Il New York Times tromba Rudolph Giuliani!

Il giornale di New York appoggia Clinton per i democratici e McCain per i repubblicani

di ANTHONY M. QUATTRONE

Alla vigilia delle primarie democratiche nel Sud Carolina e a pochi giorni dalle importantissime primarie repubblicane in Florida, il New York Times ha deciso di annunciare pubblicamente le sue preferenze per la nomina a candidato presidente per i due maggiori partiti. Per i democratici, il massimo giornale di New York appoggia Hillary Clinton, e per i repubblicani, John McCain.
Il New York Times considera la senatrice di New York, Hillary Clinton, pronta per affrontare dal primo giorno alla Casa Bianca sia i problemi internazionali, sia quelli interni. Per il giornale, la Clinton è sicuramente più esperta e preparata del senatore dell’Illinois, Barack Obama, per dirigere il paese e riportare l’America sulla rotta giusta. Il giornale si dichiara affascinato dalle idee e dall’entusiasmo di Obama, ma è preoccupato che il relativamente giovane senatore nero non abbia ancora avuto l’occasione di dimostrare come metterebbe in pratica le sue idee. Invece, Hillary Clinton, specialmente nel suo ruolo di senatrice dello stato di New York, ha già dato ampia dimostrazione delle sue capacità di fare quello che promette. Il New York Times auspica che la senatrice Clinton dimostri agli elettori le sue immense capacità di ascoltare e di dirigere, nutrendo la speranza che la grande capacità intellettiva della Clinton serva anche a dimostrare agli scettici che è capace di aprirsi, spiegarsi, e dirigere.
Il Times, tuttavia, ammonisce la Clinton che”così come appoggiamo risolutamente la sua candidatura, chiediamo alla signora Clinton di cambiare il tono della sua campagna”. Per il giornale, la dura campagna della Clinton contro Obama “non fa bene al paese, al Partito Democratico, o alla signora Clinton stessa, che spesso è etichettata come una persona che crea divisioni”.
Il Times liquida l’ex senatore del Nord Carolina, John Edwards, lamentando che a causa delle troppe opinioni che il senatore ha cambiato negli ultimi anni su diversi temi, “non siamo certi quali siano le sue opinioni”.
Fra i repubblicani, il New York Times appoggia il senatore dell’Arizona, John McCain, perchè, secondo il giornale, oltre ad essere un eroe nazionale (riferendosi ai 5 anni trascorsi nelle prigioni comuniste in Vietnam) è l’unico candidato repubblicano che si è coerentemente battuto contro la tortura dei prigionieri sospettati di appartenere ad organizzazioni terroriste, per i diritti degli immigrati, e per la riforma del sistema di finanziamento delle elezioni americane. Il giornale di New York ammette di non essere in linea con le fondamentali convinzioni dei repubblicani, ma crede che John McCain è l’unico fra i candidati repubblicani che ha dimostrato di essere capace di lavorare con i deputati e senatori di entrambi i partiti, nell’interesse del paese.
Il giornale spiega le ragioni per cui non appoggia l’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, e l’ex governatore dell’Arkansas, Mike Huckabee, addebitando al primo troppi cambiamenti di opinioni, e al secondo la troppa intransigenza religiosa, tipica della destra cristiana americana.
Il giornale ha voluto spiegare in dettaglio perchè non può appoggiare l’ex sindaco di New York, Rudi Giuliani. Il New York Times appoggiò Giuliani per la sua rielezione nel 1997, perchè il giornale era convinto che il sindaco aveva trasformato New York da una città sporca, pericolosa, ed ingovernabile, in una città pulita, sicura, e ordinata. Per il New York Times il Giuliani di allora non esiste più, se è mai esistito. Il Giuliani che è venuto alla luce in questi ultimi anni è un arrogante, reticente, e vendicativo politico, che ha utilizzato ed utilizza il potere per fini personali, circondandosi di pessimi collaboratori, alcuni dei quali sono finiti sotto inchiesta per crimini di varia natura. Il New York Times accusa Giuliani di aver sfruttato per fini politici il disastro dell’undici settembre e le paure create dal terrorismo, scrivendo che “il Rudolph Giuliani del 2008 ha vergognosamente trasformato l’orrore dell’undici settembre in un affare lucrativo, con una lista di clienti segreti, per poi sfruttare il peggiore incubo della città e del paese, per promuovere la sua campagna elettorale”.
Con la stroncatura del New York Times, il test della Florida potrebbe diventare decisivo per Rudi Giuliani, il quale, sino ad ora, non è riuscito a brillare in nessuno degli stati in cui si sono svolte le primarie repubblicane.

Pubblicato su Agenzia Radicale del 26 gennaio 2008.

Bill Clinton: “I neri per Obama, le donne per Hillary”

ANTHONY M. QUATTRONE

“I neri voteranno per Barack Obama e le donne voteranno per Hillary Clinton” ha dichiarato all’Associated Press il 23 gennaio l’ex presidente americano Bill Clinton, prevedendo “una dinamica che potrebbe portare alla sconfitta di Hillary nelle primarie democratiche di sabato prossimo in Sud Carolina”.  Per Bill Clinton, “votare in base alla razza o al sesso del candidato è comprensibile perchè le persone sono fiere, quando qualcuno con cui si identificano emerge per la prima volta”.

Nel frattempo, la campagna elettorale della senatrice Clinton ha alzato il livello dello scontro nei confronti del senatore Obama, trasmettendo una serie di annunci radio nel Sud Carolina in cui si fa largo uso di una dichiarazione in cui quest’ultimo elogiava i repubblicani.  Obama aveva, infatti, dichiarato durante un dibattito televisivo lo scorso lunedì, che “sarebbe corretto dire che i repubblicani sono stati il partito delle idee per un lungo periodo di tempo negli ultimi 10, 15 anni, nel senso che sfidavano la saggezza convenzionale”.

Negli annunci radio, la campagna della Clinton usa la dichiarazione di Obama, fuori del contesto in cui è stata fatta, facendo dichiarare all’annunciatore che “Hillary Clinton crede che queste elezioni riguardano la necessità di rimpiazzare le idee disastrose dei repubblicani, con idee nuove, come quelle che servono per riavviare l’economia”.

La dichiarazione di Obama, invece, seguiva un ragionamento storico in cui faceva notare che il partito o il candidato che ha rappresentato qualcosa di nuovo, creava le condizioni per il cambiamento come, quando, secondo Obama, il presidente democratico John F. Kennedy cambiò la direzione in cui andava il paese.  In breve, durante il dibattito Obama aveva invitato il partito democratico a non lasciare ai repubblicani la leadership del cambiamento, rimanendo ancorato a vecchie idee e vecchi temi.

I sostenitori di Obama nel Sud Carolina, capeggiati dall’ex governatore dello stato, Jim Hodges, hanno immediatamente reagito agli attacchi della campagna della Clinton.  Per Hodges, “sembrerebbe che i partigiani della Clinton vogliono vincere a qualsiasi costo”.  Già pochi giorni fa, il senatore Ted Kennedy aveva avvertito che certi attacchi personali fra i candidati democratici potevano creare insanabili divisioni nel partito che avrebbero sicuramente favorito i repubblicani nelle elezioni di novembre.

