Democratici USA: Si parla di “dream ticket” Clinton-Obama!

Anthony M. Quattrone

Con i risultati delle primarie nell’Ohio, Texas, Rhode Island, e Vermont del 4 marzo, è ormai evidente che né la senatrice di New York, Hillary Clinton, né il senatore dell’Illinois, Barack Obama, potranno raggiungere i 2.025 delegati necessari per ottenere la nomination a candidato presidente per il partito democratico, senza contare anche sul sostegno dei 795 superdelegati (parlamentari, governatori, e funzionari di partito) che hanno il diritto di voto nella Convention democratica del prossimo agosto.

Ad oggi, Obama è in vantaggio sulla Clinton nel conteggio totale dei delegati assegnati attraverso le consultazioni popolari, con 1.366 contro 1.222, mentre l’ex first lady gode ancora di un lieve vantaggio, 242 contro 207, fra quei super delegati che si sono già apertamente schierati a favore di uno dei due candidati. Pertanto, anche dopo la sconfitta in tre dei quattro stati dove si è votato martedì, Obama conduce per un totale di 1.573 delegati contro 1.464 per la Clinton. In base al sistema proporzionale con cui sono assegnati i delegati nelle primarie democratiche, è alquanto improbabile, hanno scritto Adam Gourney e Carl Hulse sul New York Times del 6 marzo, che uno dei due riuscirà ad ottenere una maggioranza schiacciante fra i 1.461 delegati ancora da assegnare attraverso le consultazioni popolari. Leggi tutto l’articolo!

Obama avanti alla Clinton anche nei sondaggi nazionali

Anthony M. Quattrone

Secondo due recenti sondaggi nazionali, il senatore dell’Illinois, Barack Obama, è, in questo momento, il candidato preferito fra gli elettori democratici. Il sondaggio condotto per il New York Times/CBS colloca Obama al 54 percento contro il 38 per la senatrice di New York, Hillary Clinton. Il sondaggio per la USA Today/Gallup, che conferma i risultati del Times, da il 51 percento per Obama, contro il 39 per Clinton.

Secondo il sondaggio condotto per il Times, la coalizione di Obama, che in un primo momento sembrava formata solo da giovani, da neri, e da progressisti benestanti, si è ampliata significativamente, ed è anche andata ad erodere una parte di quella che, in un primo momento, era base elettorale della Clinton. Il gradimento per Obama avanza fra tutti i gruppi demografici, dai liberal ai moderati, dai maschi alle donne, dai giovani agli anziani, e fra i diversi gruppi etnici e razziali. Leggi tutto l’articolo!

Obama vince ancora e balza in testa nei sondaggi nazionali!

Anthony M. Quattrone

Decima vittoria consecutiva del senatore dell’Illinois, Barack Obama, contro la senatrice di New York, Hillary Clinton, nelle primarie del partito democratico per la scelta del candidato presidenziale per le prossime elezioni di novembre. Obama ha sconfitto la Clinton per 76 a 24 percento nelle Hawaii, e per 58 a 41 nel Wisconsin. In questa tornata elettorale, Obama ha conquistato 58 delegati contro i 28 per la Clinton, portandosi a 1.354 delegati contro i 1.263 per la Clinton. La senatrice di New York continua ad avere un vantaggio fra i superdelegati, conducendo su Obama per 239 a 169, mentre quest’ultimo continua a macinare delegati eletti attraverso le consultazioni elettorali, conducendo per 1.185 a 1.024 sulla Clinton. Leggi tutto l’articolo!

Primarie: Obama sorpassa Clinton

Anthony M. Quattrone

Con le schiaccianti vittorie nelle Potomac Primaries del 12 febbraio, il senatore dell’Illinois, Barack Obama, ha, per la prima volta, sorpassato la senatrice di New York, Hillary Clinton, nel conteggio dei delegati per la nomina a candidato presidente per il partito democratico. Obama ha vinto con il 75 percento nel Distretto di Columbia (dove ha sede la capitale, Washington), con 64 in Virginia e con 60 nel Maryland. Le primarie appena svolte prendono il nome dal fiume Potomac che bagna, appunto, la capitale americana e gli stati della Virginia e del Maryland.

