno sostenuto come per quelli che l’hanno fatto.  Parole concrete pregne di ideali, che hanno dato forma ai suoi pensieri nobili.  Biden ha anche detto:

“Oggi, tutta la mia anima è in questo: riunire l’America, unire il nostro popolo, unire la nostra nazione. E chiedo a ogni americano di unirsi a me. Unirsi per combattere i nemici che ci affrontano: rabbia, risentimento, odio, estremismo, illegalità, violenza, malattie, disoccupazione e disperazione. Con l’unità possiamo fare grandi cose, cose importanti.”

L’America con Biden rifiuta l’attacco allo Stato di Diritto e prosegue nel suo cammino democratico nonostante la violenza dell’estremismo di destra culminata con l’assalto al Congresso.

È tornata l’America dell’etica, della solidarietà e della fiducia in un mondo migliore.

Il messaggio di speranza nel futuro e nel rinnovamento è arrivato ancora più forte dalla giovane poetessa Amanda Gorman, che ha declamato la poesia scritta per l’insediamento presidenziale.  Gorman è una ventiduenne nera che combatte fin da bambina difetti di pronuncia, che ha vinto diversi premi letterari e, che nell’aprile 2017, vince la prima edizione del titolo ”National Youth Poet Laureate”.  Il testo di “The Hill We Climb” (“La collina che scaliamo”) è un inno alla fiducia, alla speranza, per un’America che riesca a costruire un’unione più completa, più vera, che esca dal buio della pandemia, della violenza razziale e dell’abuso di potere.

Gli ultimi versi del poema della Gorman sono un augurio che traduce perfettamente quanto Joe Biden vuole fare per l’America.

“… fateci vivere in un Paese che sia migliore di quello che abbiamo lasciato.
Con ogni respiro di cui il mio petto martellato in bronzo sia capace, trasformeremo questo mondo ferito in un luogo meraviglioso.
Risorgeremo dalle colline dorate dell’Ovest.
Risorgeremo dal Nord-Est spazzato dal vento, in cui i nostri antenati, per primi, fecero la rivoluzione.
Risorgeremo dalle città circondate dai laghi, negli stati del Midwest.
Risorgeremo dal Sud baciato dal sole.
Ricostruiremo, ci riconcilieremo e ci riprenderemo.
In ogni nicchia nota della nostra nazione, in ogni angolo chiamato Paese,
La nostra gente, diversa e bella, si farà avanti, malconcia eppure stupenda.
Quando il giorno arriverà, faremo un passo fuori dall’ombra, in fiamme e senza paura.
Una nuova alba sboccerà, mentre noi la renderemo libera.
Perché ci sarà sempre luce,
Finché saremo coraggiosi abbastanza da vederla.
Finché saremo coraggiosi abbastanza da essere noi stessi luce.”

Questa è l’America della lotta per i diritti civili e sociali. Questa è l’America della “nuova frontiera” dei fratelli Kennedy, della lotta non violenta di Martin Luther King, dello “Yes, we can” di Barack Obama.

L’America degli ideali e della speranza è tornata.

Pubblicato il 22 gennaio 2021 da “Il Denaro”

Usa, rischio di nuove violenze dopo l’assalto al Congresso

La tensione, innescata dai sostenitori di Donald Trump con l’assalto del 6 gennaio 2021 a Capitol Hill, sta crescendo pericolosamente. Un documento interno del Federal Bureau of Investigations (FBI), ottenuto dalla rete televisiva ABC, riporta di gruppi armati che pianificano l’assalto ai palazzi dei governatori e alle sedi delle parlamentari dei 50 stati. Gli attacchi saranno lanciati, secondo il documento, fra il 16 e il 20 gennaio, inoltre si accenna anche a un nuovo attacco al Congresso e ai palazzi del governo federale fra il 17 e il 20 gennaio.


La notizia è arrivata alle 20:00 di lunedì 11 gennaio 2021; lo stesso giorno in cui la Camera ha iniziato la procedura per incriminare il Presidente Donald Trump per i fatti del 6 gennaio. È molto probabile che la Camera approvi l’impeachment del presidente Trump prima del passaggio delle consegne a Joe Biden, previsto per il 20 gennaio.


Ad accrescere la tensione sono anche le dimissioni di Chad Wolf, capo del Department of Homeland Security (equivalente al ministero degli interni in Europa), annunciate poco dopo le rivelazioni della ABC. Il dicastero di Wolf è responsabile del coordinamento delle attività atte a prevenire e a combattere tutte le minacce terroristiche in America.


La CNN ha rivelato che due poliziotti del Capitol Police sono stati sospesi per il loro presunto ruolo di “collaborazionisti” degli assalitori del Congresso. Altri quindici poliziotti sono indagati. Nel frattempo, sono stati arrestati dei poliziotti, appartenenti a dipartimenti di polizia di diverse città americane, che erano fra gli “assalitori” del 6 gennaio.


Inoltre, emergono anche le responsabilità dei vertici della polizia e della Guardia Nazionale per le inefficienze riscontrate nel coordinamento delle attività di sicurezza. Le procedure per attivare la guardia nazionale, già considerate “burocraticamente lente” in tempi “normali”, sembrerebbero essere state ulteriormente rallentate dalla leadership politica asservita a Trump, prima e durante l’assalto al Congresso. Volano accuse fra vertici della polizia e il Pentagono.


I prossimi giorni saranno determinanti per la democrazia americana. L’FBI avrà un ruolo decisivo da svolgere nel prevenire che terroristi e estremisti di destra, spesso organizzati in gruppi paramilitari, possano mettere a ferro e fuoco le capitali dei 50 stati e Washington stessa. La polizia federale così come la polizia locale e la Guardia Nazionale dovranno essere pronte a contrastare, loro malgrado, anche militarmente eventuali assalitori.

Contemporaneamente, sarà fondamentale per gli organi politici trovare un equilibrio fra la necessità di sanzionare Trump per aver istigato l’insurrezione contro lo Stato e quella di dare sfogo al malessere dei suoi sostenitori, riportandoli all’interno del processo democratico, parlamentare e, in primo luogo, non violento. Questo, tuttavia, non sarà possibile senza che i leader repubblicani contribuiscano a smantellare le bugie sostenute da Trump e dai suoi alleati sulla correttezza delle elezioni.


Il momento è decisivo per la tenuta democratica e lo stato di diritto negli Stati Uniti.

Pubblicato da “Il Denaro” il 12 gennaio 2021.