La preoccupazione di Bill Clinton per l’andamento delle primarie nel Sud Carolina è giustificato in base ai risultati dei sondaggi condotti negli ultimi giorni, i quali indicano circa12 punti di vantaggio di Barack Obama sull’ex first lady.  La robustezza dell’elettorato nero nel Sud Carolina dovrebbe scongiurare che i sondaggi incappino nello stesso errore in cui sono incorsi nel New Hampshire poche settimane fa, quando erroneamente predissero la vittoria di Obama.  In quella circostanza, gli elettori neri erano una minoranza, mentre nel Sud Carolina dovrebbero essere almeno la metà di tutti i democratici che si presenteranno alle urne il 26 gennaio.

La rosa dei candidati democratici si è ulteriormente assottigliata con il ritiro del deputato dell’Ohio, Dennis Kucinich, il quale annuncerà ufficialmente l’abbandono nel corso della giornata del 25 gennaio.  Sono rimasti in gara per i democratici solo quattro candidati: Hillary Clinton, Barack Obama, l’ex senatore del Nord Carolina, John Edwards, e l’ex senatore dell’Alaska, Mike Gravel.
Nell’ultimo sondaggio nazionale condotto fra il 18 e il 22 gennaio per Los Angeles Times/Bloomberg, il vantaggio di Hillary Clinton si è ulteriormente assottigliato.  La Clinton registra il 42 percento dei consensi, contro il 33 per Obama e 11 per Edwards, 1 per Kucinich, mentre gli indecisi sono circa 13 percento.

Pubblicato su Agenzia Radicale il 25 gennaio 2008.

Repubblicani: Thompson si ritira!

I Democratici preoccupati per lo scontro virulento fra Clinton e Obama.

ANTHONY M. QUATTRONE

L’ex senatore del Tennessee, l’attore Fred Thompson, ha deciso di abbandonare la competizione per la nomina a candidato presidenziale del partito repubblicano dopo aver subito una serie di sconfitte nelle primarie che si sono tenute fino ad ora.  La decisione di Thompson arriva dopo il terzo posto che ha ottenuto nel Sud Carolina e prima della difficile competizione del 29 gennaio in Florida, dove, secondo la media dei sondaggi, non riesce a superare il 10 percento del voto.  Thompson aveva dichiarato che le consultazioni nel Sud Carolina sarebbero state decisive per la sua campagna elettorale.  Nel Sud Carolina, Thompson non è riuscito a superare il 16 percento dei consensi ottenendo solo il terzo posto dietro al senatore dell’Arizona, John McCain, che ha vinto con il 33 percento, e all’ex governatore dell’Arkansas, Mike Huckabee, che ha ottenuto il secondo posto con il 30.  Thompson non ha ancora dichiarato se inviterà i suoi sostenitori ad appoggiare uno degli altri candidati rimasti in gara.

Gli ultimi due sondaggi condotti in Florida il 20 gennaio danno indicazioni contrastanti sulle preferenze di voto.  La Rasmussen prevede la vittoria dell’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney con il 25 percento, seguito da McCain con 20, l’ex sindaco di New York, Rudi Giuliani, con 19, e Huckabee con 16.  Il sondaggio condotto dalla SurveyUSA per alcune televisioni locali prevede la vittoria di McCain con il 25 percento, seguito da Giuliani con 20, Romney con 19, e Huckabee con 14.  Prendendo in considerazione il margine di errore per entrambi i sondaggi, le previsioni sono, a questo punto, incerte.  Forse qualche indicazione più sicura si potrà avere solo dopo un’eventuale dichiarazione di Thompson a favore di uno dei contendenti rimasti in gara.

I contendenti democratici sono tutti concentrati sulle votazioni di sabato, 26 gennaio, quando nel Sud Carolina saranno assegnati 45 delegati per la convention del partito che si terrà a fine agosto.  I sondaggi più recenti sono stati condotti prima dei caucus del 20 gennaio nel Nevada, dove la senatrice di New York, Hillary Clinton, ha battuto il senatore dell’Illinois, Barack Obama, e l’ex senatore del Nord Carolina, John Edwards, con il 51 percento, contro il 45 e il 5 percento, rispettivamente.  Nel Sud Carolina, i sondaggi indicano, in media, la vittoria di Obama con il 42,3 percento, contro il 32,3 per la senatrice Clinton, e il 14 per Edwards.  Tuttavia, dopo il fallimento dei sondaggi nel New Hampshire, che davano Obama vincente, tutti gli osservatori sono prudenti nell’interpretare queste previsioni.

Hillary Clinton e Barack Obama si sono scontrati duramente durante e dopo il dibattito televisivo che si è tenuto il 21 gennaio, organizzato dalla CNN e dal gruppo dei parlamentari neri del Congresso.  Per Patrick Healy e Jeff Zeleny del New York Times, lo scontro è stato fra i più duri e i più personali finora visti in questa campagna elettorale.  L’ex first lady e il senatore nero dell’Illinois si sono affrontati aspramente mettendo in dubbio la coerenza e l’onestà dell’avversario..

I momenti salienti del dibattito hanno testimoniato alcuni scambi che potrebbero diventare delle armi utili per i repubblicani contro il candidato che sarà scelto dai democratici.  Per esempio, la senatrice Clinton ha accusato Obama di essersi legato ad un “proprietario immobiliare di un quartiere malfamato”, riferendosi ad un imprenditore di Chicago, Antoin Rezko, che è stato accusato di attività fraudolenta da parte delle autorità federali lo scorso autunno.  Obama, che aveva lavorato in passato per uno studio legale che aveva assistito Rezko nelle sue attività immobiliari, ha restituito, lo scorso sabato, circa 40 mila dollari di contributi elettorali ricevuti da sostenitori legati a Rezko.

Barack Obama ha dichiarato nel corso del dibattito che alle volte ha la sensazione di gareggiare non solo contro Hillary, ma anche contro Bill Clinton, lamentandosi dei ripetuti attacchi che l’ex presidente gli ha riservato sin dopo la vittoria che il senatore nero ha ottenuto in Iowa il 3 gennaio.  Obama ha intimato a Hillary e Bill Clinton di smetterla di distorcere la verità quando parlano delle sue opinioni politiche e di come ha votato in Senato, riferendosi alla recente polemica con l’ex presidente, il quale aveva insinuato che Obama non era affatto stato sempre contro la guerra in Iraq.

Durante lo scontro televisivo del 21 gennaio, caratterizzato da continue interruzioni della Clinton e di Obama, John Edwards ha dovuto faticare non poco per potersi far sentire.  L’ex senatore del Nord Carolina ha cercato di mettere in risalto che i due maggiori contendenti sembravano più interessati ad attaccarsi a vicenda su questioni personali piuttosto che ad affrontare i veri problemi del paese.  Edwards ha cercato più volte di riportare il dibattito sui temi che interessano la gente del Sud Carolina, come la questione della copertura sanitaria universale.  Edwards, che è un nativo del Sud Carolina, vinse le primarie del suo stato natio nel 2004, dimostrando di interpretare bene le preoccupazioni e le aspettative degli elettori.  La competizione di sabato prossimo potrebbe risultare decisiva per la continuazione della partecipazione di Edwards nelle primarie democratiche.