Secondo la Real Clear Politics, Obama conduce per 1.252 delegati contro 1.210 per Clinton, nella gara per conquistare la maggioranza dei 4.049 delegati che voteranno nella Convention democratica del prossimo agosto a Denver. Leggi tutto l’articolo!

Oggi è il Super Tuesday!

Anthony M. Quattrone

Oggi è l’appuntamento elettorale più emozionante e forse la più attesa per le primarie americane, il famoso Super Tuesday, quando si terranno le primarie in 22 stati per i democratici e in 19 per i repubblicani. Alla vigilia di questa importantissima tornata elettorale, la Gallup ha pubblicato i risultati di un sondaggio nazionale, che vedrebbe fra i democratici la senatrice di New York, Hillary Clinton, e il senatore dell’Illinois, Barack Obama, sostanzialmente alla pari, con 46 e 44 percento rispettivamente, con un margine di errore di tre punti percentuali, e il senatore dell’Arizona, John McCain, consolidare il suo vantaggio fra i repubblicani, sull’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, con un solido 43 a 24, ben oltre il margine di errore, seguiti dall’ex governatore dell’Arkansas, Mike Huckabee, con 18 punti. Il sondaggio della Gallup si riferisce a dati nazionali raccolti fra il 31 gennaio e il 2 febbraio, e non deve essere confuso con i sondaggi specifici per ciascuna delle primarie del Super Tuesday, dove, in particolare in casa repubblicana, le lunghezze fra McCain e Romney sono meno distanti. Leggi tutto l’articolo!

Repubblicani: Thompson si ritira!

I Democratici preoccupati per lo scontro virulento fra Clinton e Obama.

ANTHONY M. QUATTRONE

L’ex senatore del Tennessee, l’attore Fred Thompson, ha deciso di abbandonare la competizione per la nomina a candidato presidenziale del partito repubblicano dopo aver subito una serie di sconfitte nelle primarie che si sono tenute fino ad ora.  La decisione di Thompson arriva dopo il terzo posto che ha ottenuto nel Sud Carolina e prima della difficile competizione del 29 gennaio in Florida, dove, secondo la media dei sondaggi, non riesce a superare il 10 percento del voto.  Thompson aveva dichiarato che le consultazioni nel Sud Carolina sarebbero state decisive per la sua campagna elettorale.  Nel Sud Carolina, Thompson non è riuscito a superare il 16 percento dei consensi ottenendo solo il terzo posto dietro al senatore dell’Arizona, John McCain, che ha vinto con il 33 percento, e all’ex governatore dell’Arkansas, Mike Huckabee, che ha ottenuto il secondo posto con il 30.  Thompson non ha ancora dichiarato se inviterà i suoi sostenitori ad appoggiare uno degli altri candidati rimasti in gara.

Gli ultimi due sondaggi condotti in Florida il 20 gennaio danno indicazioni contrastanti sulle preferenze di voto.  La Rasmussen prevede la vittoria dell’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney con il 25 percento, seguito da McCain con 20, l’ex sindaco di New York, Rudi Giuliani, con 19, e Huckabee con 16.  Il sondaggio condotto dalla SurveyUSA per alcune televisioni locali prevede la vittoria di McCain con il 25 percento, seguito da Giuliani con 20, Romney con 19, e Huckabee con 14.  Prendendo in considerazione il margine di errore per entrambi i sondaggi, le previsioni sono, a questo punto, incerte.  Forse qualche indicazione più sicura si potrà avere solo dopo un’eventuale dichiarazione di Thompson a favore di uno dei contendenti rimasti in gara.

I contendenti democratici sono tutti concentrati sulle votazioni di sabato, 26 gennaio, quando nel Sud Carolina saranno assegnati 45 delegati per la convention del partito che si terrà a fine agosto.  I sondaggi più recenti sono stati condotti prima dei caucus del 20 gennaio nel Nevada, dove la senatrice di New York, Hillary Clinton, ha battuto il senatore dell’Illinois, Barack Obama, e l’ex senatore del Nord Carolina, John Edwards, con il 51 percento, contro il 45 e il 5 percento, rispettivamente.  Nel Sud Carolina, i sondaggi indicano, in media, la vittoria di Obama con il 42,3 percento, contro il 32,3 per la senatrice Clinton, e il 14 per Edwards.  Tuttavia, dopo il fallimento dei sondaggi nel New Hampshire, che davano Obama vincente, tutti gli osservatori sono prudenti nell’interpretare queste previsioni.