Gli strateghi del partito democratico sono, allo stesso tempo, entusiasti dell’interesse che gli americani stanno dimostrando attorno alle primarie democratiche, ma anche molto preoccupati per i toni troppo accessi e personali che si stanno sviluppando negli scontri fra i candidati.  La demarcazione fra il campo della Clinton e quello di Obama potrebbe diventare un muro invalicabile che potrebbe creare notevoli difficoltà al partito, quando sarà necessario unire tutti i democratici attorno al candidato prescelto per lo scontro con i repubblicani il prossimo novembre.  Il senatore del Massachusetts e “patriarca” del partito, Ted Kennedy, ha ammonito proprio l’ex presidente Bill Clinton di fare attenzione a non fare opera di divisione fra i democratici, perchè le conseguenze potrebbero essere devastanti nello scontro con i repubblicani il prossimo novembre.

Pubblicato su Agenzia Radicale il 23 gennaio 2008.

Romney e Clinton vincono in Nevada. McCain vince in Sud Carolina.

Ancora record di partecipazione fra gli elettori democratici.

ANTHONY M. QUATTRONE

L’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, ha vinto in Nevada portando a tre le vittorie nelle primarie per designare il candidato del partito repubblicano alle presidenziali USA del 2008.  Dopo il successo in sordina nel Wyoming il 5 gennaio, e la vittoria in Michigan il 15 gennaio, Romney ha vinto anche in Nevada.  Romney ha ottenuto oltre il 51 percento dei consensi fra gli elettori repubblicani, battendo il deputato texano Ron Paul e il senatore dell’Arizona John McCain, entrambi al 13 percento, l’ex senatore del Tennessee, Fred Thompson e l’ex governatore dell’Arkansas, Mike Huckabee, entrambi all’8 percento, seguiti dall’ex sindaco di New York, Rudi Giuliani, con il 4 percento.

Romney, un mormone nato a Detroit, in Michigan, ha potuto contare sul forte appoggio della comunità mormone in Nevada, pari a circa l’8 percento della popolazione residente.  Secondo David Espo dell’Associated Press, metà dei voti che Romney ha ottenuto in Nevada provengono dal voto dei mormoni.  La vittoria dell’ex governatore del Massachusetts potrebbe non essere rilevante dal punto di vista dell’assegnazione dei delegati perchè le regole del partito repubblicano in Nevada non prevedono da parte dei delegati l’impegno formale a favore dei candidati vincenti, quando, ai primi di settembre, si terrà la convenzione del partito repubblicano per la scelta del candidato presidente.  I candidati repubblicani hanno, infatti, dimostrato più interesse per conquistare i 24 delegati in palio nel Sud Carolina, piuttosto che i 31 del Nevada, perchè, mentre questi ultimi non hanno l’obbligo di votare per il candidati vincenti nel Nevada, i delegati del Sud Carolina saranno “impegnati” formalmente a votare per i vincitori.

In concomitanza con i caucus nel Nevada, si sono svolte anche le primarie repubblicane nel Sud Carolina (le primarie democratiche si terranno il 26 gennaio).  John McCain ha vinto con il 33 percento, contro Huckabee con 30, Thompson con 16, Romney con 15, Paul con 3,7 e Giuliani con il 2.

Secondo il New York Times, il vero sconfitto nelle primarie del Sud Carolina è l’ex pastore battista Mike Huckabee, perchè è riuscito a conquistare solo 4 su 10 dei votanti che si definiscono “cristiani evangelici” che nel Sud Carolina compongono ben 60 percento degli elettori repubblicani.  McCain è riuscito a conquistare un quarto del voto cristiano evangelico.

Tornado al Nevada, fra i democratici la senatrice di New York, Hillary Clinton ha vinto con il 51 percento del voto popolare, seguito dal senatore dell’Illinois, Barack Obama, con il 45 percento.  L’ex senatore del Nord Carolina, John Edwards ha ottenuto solo il 4 percento.  Tuttavia, in base al meccanismo elettorale per lo svolgimento dei caucus democratici in Nevada, Obama ha ottenuto 13 dei 25 delegati in palio, mentre la senatrice Clinton solo 12.  La vittoria della Clinton in termini di voto popolare in Nevada conferma la traiettoria positiva della ex first lady, la quale, dopo la sconfitta del 3 gennaio in Iowa, ha saputo rimettere a fuoco la sua campagna elettorale dimostrando di poter continuare ad ottenere un forte appoggio delle donne.  I risultati del Nevada confermano anche la popolarità della senatrice fra gli elettori ispanici.  Il voto delle donne e degli ispanici sono stati fondamentali in Nevada, e sicuramente continueranno ad esserlo nei prossimi appuntamenti elettorali.

La notizia più importante per il partito democratico è l’alto numero di elettori democratici che ha votato nelle primarie del Nevada.  Oltre 107 mila democratici hanno preso parte ai caucus, facendo registrare, per il terzo stato consecutivo, un nuovo record di partecipazione.  Secondo i leader del partito, l’alta affluenza alle urne democratiche è, in pratica, un referendum sull’operato del governo Bush ed è una chiara richiesta per un cambio di rotta a Washington.

Ora l’attenzione si sposta verso le primarie democratiche in Sud Carolina di sabato prossimo, e le primarie della Florida che si terranno il 29 gennaio.

In Sud Carolina, i sondaggi condotti prima delle elezioni in Nevada indicano, in media, una vittoria per la senatrice di New York con il 37,8 percento, contro il 33,8 per Obama e 18 per Edwards.  In Florida, i sondaggi, condotti anch’essi prima della consultazione elettorale in Nevada, indicano, in media, 19 punti di vantaggio della Clinton su Obama, con 48,8 per la senatrice, contro il 28,8 per il senatore dell’Illinois, e l’11,7 percento per Edwards.

Fra i repubblicani, i sondaggi indicano una vittoria di McCain con il 23,2 percento, su Giuliani con 20,3, Romney con 18, Huckabee con 17,3, e Thompson con 8,5.  Il vincitore in Florida per i repubblicani vince tutti i 57 delegati in palio.  I risultati dei sondaggi si riferiscono a dati fermi al 16 gennaio, prima della vittoria di Romney nel Nevada e di McCain nel Sud Carolina.  Pertanto, con quattro candidati in soli 6 punti percentuali, la gara in casa repubblicana è da considerarsi completamente aperta.  Il risultato in Florida darà una chiara indicazione anche sulla salute della campagna elettorale di Rudi Giuliani, il quale punta tutto sulla conquista di grandi stati come la Florida.

Pubblicato su Agenzia Radicale il 20 gennaio 2008.

“Bradley Effect”: allarme pregiudizio razziale per Obama

ANTHONY M. QUATTRONE

Gli analisti americani sono ancora al lavoro per comprendere perchè tutti i sondaggi di previsione per le elezioni democratiche nel New Hampshire hanno fallito.  Uno dei massimi esperti americani nel campo del sondaggistica, il direttore della Pew Research Center, Andrew Kohut, ha pubblicato alcune considerazioni in un articolo apparso sul New York Times del 10 gennaio.  Kohut fa osservare che, nel caso dei sondaggi nel New Hampshire, la discrepanza fra previsioni e risultati è avvenuto solo per quanto riguarda i democratici, ma nel caso dei repubblicani, i sondaggi hanno fatto un eccellente lavoro.

Fra i democratici, i sondaggi prevedevano, in media, la vittoria di Barack Obama con circa 8 punti di vantaggio su Hillary Clinton.  Fra i repubblicani, i sondaggi prevedevano la vittoria di John McCain, in media, con 5,3 punti su Mitt Romney, mentre i dati finali hanno premiato McCain con un vantaggio di 5,5.  Kohut nota che le diverse organizzazioni di rilevamento hanno utilizzato diverse metodologie, dal rilevamento personale a quello telefonico, ma tutte hanno sbagliato nel caso dei risultati per i democratici.  La metodologia scelta da ciascuna organizzazione, dalle più famose come la Gallup, alle meno note che agiscono sono localmente, è stata utilizzata in ugual modo per ricavare le tendenze di voto fra gli elettori democratici e fra i repubblicani.  Perciò, dal punto di vista di Kohut, probabilmente il fallimento non è da imputare ad un errore di campionatura o di metodologia statistica, ma a qualcosa che concerne la specifica gara fra Barack Obama e Hillary Clinton.

Kohut prende in considerazione la notizia che 17 percento degli elettori democratici intervistati durante le exit poll hanno dichiarato di aver deciso all’ultimo momento per chi votare.  L’esperto fa notare, tuttavia, che il dato non è abbastanza significativo da giustificare la discrepanza fra i sondaggi ed il risultato finale, perchè il 39 percento degli indecisi ha votato per Clinton, mentre il 36 per Obama.  L’esperto non crede nemmeno che l’alto numero di votanti può essere la causa dell’errore dei sondaggi.  Infatti, il profilo degli elettori che hanno partecipato alle primarie democratiche, composto da un 54 percento che si dichiara democratico e da un 44 percento che si dichiara indipendente, non è cambiato rispetto alle elezioni del 2000, le ultime elezioni senza un candidato presidente in carica.

Pertanto, per Kohut,il motivo per comprendere il fallimento dei sondaggi va probabilmente cercato in qualche altro dato significativo, e raccomanda di non ignorare una tendenza già notata nei sondaggi precedenti quando un candidato nero è in gara, specialmente per quanto riguarda il rilevamento per le preferenze fra gli elettori bianchi a basso reddito e poco istruiti.  Le persone con un reddito basso, secondo l’esperto, sono gli stessi che, in generale, non rispondono ai sondaggi, e che sono meno inclini ad appoggiare un candidato nero.

Kohut trova interessante la divisione socio-economica fra coloro che hanno votato per Clinton e Obama.  Clinton batte Obama per 47 a 35 fra i votanti che provengono da famiglie con entrate al di sotto dei 50 mila dollari annuali.  Obama batte Clinton 40 a 35 fra coloro che guadagnano più di 50 mila dollari.  Clinton batte Obama fra coloro che non hanno mai frequentato l’università, per 43 a 35, mentre Obama vince fra gli universitari e i laureati per 39 a 34 percento.  In breve, i bianchi dei ceti sociali a basso reddito non solo tendenzialmente non rispondono ai sondaggi, ma sono anche quelli che hanno opinioni meno favorevoli nei confronti dei neri.  Il mondo dei sondaggi ha difficoltà ad incorporare questo dato nella composizione dei campioni.  Per Kohut, “le difficoltà persistono nell’intervistare le persone a basso reddito, i più poveri, e quelli con bassi livelli di istruzione”.  In Iowa, secondo Kohut, questo problema non si è manifestato “forse perchè Obama non era ancora percepito come una minaccia per i votanti bianchi dell’Iowa perché non era ancora il candidato in vantaggio”.

Frank James del Chicago Tribune ricorda in un articolo del 10 gennaio, che il fallimento dei sondaggi fra i democratici nel New Hampshire potrebbero essere in linea con quello che nel mondo dei sondaggi americani è chiamato “the Bradley Effect” (l’effetto Bradley).  Tom Bradley, un popolare sindaco nero di Los Angeles, perse nel 1982 contro un candidato bianco per le elezioni a governatore della California, dopo che le proiezioni dei sondaggi gli avevano costantemente previsto la vittoria.  L’effetto Bradley si riferisce alla situazione in cui un significativo numero di elettori bianchi dichiarano, durante i sondaggi, che sono sinceramente indecisi o che voteranno per un candidato non bianco, ma che poi, quando vanno effettivamente a votare, danno il voto in larga parte al candidato bianco.  Per James, le future primarie daranno la possibilità di capire se esiste un Bradley Effect nel caso di Obama e se Clinton e John Edwards continueranno a dividersi il voto dei bianchi più poveri e meno istruiti.  Se i democratici arrivassero alla conclusione che esiste un fattore razza, tale da indurre una larga fetta di elettori democratici bianchi a votare per il candidato repubblicano, o a non presentarsi alle urne a novembre, la candidatura di Obama potrebbe essere a rischio.

Pubblicato su Agenzia Radicale l’11 gennaio 2008.

Il “change” vincente di Hillary

Anthony M. Quattrone

Le sorprendenti vittorie della senatrice di New York, Hillary Clinton, per i democratici, e del senatore dell’Arizona, John McCain, per i repubblicani nelle primarie dell’8 gennaio nel New Hamphire danno lo spunto per alcune riflessioni sulle traiettorie che si cominciano a intravedere nella campagna elettorale americana. Il fallimento dei sondaggi riguardante il voto democratico nel New Hampshire, il tema del “cambiamento” nello scontro fra la Clinton e il senatore dell’Illinois, Barack Obama, e la strategia dell’ex sindaco di New York, Rudi Giuliani, meritano un’attenta riflessione.

È preoccupante che ben undici sondaggi davano, fino al 7 gennaio, vincente nelle primarie democratiche del New Hampshire Barack Obama, con una media di quasi otto punti percentuali, sulla Clinton. Fra questi sondaggi ci sono anche alcuni svolti da Gallup, Cnn, Cbs News, Zogby per la Reuters, Rasmussen e altri nomi importanti. Il mondo dei sondaggi americani si interroga sul motivo per il quale è incappato nello stesso errore. Sembra che nessuno dei sondaggi avesse seriamente preso in considerazione che circa il venti per cento dei votanti democratici faceva parte degli “indecisi”, che ha, di fatto, scelto per chi votare solo poco prima di entrare nei seggi. Alla presenza di una straordinaria macchina organizzativa, come quella di Hillary Clinton, appoggiata anche dalla struttura ufficiale del Partito democratico nel New Hampshire, si sarebbe dovuto mettere in conto la possibilità di influenzare il voto degli “indecisi”. Infatti, la Clinton ha potuto contare sulla mobilitazione di migliaia di sostenitori e centinaia di autisti che hanno portato gli elettori della propria parte a votare.