Hillary Clinton e Barack Obama si sono scontrati duramente durante e dopo il dibattito televisivo che si è tenuto il 21 gennaio, organizzato dalla CNN e dal gruppo dei parlamentari neri del Congresso.  Per Patrick Healy e Jeff Zeleny del New York Times, lo scontro è stato fra i più duri e i più personali finora visti in questa campagna elettorale.  L’ex first lady e il senatore nero dell’Illinois si sono affrontati aspramente mettendo in dubbio la coerenza e l’onestà dell’avversario..

I momenti salienti del dibattito hanno testimoniato alcuni scambi che potrebbero diventare delle armi utili per i repubblicani contro il candidato che sarà scelto dai democratici.  Per esempio, la senatrice Clinton ha accusato Obama di essersi legato ad un “proprietario immobiliare di un quartiere malfamato”, riferendosi ad un imprenditore di Chicago, Antoin Rezko, che è stato accusato di attività fraudolenta da parte delle autorità federali lo scorso autunno.  Obama, che aveva lavorato in passato per uno studio legale che aveva assistito Rezko nelle sue attività immobiliari, ha restituito, lo scorso sabato, circa 40 mila dollari di contributi elettorali ricevuti da sostenitori legati a Rezko.

Barack Obama ha dichiarato nel corso del dibattito che alle volte ha la sensazione di gareggiare non solo contro Hillary, ma anche contro Bill Clinton, lamentandosi dei ripetuti attacchi che l’ex presidente gli ha riservato sin dopo la vittoria che il senatore nero ha ottenuto in Iowa il 3 gennaio.  Obama ha intimato a Hillary e Bill Clinton di smetterla di distorcere la verità quando parlano delle sue opinioni politiche e di come ha votato in Senato, riferendosi alla recente polemica con l’ex presidente, il quale aveva insinuato che Obama non era affatto stato sempre contro la guerra in Iraq.

Durante lo scontro televisivo del 21 gennaio, caratterizzato da continue interruzioni della Clinton e di Obama, John Edwards ha dovuto faticare non poco per potersi far sentire.  L’ex senatore del Nord Carolina ha cercato di mettere in risalto che i due maggiori contendenti sembravano più interessati ad attaccarsi a vicenda su questioni personali piuttosto che ad affrontare i veri problemi del paese.  Edwards ha cercato più volte di riportare il dibattito sui temi che interessano la gente del Sud Carolina, come la questione della copertura sanitaria universale.  Edwards, che è un nativo del Sud Carolina, vinse le primarie del suo stato natio nel 2004, dimostrando di interpretare bene le preoccupazioni e le aspettative degli elettori.  La competizione di sabato prossimo potrebbe risultare decisiva per la continuazione della partecipazione di Edwards nelle primarie democratiche.

Gli strateghi del partito democratico sono, allo stesso tempo, entusiasti dell’interesse che gli americani stanno dimostrando attorno alle primarie democratiche, ma anche molto preoccupati per i toni troppo accessi e personali che si stanno sviluppando negli scontri fra i candidati.  La demarcazione fra il campo della Clinton e quello di Obama potrebbe diventare un muro invalicabile che potrebbe creare notevoli difficoltà al partito, quando sarà necessario unire tutti i democratici attorno al candidato prescelto per lo scontro con i repubblicani il prossimo novembre.  Il senatore del Massachusetts e “patriarca” del partito, Ted Kennedy, ha ammonito proprio l’ex presidente Bill Clinton di fare attenzione a non fare opera di divisione fra i democratici, perchè le conseguenze potrebbero essere devastanti nello scontro con i repubblicani il prossimo novembre.

Pubblicato su Agenzia Radicale il 23 gennaio 2008.

Romney e Clinton vincono in Nevada. McCain vince in Sud Carolina.

Ancora record di partecipazione fra gli elettori democratici.