La seconda riflessione concerne il tema più impiegato da parte dei democratici, “change”, il cambiamento. Dopo la sonora batosta nel turno elettorale in Iowa, gli strateghi della campagna elettorale della Clinton hanno recepito bene il messaggio che proveniva dall’elettorato in cui si chiede sia il cambiamento, sia la fine dello status quo nella politica a Washington. Attraverso una campagna mediatica precisa, lo staff della Clinton ha ripescato e riutilizzato in grande stile uno slogan già scelto lo scorso luglio dai consulenti della senatrice di New York: “Ready for Change, Ready to Lead” (siamo pronti per il cambiamento, siamo pronti per dirigere). Lo scopo della strategia della Clinton era, ed è, di presentare all’elettorato una visione concreta e realistica del cambiamento, in contrasto con il “sogno” prospettato da Obama. Anche il presidente Bill Clinton, durante vari interventi a sostegno della moglie, ha messo in risalto che il cambiamento proposto da Obama sembra provenire dai libri di fiabe, mentre quanto è proposto da sua moglie, è più concreto e realizzabile. A ribadire la differenza del concetto di “change” fra lei e Obama, la senatrice Clinton ha evidenziato, in un dibattito lo scorso sabato che “le parole non sono azioni” cercando di focalizzare l’attenzione degli elettori sulla concretezza dei suoi programmi e del suo operato politico, rispetto alle proposte e all’attività di Obama.

La terza riflessione riguarda la strategia adottata dal team di Rudi Giuliani. Secondo molti osservatori americani, le idee di Rudi Giuliani e quelle di John McCain, il vincitore fra i repubblicani in Iowa, sono molto simili, e il bacino elettorale repubblicano e indipendente che sostiene i due candidati è, in sostanza, lo stesso. Mentre nel New Hampshire, McCain ha vinto con il 37 percento dei consensi, Giuliani è arrivato solo quarto con il nove per cento, dietro all’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney col 32 per cento, e l’ex governatore dell’Arkansas, Mike Huckabee e vincitore delle primarie in Iowa, Mike Huckabee, con l’undici per cento. La decisione di Giuliani di non impegnarsi e di non investire fondi nelle primarie in Iowa del 3 gennaio, nel Wyoming il 5 gennaio, e nel New Hampshire l’altro ieri, farebbe parte di una strategia mirante a concentrare tutte le forze dell’ex sindaco di New York sulla conquista degli Stati con il più alto numero di delegati, come la Florida il 29 gennaio, e la California, New York e altri venti stati il 5 febbraio, durante il “Super Tuesday”. In diverse interviste, Giuliani ha cercato di spiegare questa strategia, provando a non offendere gli elettori degli Stati “ignorati”. La strategia di Giuliani è ad alto rischio, ma sembrerebbe basato sull’efficienza del minimo sforzo per il massimo guadagno. Se la scommessa gli andrà bene, dovrebbe trovarsi anche con abbastanza fondi a disposizione per arrivare fino alla Convention che si terrà ai primi di settembre per scegliere il candidato repubblicano alle presidenziali di novembre.

La campagna elettorale americana per le primarie si sta dimostrando pieno di sorprese e risulta particolarmente frizzante. Le prossime settimane, fino al “Super Tuesday” del 5 febbraio, in cui si svolgeranno le primarie in ben 22 stati, saranno decisivi. Soprattutto sarà un periodo in cui il carattere e la personalità del candidato, la sua capacità di attingere a tutta la propria forza interiore, e l’abilità di creare le necessarie alleanze per arrivare fino in fondo avranno una fondamentale importanza. La sorpresa del risultato nel New Hampshire non è la prima, e non sarà l’ultima di questa campagna elettorale.

Pubblicata sull’Avanti! il 10 gennaio 2008.

Undici sondaggi danno Obama in grande vantaggio su Clinton nel New Hampshire.

ANTHONY M. QUATTRONE

Undici sondaggi condotti dopo le primarie in Iowa danno il senatore dell’Illinois, Barack Obama, vincente contro la senatrice di New York, Hillary Clinton, nelle primarie che si svolgeranno martedì 8 gennaio nel New Hampshire.  I margini di vittoria per Obama variano dall’uno percento della Suffolk/WHDH al 13 percento della USA Today/Gallup.  In media, gli undici sondaggi danno la vittoria ad Obama per 7,8 punti percentuali.  Il senatore del Nord Carolina, John Edwards, segue in terza posizione, distaccato in media dalla Clinton di ben 10 punti, e da Obama, sempre in media, di quasi 18.  Nel New Hampshire sono il palio solo 22 dei 4.367 delegati che voteranno nella convenzione nazionale democratica, che si terrà a fine agosto per scegliere il candidato presidente.  Tuttavia, anche se i delegati in palio sono pochi, storicamente è spesso accaduto che il vincitore nel New Hampshire, sia fra i repubblicani, sia fra i democratici, ha vinto in seguito la nomina alla candidatura presidenziale per il suo partito.

Fra i repubblicani la corsa nel New Hampshire, dieci sondaggi consegnano la vittoria al senatore dell’Arizona, John McCain, mentre uno da la vittoria all’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney.  Nei sondaggi che indicano McCain vincente, lo scarto varia da uno a nove punti a favore del senatore dell’Arizona sull’ex governatore del Massachusetts.  Nell’unico sondaggio a favore di Romney, McCain perderebbe con uno scarto di soli tre punti.  L’ex governatore dell’Arkansas e vincitore della gara repubblicana in Iowa, Mike Huckabee otterrebbe, in base alla media degli undici sondaggi, il terzo posto, davanti all’ex sindaco di New York, Rudi Giuliani, che finirebbe solo quarto.  Nel New Hampshire sono il palio solo 24 dei 2.488 delegati che voteranno nella convenzione nazionale repubblicana, che si terrà ad inizio del prossimo settembre per scegliere il candidato presidente.

La Rasmussen ha comunicato il 7 gennaio il risultato dell’unico sondaggio nazionale che si è tenuto, fino a questo momento, dopo le recenti elezioni in Iowa.  Fra i democratici, il vantaggio di 13 punti che Hillary Clinton aveva contro Obama Barack a metà dicembre nel sondaggio nazionale si è assottigliato a soli 4 punti, che è pari al margine d’errore dichiarato dalla casa di rilevamento statistico.  Al 7 gennaio, la Clinton godrebbe del favore del 33 percento degli elettori democratici in America, contro il 29 per Obama, ed il 20 per Edwards.

Fra i repubblicani, il sondaggio nazionale della Rasmussen indica Huckabee al 20 percento, seguito da McCain al 19, Giuliani al 17, Romney al 15, Thompson all’undici percento.  Secondo la Rasmussen, pertanto, Giuliani avrebbe perso il vantaggio che aveva registrato dalla primavera del 2007 fino alle primarie in Iowa del 3 gennaio.  I risultati fra i repubblicani, tuttavia, sono troppo vicini per avere un significato statistico indiscusso perchè, anche in questo caso, il margine di errore è di 4 punti percentuali.

Dopo il test elettorale nel New Hampshire, i candidati di entrambi i partiti partiranno per il Michigan dove il 15 gennaio si svolgeranno le primarie che varranno 128 delegati per i democratici, e 61 per i repubblicani.  Gli ultimi sondaggi svolti in Michigan, che danno ancora la Clinton vincente per un largo margine fra i democratici, e Romney fra i repubblicani per un solo punto, risalgono allo scorso novembre e sono ormai inattendibili.  I risultati del New Hampshire, che saranno resi noti durante la serata di martedì 8 gennaio, avranno sicuramente un riflesso significativo, almeno per quanto riguarda i candidati democratici.

Pubblicato su Agenzia Radicale il 7 gennaio 2008.

Mitt Romney vince fra i repubblicani in Wyoming. Ora si guarda al New Hampshire dove Obama sarebbe in vantaggio su Clinton

ANTHONY M. QUATTRONE

Mitt Romney, l’ex governatore del Massachusetts, ha conquistato la sua prima vittoria elettorale vincendo la tornata elettorale repubblicana in Wyoming, che si è svolta abbastanza in sordina il 5 gennaio.  Il Wyoming, uno stato della regione ovest degli Stati Uniti, ha il record di essere quello con il minor numero di residenti in tutta l’Unione, con meno di 520 mila abitanti.  Il Wyoming avrebbe dovuto nominare 24 delegati per partecipare alla convention repubblicana dove sarà scelto il candidato presidenziale repubblicano, e che si svolgerà nella città di Saint Paul, Minnesota, dall’1 al 4 settembre 2008.  Invece, perchè il partito locale ha deciso di anticipare il “caucus” prima del Super Tuesday (il “super martedì”) del 5 febbraio, in cui si svolgeranno 24 fra le più importanti primarie del paese, la direzione nazionale del partito repubblicano ha deciso di punire il partito statale, riducendo il numero dei suoi delegati alla convention nazionale da 28 a 14.  Nelle consultazioni del 5 gennaio, erano in palio 12 delegati, mentre i rimanenti due delegati saranno scelti durante il congresso del partito del Wyoming che si terrà maggio.

Mitt Romney ha ottenuto 8 dei 12 delegati in palio, mentre l’ex senatore del Tennessee, Fred Thompson ne ha ottenuto 2, e il deputato della California, Duncan Hunter, ne ottenuto uno.  L’ultimo delegato sarà assegnato appena completati gli scrutini, probabilmente durante la giornata del 6 gennaio.

Se si considera che ben 2.488 delegati parteciperanno alla convention repubblicana di settembre, si può capire perchè i candidati presidenziali repubblicani hanno ignorato il Wyoming, che con i suoi 14 delegati rappresenta meno dello 0,6 percento di tutti i delegati repubblicani.

Secondo Leigh Vosler, un delegato repubblicano di Cheyenne, la capitale del Wyoming, Mitt Romney ha vinto “perchè, in primo luogo, ha visitato lo stato e ha fatto la sua campagna elettorale qui, mentre altri candidati ci hanno ignorati.  Inoltre, Mitt Romney è anche la persona giusta per il compito di presidente”.  Mead Gruver dell’Associated Press ricorda che Romney, assieme a tre dei suoi cinque figli, ha visitato il Wyoming ad agosto e novembre, mentre uno dei figli, Josh Romney, è anche il proprietario di un ranch nella parte sudovest dello stato.

Mentre la squadra di Romney tenta di capitalizzare la piccola vittoria in Wyoming, tutti gli osservatori sono ora intenti ad analizzare i possibili effetti dei risultati della consultazione in Iowa sulle primarie che si svolgeranno nel New Hampshire martedì 8 gennaio.

Il sondaggio condotto per la CNN nel New Hampshire il 4 e 5 gennaio, immediatamente dopo le primarie del 3 gennaio in Iowa, danno vincente per i repubblicani il senatore dell’Arizona, John McCain, con il 33 percento, seguito da Mitt Romney con il 27, l’ex sindaco di New York, Rudi Giuliani, con 14 percento, e dal vincitore delle primarie dell’Iowa, l’ex governatore del Arkansas, Mike Huckabee, con l’undici percento.  Un sondaggio della American Research Group (ARG), anch’esso condotto il 4 e 5 gennaio, mette fra un vantaggio significativo fra McCain e Romney, con il primo al 39 percento contro il 25 del secondo.  La ARG indica Huckabee al terzo posto con il 14 percento, e Rudi Giuliani al quarto posto con il 7 percento.

Fra i democratici, il sondaggio della CNN indica che il senatore dell’Illinois, Barack Obama e l’ex senatore del Nord Carolina, John Edwards, hanno guadagnato almeno 3 punti percentuali a testa dopo i favorevoli risultati che hanno ottenuto in Iowa, mentre la senatrice di New York, Hillary Clinton, ne ha perso uno.  Pertanto, secondo le ultime rilevazioni della CNN, nel New Hampshire Hillary Clinton e Barack Obama sono pari al 33 percento, mentre Edwards segue con 20 punti percentuali.  Per il sondaggio della American Reserach Group, invece, Obama avrebbe superato Clinton, con il 38 percento contro il 26, con Edwards terzo con 20 percento.

Un dato rilevante secondo l’ultimo sondaggio della CNN è la “percezione di eleggibilità” che misura l’opinione degli elettori a riguardo della possibilità che il candidato di un partito possa vincere contro il candidato di un altro partito.  Secondo l’ultimo rilevamento della CNN, la “eleggibilità” di Barack Obama ha praticamente raggiunto quella di Hillary Clinton, con il senatore dell’Illinois al 35 percento e l’ex first lady al 36 percento.  Obama dopo la vittoria in Iowa è riuscito, in pratica, a guadagnare ben 13 punti rispetto al rilevamento precedente della CNN, condotto fra il 27 e il 30 dicembre, mentre Hillary Clinton ha perso 9 punti.

Pubblicato su Agenzia Radicale il 6 gennaio 2008.

La fine dello status quo

Anthony M. Quattrone

Lo status quo e le forze dell’antipolitica in America hanno ricevuto una sonora lezione dalle consultazioni elettorali per le primarie presidenziali che si sono tenute il 3 gennaio in Iowa.  Le vittorie del senatore dell’Illinois Barack Obama per i democratici e dell’ex governatore dell’Arkansas, Mike Huckabee, per i repubblicani, due candidati che esortano un cambiamento radicale della politica in America, hanno mandato segnali chiari ai difensori dello status quo in entrambi i partiti.  Ancora più significativo è la massiccia partecipazione popolare alle consultazioni in questo stato contadino della “middle America”.

I risultati dell’Iowa sorprendono non tanto per il piazzamento dei candidati, che il sondaggio del Des Moines Register del 30 dicembre ha in larga parte previsto, ma piuttosto per la grande partecipazione popolare ai caucus dei due partiti.  Secondo il New York Times del 4 gennaio, oltre 239 mila elettori democratici e 115 mila repubblicani hanno votato, superando di gran numero i 125 mila democratici e gli 87 mila repubblicani che hanno partecipato alle consultazioni del 2004.

Fra i democratici, Obama ha ottenuto il 37,6 percento dei consensi, contro circa il 29,8 per l’ex senatore del Nord Carolina, John Edwards, e il 29,4 per la senatrice di New York, Hillary Clinton.  Fra i repubblicani, Huckabee ha ottenuto il consenso del 34,4 percento contro il 25,4 percento per l’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, il 13,4 per l’ex senatore del Tennessee, Fred Thompson, e il 13,2 per il senatore dell’Arizona, John Mc Cain.  L’ex sindaco di New York, Rudi Giuliani, ha raccolto solo il 3 percento dei consensi repubblicani. A causa della complessità del meccanismo elettorale per i caucus dell’Iowa, i risultati finali andranno confermati fra qualche giorno.