ANTHONY M. QUATTRONE

L’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, ha vinto in Nevada portando a tre le vittorie nelle primarie per designare il candidato del partito repubblicano alle presidenziali USA del 2008.  Dopo il successo in sordina nel Wyoming il 5 gennaio, e la vittoria in Michigan il 15 gennaio, Romney ha vinto anche in Nevada.  Romney ha ottenuto oltre il 51 percento dei consensi fra gli elettori repubblicani, battendo il deputato texano Ron Paul e il senatore dell’Arizona John McCain, entrambi al 13 percento, l’ex senatore del Tennessee, Fred Thompson e l’ex governatore dell’Arkansas, Mike Huckabee, entrambi all’8 percento, seguiti dall’ex sindaco di New York, Rudi Giuliani, con il 4 percento.

Romney, un mormone nato a Detroit, in Michigan, ha potuto contare sul forte appoggio della comunità mormone in Nevada, pari a circa l’8 percento della popolazione residente.  Secondo David Espo dell’Associated Press, metà dei voti che Romney ha ottenuto in Nevada provengono dal voto dei mormoni.  La vittoria dell’ex governatore del Massachusetts potrebbe non essere rilevante dal punto di vista dell’assegnazione dei delegati perchè le regole del partito repubblicano in Nevada non prevedono da parte dei delegati l’impegno formale a favore dei candidati vincenti, quando, ai primi di settembre, si terrà la convenzione del partito repubblicano per la scelta del candidato presidente.  I candidati repubblicani hanno, infatti, dimostrato più interesse per conquistare i 24 delegati in palio nel Sud Carolina, piuttosto che i 31 del Nevada, perchè, mentre questi ultimi non hanno l’obbligo di votare per il candidati vincenti nel Nevada, i delegati del Sud Carolina saranno “impegnati” formalmente a votare per i vincitori.

In concomitanza con i caucus nel Nevada, si sono svolte anche le primarie repubblicane nel Sud Carolina (le primarie democratiche si terranno il 26 gennaio).  John McCain ha vinto con il 33 percento, contro Huckabee con 30, Thompson con 16, Romney con 15, Paul con 3,7 e Giuliani con il 2.

Secondo il New York Times, il vero sconfitto nelle primarie del Sud Carolina è l’ex pastore battista Mike Huckabee, perchè è riuscito a conquistare solo 4 su 10 dei votanti che si definiscono “cristiani evangelici” che nel Sud Carolina compongono ben 60 percento degli elettori repubblicani.  McCain è riuscito a conquistare un quarto del voto cristiano evangelico.

Tornado al Nevada, fra i democratici la senatrice di New York, Hillary Clinton ha vinto con il 51 percento del voto popolare, seguito dal senatore dell’Illinois, Barack Obama, con il 45 percento.  L’ex senatore del Nord Carolina, John Edwards ha ottenuto solo il 4 percento.  Tuttavia, in base al meccanismo elettorale per lo svolgimento dei caucus democratici in Nevada, Obama ha ottenuto 13 dei 25 delegati in palio, mentre la senatrice Clinton solo 12.  La vittoria della Clinton in termini di voto popolare in Nevada conferma la traiettoria positiva della ex first lady, la quale, dopo la sconfitta del 3 gennaio in Iowa, ha saputo rimettere a fuoco la sua campagna elettorale dimostrando di poter continuare ad ottenere un forte appoggio delle donne.  I risultati del Nevada confermano anche la popolarità della senatrice fra gli elettori ispanici.  Il voto delle donne e degli ispanici sono stati fondamentali in Nevada, e sicuramente continueranno ad esserlo nei prossimi appuntamenti elettorali.

La notizia più importante per il partito democratico è l’alto numero di elettori democratici che ha votato nelle primarie del Nevada.  Oltre 107 mila democratici hanno preso parte ai caucus, facendo registrare, per il terzo stato consecutivo, un nuovo record di partecipazione.  Secondo i leader del partito, l’alta affluenza alle urne democratiche è, in pratica, un referendum sull’operato del governo Bush ed è una chiara richiesta per un cambio di rotta a Washington.

Ora l’attenzione si sposta verso le primarie democratiche in Sud Carolina di sabato prossimo, e le primarie della Florida che si terranno il 29 gennaio.