Secondo alcuni osservatori, lo stato dell’Iowa non è rappresentativo dell’America e, pertanto si deve usare prudenza nell’interpretare i risultati delle primarie.  Steven Thomma della McLatchy Newspapers scrive che l’Iowa è uno stato contadino, dove non ci sono minoranze, la popolazione è più bianca della neve, gli studenti completano le scuole superiori in gran numero, la popolazione vive a lungo, e “dove la massima attrattiva epicurea alla fiera statale è lo spiedino di maiale fritto.”  Per Thomma, il “campione Iowa” non rappresenta affatto l’America.  Inoltre, dal 1972, da quando si svolgono i caucus in Iowa, solo due volte i vincitori delle consultazioni in Iowa sono diventati presidenti, come nel caso del democratico Jimmy Carter nel 1976 e del repubblicano e attuale presidente, George W. Bush nel 2000.

Questa volta, tuttavia, i risultati di questo stato contadino “non rappresentativo” potrebbero avere molta più rilevanza che nel passato, specialmente se si aggiunge alla vittoria di Obama in campo democratico la sconfitta di Hillary Clinton ed il successo di John Edwards.  La senatrice di New York è considerata da molti democratici una rappresentante dello status quo, mentre l’ex senatore del Nord Carolina è accreditato, assieme ad Obama, come un altro rappresentante dell’America politica che “vuole svoltare pagina”.  Per il New York Times del 4 gennaio, le vittorie di Huckabee e Obama, con il successo anche di Edwards, scuotono profondamente gli apparati di conservazione nei due partiti maggiori.

Se l’alto numero di elettori sarà confermato anche nelle primarie del New Hampshire che si svolgeranno martedì prossimo, gli strateghi dei due partiti dovranno valutare se si sta sviluppando una nuova traiettoria nella politica americana: quella della rinnovata partecipazione popolare nella politica e il ritorno al voto.  I candidati dello “status quo”, come Hillary Clinton per i democratici e Rudi Giuliani per i repubblicani, dovranno riformulare le strategie elettorali per comprendere come catturare il voto di coloro che ritornano alla politica o che partecipano per la prima volta, e in particolare dovranno cercare come conquistare le simpatie degli indecisi nei loro partiti e di coloro che si definiscono “indipendenti”.

Secondo un rilevamento condotto dalla Associated Press all’entrata dei seggi elettorali in Iowa, oltre la metà dei partecipanti ai caucus democratici indicava il “cambiamento” come il fattore più importante nella loro scelta.  Il sondaggio rilevava anche che oltre il 50 percento dei democratici votavano per la prima volta, e fra questi, Obama ha ottenuto un consenso che superava il 40 percento.  Fra gli elettori “veterani”, Edwards ha ricevuto il 30 percento dei consensi, mentre Obama e Clinton hanno ricevuto circa il 25 percento a testa.  Secondo il New York Times, il 60 percento degli elettori democratici sotto i 25 anni di età hanno votato per Obama, mentre il 45 percento di quelli sopra i 65 hanno votato per Clinton, indicando una potenziale divisione generazionale nel voto democratico.  Fra i repubblicani, secondo il sondaggio della Associated Press la metà degli elettori repubblicani si definivano cristiani evangelici o cristiani “rinati”, e in maggioranza esprimevano consensi per l’ex pastore battista, Mike Huckabee.

Barack Obama ha tenuto un discorso definito “memorabile” dal famoso giornalista del Washington Post e vincitore del premio Pultizer, Bob Woodward, in cui avvisa l’establishment politico di Washington che “stiamo scegliendo la speranza invece della paura, stiamo scegliendo l’unità invece della divisione, e stiamo mandando un potente messaggio che il cambiamento sta arrivando in America”.  John Edwards ha riassunto i risultati dell’Iowa dichiarando che “l’unica cosa che è veramente chiara dai risultati dei caucus di stasera è che lo status quo ha perso, e il cambiamento ha vinto.  I risultati dimostrano che il popolo americano è pronto ad eleggere un presidente che sappia affrontare l’ingordigia delle grandi corporazioni e lottare a favore delle famiglie dei lavoratori, qualcuno che saprà aggiustare un sistema che non funziona a Washington, e che porterà un vero cambiamento nel paese”.

Anche Mike Huckabee, nel discorso dinnanzi ai suoi sostenitori in festa, ha voluto ribadire il concetto del cambiamento in corso nella politica USA, dichiarando che “stasera abbiamo visto una nuova giornata nella politica americana.  Oggi abbiamo dimostrato che la politica americana è ancora nelle mani di persone come voi”.  In un’intervista con Wolf Blitzer della CNN, Huckabee considera la sua vittoria fra i repubblicani, assieme a quella di Obama fra i democratici, ed anche il secondo posto di Edwards fra questi ultimi, come un chiaro messaggio della popolazione dell’Iowa contro lo status quo di Washington.

I candidati democratici ora si preparano al prossimo scontro nel New Hampshire della settimana prossima.  Sarà interessante vedere se i sondaggi cambieranno a seguito della vittoria di Obama in Iowa.  Al momento, l’ultimo sondaggio della CNN, pubblicato il 30 dicembre, indica un vantaggio per la Clinton con il 34 percento, contro il 30 per Obama e il 17 per Edwards.  Al termine delle primarie dell’Iowa, due candidati democratici, i senatori Chris Dodd del Connecticut, e Joseph Biden del Delaware, hanno annunciato ufficialmente il ritiro delle loro candidature, ma non hanno dichiarato se appoggeranno qualcuno dei candidati rimasti in gara.

Lo scontro in casa repubblicana nel New Hampshire sarà particolarmente interessante perchè la vittoria di Huckabee in Iowa viene attribuita in larga parta al consenso che l’ex pastore battista è riuscito a guadagnare fra gli evangelici cristiani, affluiti in massa ai seggi elettorali repubblicani, mentre nel New Hampshire gli evangelici non hanno la stessa rilevanza politica.  Secondo l’ultimo sondaggio della CNN del 30 dicembre, nel New Hampshire McCain e Romney sono primi con un sostanziale pareggio al 29 percento, seguiti da Giuliani al 12 percento, e Huckabee quarto con solamente il 10 percento di gradimento.

Pubblicato sull’Avanti! il 5 gennaio 2008.

Traiettoria verso il cambiamento: Trionfo per Obama per i democratici e Huckabee per i repubblicani

ANTHONY M. QUATTRONE

I risultati delle primarie presidenziali dell’Iowa mandano un messaggio chiaro all’establishment politico americano: il paese vuole il cambiamento.  Il senatore dell’Illinois, Barack Obama, per i democratici e l’ex governatore dell’Arkansas, Mike Huckabee, hanno trionfato battendo per ampi margini gli avversari dei rispettivi partiti.  Entrambi hanno portato avanti programmi elettorali che mirano al cambiamento dello status quo nella politica americana.