In Sud Carolina, i sondaggi condotti prima delle elezioni in Nevada indicano, in media, una vittoria per la senatrice di New York con il 37,8 percento, contro il 33,8 per Obama e 18 per Edwards.  In Florida, i sondaggi, condotti anch’essi prima della consultazione elettorale in Nevada, indicano, in media, 19 punti di vantaggio della Clinton su Obama, con 48,8 per la senatrice, contro il 28,8 per il senatore dell’Illinois, e l’11,7 percento per Edwards.

Fra i repubblicani, i sondaggi indicano una vittoria di McCain con il 23,2 percento, su Giuliani con 20,3, Romney con 18, Huckabee con 17,3, e Thompson con 8,5.  Il vincitore in Florida per i repubblicani vince tutti i 57 delegati in palio.  I risultati dei sondaggi si riferiscono a dati fermi al 16 gennaio, prima della vittoria di Romney nel Nevada e di McCain nel Sud Carolina.  Pertanto, con quattro candidati in soli 6 punti percentuali, la gara in casa repubblicana è da considerarsi completamente aperta.  Il risultato in Florida darà una chiara indicazione anche sulla salute della campagna elettorale di Rudi Giuliani, il quale punta tutto sulla conquista di grandi stati come la Florida.

Pubblicato su Agenzia Radicale il 20 gennaio 2008.

“Bradley Effect”: allarme pregiudizio razziale per Obama

ANTHONY M. QUATTRONE

Gli analisti americani sono ancora al lavoro per comprendere perchè tutti i sondaggi di previsione per le elezioni democratiche nel New Hampshire hanno fallito.  Uno dei massimi esperti americani nel campo del sondaggistica, il direttore della Pew Research Center, Andrew Kohut, ha pubblicato alcune considerazioni in un articolo apparso sul New York Times del 10 gennaio.  Kohut fa osservare che, nel caso dei sondaggi nel New Hampshire, la discrepanza fra previsioni e risultati è avvenuto solo per quanto riguarda i democratici, ma nel caso dei repubblicani, i sondaggi hanno fatto un eccellente lavoro.

Fra i democratici, i sondaggi prevedevano, in media, la vittoria di Barack Obama con circa 8 punti di vantaggio su Hillary Clinton.  Fra i repubblicani, i sondaggi prevedevano la vittoria di John McCain, in media, con 5,3 punti su Mitt Romney, mentre i dati finali hanno premiato McCain con un vantaggio di 5,5.  Kohut nota che le diverse organizzazioni di rilevamento hanno utilizzato diverse metodologie, dal rilevamento personale a quello telefonico, ma tutte hanno sbagliato nel caso dei risultati per i democratici.  La metodologia scelta da ciascuna organizzazione, dalle più famose come la Gallup, alle meno note che agiscono sono localmente, è stata utilizzata in ugual modo per ricavare le tendenze di voto fra gli elettori democratici e fra i repubblicani.  Perciò, dal punto di vista di Kohut, probabilmente il fallimento non è da imputare ad un errore di campionatura o di metodologia statistica, ma a qualcosa che concerne la specifica gara fra Barack Obama e Hillary Clinton.

Kohut prende in considerazione la notizia che 17 percento degli elettori democratici intervistati durante le exit poll hanno dichiarato di aver deciso all’ultimo momento per chi votare.  L’esperto fa notare, tuttavia, che il dato non è abbastanza significativo da giustificare la discrepanza fra i sondaggi ed il risultato finale, perchè il 39 percento degli indecisi ha votato per Clinton, mentre il 36 per Obama.  L’esperto non crede nemmeno che l’alto numero di votanti può essere la causa dell’errore dei sondaggi.  Infatti, il profilo degli elettori che hanno partecipato alle primarie democratiche, composto da un 54 percento che si dichiara democratico e da un 44 percento che si dichiara indipendente, non è cambiato rispetto alle elezioni del 2000, le ultime elezioni senza un candidato presidente in carica.

Pertanto, per Kohut,il motivo per comprendere il fallimento dei sondaggi va probabilmente cercato in qualche altro dato significativo, e raccomanda di non ignorare una tendenza già notata nei sondaggi precedenti quando un candidato nero è in gara, specialmente per quanto riguarda il rilevamento per le preferenze fra gli elettori bianchi a basso reddito e poco istruiti.  Le persone con un reddito basso, secondo l’esperto, sono gli stessi che, in generale, non rispondono ai sondaggi, e che sono meno inclini ad appoggiare un candidato nero.

Kohut trova interessante la divisione socio-economica fra coloro che hanno votato per Clinton e Obama.  Clinton batte Obama per 47 a 35 fra i votanti che provengono da famiglie con entrate al di sotto dei 50 mila dollari annuali.  Obama batte Clinton 40 a 35 fra coloro che guadagnano più di 50 mila dollari.  Clinton batte Obama fra coloro che non hanno mai frequentato l’università, per 43 a 35, mentre Obama vince fra gli universitari e i laureati per 39 a 34 percento.  In breve, i bianchi dei ceti sociali a basso reddito non solo tendenzialmente non rispondono ai sondaggi, ma sono anche quelli che hanno opinioni meno favorevoli nei confronti dei neri.  Il mondo dei sondaggi ha difficoltà ad incorporare questo dato nella composizione dei campioni.  Per Kohut, “le difficoltà persistono nell’intervistare le persone a basso reddito, i più poveri, e quelli con bassi livelli di istruzione”.  In Iowa, secondo Kohut, questo problema non si è manifestato “forse perchè Obama non era ancora percepito come una minaccia per i votanti bianchi dell’Iowa perché non era ancora il candidato in vantaggio”.

Frank James del Chicago Tribune ricorda in un articolo del 10 gennaio, che il fallimento dei sondaggi fra i democratici nel New Hampshire potrebbero essere in linea con quello che nel mondo dei sondaggi americani è chiamato “the Bradley Effect” (l’effetto Bradley).  Tom Bradley, un popolare sindaco nero di Los Angeles, perse nel 1982 contro un candidato bianco per le elezioni a governatore della California, dopo che le proiezioni dei sondaggi gli avevano costantemente previsto la vittoria.  L’effetto Bradley si riferisce alla situazione in cui un significativo numero di elettori bianchi dichiarano, durante i sondaggi, che sono sinceramente indecisi o che voteranno per un candidato non bianco, ma che poi, quando vanno effettivamente a votare, danno il voto in larga parte al candidato bianco.  Per James, le future primarie daranno la possibilità di capire se esiste un Bradley Effect nel caso di Obama e se Clinton e John Edwards continueranno a dividersi il voto dei bianchi più poveri e meno istruiti.  Se i democratici arrivassero alla conclusione che esiste un fattore razza, tale da indurre una larga fetta di elettori democratici bianchi a votare per il candidato repubblicano, o a non presentarsi alle urne a novembre, la candidatura di Obama potrebbe essere a rischio.

Pubblicato su Agenzia Radicale l’11 gennaio 2008.

Il “change” vincente di Hillary

Anthony M. Quattrone

Le sorprendenti vittorie della senatrice di New York, Hillary Clinton, per i democratici, e del senatore dell’Arizona, John McCain, per i repubblicani nelle primarie dell’8 gennaio nel New Hamphire danno lo spunto per alcune riflessioni sulle traiettorie che si cominciano a intravedere nella campagna elettorale americana. Il fallimento dei sondaggi riguardante il voto democratico nel New Hampshire, il tema del “cambiamento” nello scontro fra la Clinton e il senatore dell’Illinois, Barack Obama, e la strategia dell’ex sindaco di New York, Rudi Giuliani, meritano un’attenta riflessione.

È preoccupante che ben undici sondaggi davano, fino al 7 gennaio, vincente nelle primarie democratiche del New Hampshire Barack Obama, con una media di quasi otto punti percentuali, sulla Clinton. Fra questi sondaggi ci sono anche alcuni svolti da Gallup, Cnn, Cbs News, Zogby per la Reuters, Rasmussen e altri nomi importanti. Il mondo dei sondaggi americani si interroga sul motivo per il quale è incappato nello stesso errore. Sembra che nessuno dei sondaggi avesse seriamente preso in considerazione che circa il venti per cento dei votanti democratici faceva parte degli “indecisi”, che ha, di fatto, scelto per chi votare solo poco prima di entrare nei seggi. Alla presenza di una straordinaria macchina organizzativa, come quella di Hillary Clinton, appoggiata anche dalla struttura ufficiale del Partito democratico nel New Hampshire, si sarebbe dovuto mettere in conto la possibilità di influenzare il voto degli “indecisi”. Infatti, la Clinton ha potuto contare sulla mobilitazione di migliaia di sostenitori e centinaia di autisti che hanno portato gli elettori della propria parte a votare.