Se si aggiunge anche il secondo posto dell’ex senatore del Nord Carolina, John Edwards, fra i democratici, il quale ha battuto di misura la senatrice di New York, Hillary Clinton, che ha ottenuto solo il terzo posto, i candidati per il cambiamento hanno fatto l’en plein.  Per il New York Times di oggi, le vittorie di Obama e Huckabee scuotono profondamente gli apparati di conservazione nei due partiti maggiori.

I risultati dell’Iowa danno a Barack Obama il 38 percento, Edwards il 30, e Clinton il 29 percento del voto fra i democratici.  I risultati dei repubblicani premiano Mike Huckabee con il 34 percento del voto, seguito dall’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, con il 25 percento, e un pari merito al 13 percento per il senatore dell’Arizona, John McCain, e l’ex senatore del Tennessee, Fred Thompson. E’ da notare che l’ex sindaco di New York, Rudi Giuliani, ha ottenuto solo circa il 4 percento del voto fra gli elettori repubblicani in Iowa.  A causa della complessità del meccanismo elettorale per i caucus dell’Iowa, i risultati finali andranno confermati fra qualche giorno.

Le consultazioni elettorali dell’Iowa sorprendono non tanto per i risultati in termini di voti percentuali, che il sondaggio del Des Moines Register del 30 dicembre ha in larga parte previsto, ma piuttosto per la grande partecipazione popolare ai caucus dei due partiti.  Secondo le proiezioni, circa 221 mila democratici, e 115 mila repubblicani si sono presentati ai seggi elettorali durante una serata gelida, superando le stime che prevedevano un massimo di 125 mila democratici e 90 mila repubblicani.  Secondo molti analisti, Obama e Huckabee hanno beneficiato di questo alto numero di partecipanti perchè hanno ricevuto il voto di moltissimi “nuovi elettori”.  Se l’alto numero di elettori sarà confermato anche nelle primarie del New Hampshire il prossimo 8 gennaio, gli strateghi dei due partiti dovranno comprendere se ci si trova di fronte ad una nuova traiettoria nella politica americana: quella della rinnovata partecipazione popolare nella politica con il ritorno al voto.  I candidati dello “status quo”, come Hillary Clinton per i democratici e Rudi Giuliani per i repubblicani, dovranno riformulare le strategie elettorali per comprendere come catturare il voto di coloro che ritornano alla politica o che partecipano per la prima volta, e in particolare dovranno cercare come conquistare le simpatie degli indecisi nei loro partiti e di coloro che si definiscono “indipendenti”.

Secondo un rilevamento condotto dalla Associated Press all’entrata dei seggi elettorali in Iowa, oltre la metà degli elettori repubblicani si definivano cristiani evangelici o cristiani “rinati”, e in maggioranza esprimevano consensi per l’ex pastore battista, Mike Huckabee.  Lo stesso rilevamento presso i seggi democratici indicava che circa la metà dei democratici poneva il “cambiamento” come il fattore più importante.  Oltre la metà dei partecipanti ai caucus democratici votavano per la prima volta, e Obama ha ottenuto, secondo il rilevamento della Associated Press, oltre il 40% dei “nuovi” voti.  Fra gli elettori “veterani”, Edwards ha ricevuto il 30 percento dei consensi, mentre Obama e Clinton hanno ricevuto circa il 25 percento a testa.  Secondo il New York Times, il 60 percento degli elettori democratici sotto i 25 anni di età hanno votato per Obama, mentre il 45 percento di quelli sopra i 65 hanno votato per Clinton, indicando una potenziale divisione generazionale nel voto democratico.

Barack Obama ha tenuto un discorso definito “memorabile” dal famoso giornalista del Washington Post e vincitore del premio Pultizer, Bob Woodward, in cui avvisa l’establishment politico di Washington che “stiamo scegliendo la speranza invece della paura, stiamo scegliendo l’unità invece della divisione, e stiamo mandando un potente messaggio che il cambiamento sta arrivando in America”.

John Edwards ha riassunto i risultati dell’Iowa dichiarando che “l’unica cosa che è veramente chiaro dai risultati dei caucus di stasera è che lo status quo ha perso, e il cambiamento ha vinto.  I risultati dimostrano che il popolo americano è pronto ad eleggere un presidente che sappia affrontare l’ingordigia delle grandi corporazioni e lottare a favore delle famiglie dei lavoratori, qualcuno che saprà aggiustare un sistema che non funziona a Washington, e che porterà un vero cambiamento nel paese”.

Anche Mike Huckabee, nel discorso dinnanzi ai suoi sostenitori in festa, ha voluto ribadire il concetto del cambiamento in corso nella politica USA, dichiarando che “stasera abbiamo visto una nuova giornata nella politica americana.  Oggi abbiamo dimostrato che la politica americana è ancora nelle mani di persone come voi”.  In un’intervista con Wolf Blitzer della CNN, Huckabee considera la sua vittoria fra i repubblicani, assieme a quella di Obama fra i democratici, ed anche il secondo posto di Edwards fra questi ultimi, come un chiaro messaggio della popolazione dell’Iowa contro lo status quo di Washington.

I candidati democratici ora si preparano per lo scontro nel New Hampshire che si terrà fra quattro giorni.  Sarà interessante vedere se i sondaggi cambieranno a seguito della vittoria di Obama in Iowa.  Al momento, l’ultimo sondaggio della CNN, pubblicato il 30 dicembre, indica un vantaggio per la Clinton con il 34 percento, contro il 30 per Obama e il 17 per Edwards.  Al termine delle primarie dell’Iowa, due candidati democratici, i senatori Chris Dodd del Connecticut, e Joseph Biden del Delaware, hanno annunciato ufficialmente il ritiro delle loro candidature, ma non hanno dichiarato se appoggeranno qualcuno dei candidati rimasti in gara.

Lo scontro in casa repubblicana nel New Hampshire sarà particolarmente interessante perchè la vittoria di Huckabee in Iowa viene attribuita in larga parta al consenso che l’ex pastore battista è riuscito a guadagnare fra gli evangelici cristiani, affluiti in massa ai seggi elettorali repubblicani, ma che nel New Hampshire non hanno la stessa rilevanza politica.  Secondo l’ultimo sondaggio della CNN del 30 dicembre, nel New Hampshire McCain e Romney sono primi con un sostanziale pareggio al 29 percento, seguiti da Giuliani al 12 percento, e Huckabee quarto con solamente il 10 percento di gradimento.

I candidati repubblicani, prima di arrivare nel New Hampshire fra quattro giorni, dovranno scontrarsi anche nel Wyoming il 5 gennaio.  La direzione nazionale del partito repubblicano ha deciso punire il partito del Wyoming, riducendo di metà il numero dei delegati per la convenzione nazionale che si terrà ad agosto, perché la struttura locale del partito ha anticipato il caucus al 5 gennaio, mentre i democratici del Wyoming hanno confermato l’appuntamento dell’8 marzo.  Secondo l’Associated Press, non ci sono sondaggi che indicano chi sono i favoriti fra i repubblicani per i caucus del 5 gennaio. D’altro canto, non sembra che il voto del Wyoming faccia gola a nessuno dei candidati.

Pubblicato su Agenzia Radicale il 4 gennaio 2008.