La seconda riflessione concerne il tema più impiegato da parte dei democratici, “change”, il cambiamento. Dopo la sonora batosta nel turno elettorale in Iowa, gli strateghi della campagna elettorale della Clinton hanno recepito bene il messaggio che proveniva dall’elettorato in cui si chiede sia il cambiamento, sia la fine dello status quo nella politica a Washington. Attraverso una campagna mediatica precisa, lo staff della Clinton ha ripescato e riutilizzato in grande stile uno slogan già scelto lo scorso luglio dai consulenti della senatrice di New York: “Ready for Change, Ready to Lead” (siamo pronti per il cambiamento, siamo pronti per dirigere). Lo scopo della strategia della Clinton era, ed è, di presentare all’elettorato una visione concreta e realistica del cambiamento, in contrasto con il “sogno” prospettato da Obama. Anche il presidente Bill Clinton, durante vari interventi a sostegno della moglie, ha messo in risalto che il cambiamento proposto da Obama sembra provenire dai libri di fiabe, mentre quanto è proposto da sua moglie, è più concreto e realizzabile. A ribadire la differenza del concetto di “change” fra lei e Obama, la senatrice Clinton ha evidenziato, in un dibattito lo scorso sabato che “le parole non sono azioni” cercando di focalizzare l’attenzione degli elettori sulla concretezza dei suoi programmi e del suo operato politico, rispetto alle proposte e all’attività di Obama.

La terza riflessione riguarda la strategia adottata dal team di Rudi Giuliani. Secondo molti osservatori americani, le idee di Rudi Giuliani e quelle di John McCain, il vincitore fra i repubblicani in Iowa, sono molto simili, e il bacino elettorale repubblicano e indipendente che sostiene i due candidati è, in sostanza, lo stesso. Mentre nel New Hampshire, McCain ha vinto con il 37 percento dei consensi, Giuliani è arrivato solo quarto con il nove per cento, dietro all’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney col 32 per cento, e l’ex governatore dell’Arkansas, Mike Huckabee e vincitore delle primarie in Iowa, Mike Huckabee, con l’undici per cento. La decisione di Giuliani di non impegnarsi e di non investire fondi nelle primarie in Iowa del 3 gennaio, nel Wyoming il 5 gennaio, e nel New Hampshire l’altro ieri, farebbe parte di una strategia mirante a concentrare tutte le forze dell’ex sindaco di New York sulla conquista degli Stati con il più alto numero di delegati, come la Florida il 29 gennaio, e la California, New York e altri venti stati il 5 febbraio, durante il “Super Tuesday”. In diverse interviste, Giuliani ha cercato di spiegare questa strategia, provando a non offendere gli elettori degli Stati “ignorati”. La strategia di Giuliani è ad alto rischio, ma sembrerebbe basato sull’efficienza del minimo sforzo per il massimo guadagno. Se la scommessa gli andrà bene, dovrebbe trovarsi anche con abbastanza fondi a disposizione per arrivare fino alla Convention che si terrà ai primi di settembre per scegliere il candidato repubblicano alle presidenziali di novembre.

La campagna elettorale americana per le primarie si sta dimostrando pieno di sorprese e risulta particolarmente frizzante. Le prossime settimane, fino al “Super Tuesday” del 5 febbraio, in cui si svolgeranno le primarie in ben 22 stati, saranno decisivi. Soprattutto sarà un periodo in cui il carattere e la personalità del candidato, la sua capacità di attingere a tutta la propria forza interiore, e l’abilità di creare le necessarie alleanze per arrivare fino in fondo avranno una fondamentale importanza. La sorpresa del risultato nel New Hampshire non è la prima, e non sarà l’ultima di questa campagna elettorale.

Pubblicata sull’Avanti! il 10 gennaio 2008.

Undici sondaggi danno Obama in grande vantaggio su Clinton nel New Hampshire.

ANTHONY M. QUATTRONE

Undici sondaggi condotti dopo le primarie in Iowa danno il senatore dell’Illinois, Barack Obama, vincente contro la senatrice di New York, Hillary Clinton, nelle primarie che si svolgeranno martedì 8 gennaio nel New Hampshire.  I margini di vittoria per Obama variano dall’uno percento della Suffolk/WHDH al 13 percento della USA Today/Gallup.  In media, gli undici sondaggi danno la vittoria ad Obama per 7,8 punti percentuali.  Il senatore del Nord Carolina, John Edwards, segue in terza posizione, distaccato in media dalla Clinton di ben 10 punti, e da Obama, sempre in media, di quasi 18.  Nel New Hampshire sono il palio solo 22 dei 4.367 delegati che voteranno nella convenzione nazionale democratica, che si terrà a fine agosto per scegliere il candidato presidente.  Tuttavia, anche se i delegati in palio sono pochi, storicamente è spesso accaduto che il vincitore nel New Hampshire, sia fra i repubblicani, sia fra i democratici, ha vinto in seguito la nomina alla candidatura presidenziale per il suo partito.

Fra i repubblicani la corsa nel New Hampshire, dieci sondaggi consegnano la vittoria al senatore dell’Arizona, John McCain, mentre uno da la vittoria all’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney.  Nei sondaggi che indicano McCain vincente, lo scarto varia da uno a nove punti a favore del senatore dell’Arizona sull’ex governatore del Massachusetts.  Nell’unico sondaggio a favore di Romney, McCain perderebbe con uno scarto di soli tre punti.  L’ex governatore dell’Arkansas e vincitore della gara repubblicana in Iowa, Mike Huckabee otterrebbe, in base alla media degli undici sondaggi, il terzo posto, davanti all’ex sindaco di New York, Rudi Giuliani, che finirebbe solo quarto.  Nel New Hampshire sono il palio solo 24 dei 2.488 delegati che voteranno nella convenzione nazionale repubblicana, che si terrà ad inizio del prossimo settembre per scegliere il candidato presidente.

La Rasmussen ha comunicato il 7 gennaio il risultato dell’unico sondaggio nazionale che si è tenuto, fino a questo momento, dopo le recenti elezioni in Iowa.  Fra i democratici, il vantaggio di 13 punti che Hillary Clinton aveva contro Obama Barack a metà dicembre nel sondaggio nazionale si è assottigliato a soli 4 punti, che è pari al margine d’errore dichiarato dalla casa di rilevamento statistico.  Al 7 gennaio, la Clinton godrebbe del favore del 33 percento degli elettori democratici in America, contro il 29 per Obama, ed il 20 per Edwards.

Fra i repubblicani, il sondaggio nazionale della Rasmussen indica Huckabee al 20 percento, seguito da McCain al 19, Giuliani al 17, Romney al 15, Thompson all’undici percento.  Secondo la Rasmussen, pertanto, Giuliani avrebbe perso il vantaggio che aveva registrato dalla primavera del 2007 fino alle primarie in Iowa del 3 gennaio.  I risultati fra i repubblicani, tuttavia, sono troppo vicini per avere un significato statistico indiscusso perchè, anche in questo caso, il margine di errore è di 4 punti percentuali.

Dopo il test elettorale nel New Hampshire, i candidati di entrambi i partiti partiranno per il Michigan dove il 15 gennaio si svolgeranno le primarie che varranno 128 delegati per i democratici, e 61 per i repubblicani.  Gli ultimi sondaggi svolti in Michigan, che danno ancora la Clinton vincente per un largo margine fra i democratici, e Romney fra i repubblicani per un solo punto, risalgono allo scorso novembre e sono ormai inattendibili.  I risultati del New Hampshire, che saranno resi noti durante la serata di martedì 8 gennaio, avranno sicuramente un riflesso significativo, almeno per quanto riguarda i candidati democratici.

Pubblicato su Agenzia Radicale il 7 gennaio 2008.