ANTHONY M. QUATTRONE
Probabilmente oggi si deciderà in Florida la sorte dell’ex sindaco di New York, Rudi Giuliani, per quanto riguarda la sua aspirazione a diventare il candidato repubblicano alle prossime elezioni presidenziali USA che si terranno a novembre. Il sindaco più famoso d’America sta conducendo una campagna elettorale alquanto atipica concentrando tutte le sue risorse e l’attenzione sugli stati più grossi dell’Unione, cioè quelle con il numero più alto di delegati che parteciperanno alla Convention Repubblicana che si terrà dall’1 al 4 settembre.
In pratica, Giuliani è stato quasi del tutto assente nelle consultazioni elettorali repubblicane che si sono svolte fino ad ora in sei stati, cioè in Iowa, Wyoming, Michigan, New Hampshire, Nevada, e Sud Carolina, riscuotendo punteggi percentuali bassissimi. Durante il mese di gennaio, Giuliani ha visto scendere il suo consenso a livello nazionale dal un picco del 44 percento raggiunto in un sondaggio nazionale della ABC News/Washington Post nel febbraio dello scorso anno, al magro 12 percento dell’ultimo sondaggio condotto per il Los Angeles Times/Bloomberg il 22 gennaio 2008, che lo piazza al quarto posto, dietro al senatore dell’Arizona, John McCain con 22 percento, l’ex governatore dell’Arkansas, Mike Huckabee, con 18 percento, e l’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, con 17.
La settimana scorsa, Giuliani ha dovuto registrare anche una sonora stroncatura da parte del New York Times, il quale ha deciso non solo di appoggiare John McCain come miglior candidato per i repubblicani, ma ha anche voluto spiegare in dettaglio perchè non può appoggiare l’ex sindaco di New York. Il New York Times appoggiò Giuliani per la sua rielezione nel 1997, perchè era convinto che il sindaco aveva trasformato New York da una città sporca, pericolosa, ed ingovernabile, in una città pulita, sicura, e ordinata. Per il giornale, il Giuliani di allora non esiste più, se è mai esistito, e quello che è venuto alla luce in questi ultimi anni è un arrogante, reticente, e vendicativo politico, che ha utilizzato ed utilizza il potere per fini personali, circondandosi di pessimi collaboratori, alcuni dei quali sono finiti sotto inchiesta per crimini di varia natura. Il New York Times accusa Giuliani anche di aver sfruttato per fini politici il disastro dell’undici settembre e le paure create dal terrorismo, scrivendo che “il Rudolph Giuliani del 2008 ha vergognosamente trasformato l’orrore dell’undici settembre in un affare lucrativo, con una lista di clienti segreti, per poi sfruttare il peggiore incubo della città e del paese, per promuovere la sua campagna elettorale”.
Quali sono le reali possibilità di Giuliani in Florida? Secondo la media dei sette sondaggi più recenti, McCain e Romney sono alla pari con il 27 percento, seguiti da Giuliani con il 17 percento, da Huckabee con 15, ed infine, da Ron Paul, con 4 percento. Non sembra, secondo i sondaggi, che Giuliani ha la pur minima possibilità di vincere in Florida, dove le regole del partito repubblicano prevedono che al vincitore spettano tutti i 57 delegati in palio. Nel campo di Giuliani, si spera che i sondaggi si sbaglino ancora una volta, così com’è successo per i democratici in alcune occasioni in queste ultime tornate elettorali.
Sul fronte democratico Barack Obama ha sbancato nel Sud Carolina sabato scorso, andando oltre tutte le previsioni dei sondaggi, ottenendo il 55 percento dei consensi degli elettori democratici. Hillary Clinton ha ottenuto il secondo posto con il 27 percento, davanti a John Edwards con il 18 percento.
La straordinaria partecipazione popolare nelle primarie democratiche nel Sud Carolina, dove oltre 530 mila cittadini hanno votato, registrando l’83,5 percento di aumento rispetto al 2004, quando 290 mila democratici votarono, indica che l’interesse popolare nei confronti dei democratici si va consolidando, seguendo una traiettoria iniziata in Iowa e continuata negli altri stati dove, fino ad ora, si sono svolte le primarie del partito dell’asinello.
Secondo un exit poll condotto per il New York Times , circa il 55 percento dei votanti era composto da neri e 43 percento da bianchi. Obama è riuscito a conquistare il 78 percento del voto nero, Clinton il 19, e Edwards il 2 percento. Fra i bianchi, Obama ha ottenuto solo il 24 percento, contro il 36 per Clinton e il 40 per Edwards.
Secondo Patrick Healy del New York Times, la vittoria di Obama è in parte dovuta al fatto che il senatore dell’Illinois “è riuscito a portare al voto un altissimo numero di neri, una dinamica che non si dimostrerà necessariamente decisiva nei 22 stati in cui si svolgeranno le consultazioni il 5 febbraio”. Nel suo articolo del 27 gennaio, Healy scrive che Obama ha ottenuto “una quota del voto bianco, il 24 percento, al di sotto di quanto ottenuto in Iowa e nel New Hampshire, un dato che solleva la preoccupazione che la questione razziale potrà dividere i democratici, anche a fronte dello straordinario entusiasmo che il partito dimostra nei confronti dei suoi candidati”.
Secondo l’influente deputato nero del Sud Carolina, James Clyburn, il quale continua a dichiarare una formale neutralità nei confronti di tutti i candidati democratici, gli attacchi molto duri che l’ex presidente Bill Clinton ha rivolto contro Obama lo hanno aiutato a procedere in avanti. Per Clyburn, se Obama vincerà la candidatura democratica, “dovrà affrontare un’offensiva piena di attacchi quest’autunno, e potrà rivolgere lo sguardo verso il Sud Carolina, come il posto che lo ha temprato”.
Obama, immediatamente dopo aver appreso i risultati ha dichiarato, ad una folla festante in Columbia, la capitale del Sud Carolina, che “stasera, ai cinici che credevano che quello che era iniziato nelle nevi dell’Iowa era solo un’illusione è stata raccontata una storia diversa dalla brava gente del Sud Carolina. Dopo quattro grosse competizioni in ogni angolo del paese, abbiamo più voti, più delegati, e la più diversa coalizione di Americani che abbiamo visto da tanto, tantissimo tempo”.
Obama, rispondendo ad un attacco dei coniugi Clinton, che prima delle primarie del Sud Carolina hanno utilizzato qualche frase di Obama, fuori del contesto in cui erano state pronunciate, per far sembrare che il senatore dell’Illinois era favorevole alle idee dei repubblicani, ha dichiarato che “siamo di fronte a decenni di amara partigianeria che porta i politici a demonizzare gli avversari, invece di avvicinarsi. E’ un tipo di partigianeria che ti vieta anche di dire che un repubblicano ha un’idea, anche se è un’idea che non condividi. Questo tipo di politica non fa bene al nostro partito, e non fa bene al nostro paese.”
In un editoriale del New York Times di domenica, Caroline Kennedy, la figlia del presidente John F. Kennedy, assassinato nel 1963, ha scritto un opinione a favore di Barack Obama intitolato “Un presidente come mio padre”. Caroline scrive che “non ho mai visto un presidente che mi ha potuto ispirare nel modo in cui le persone mi dicono che mio padre ispirava loro. Ma per la prima volta, penso che ho trovato un uomo che potrebbe essere quel presidente—non solo per me, ma per una nuova generazione di americani”. Ora si attende che anche il fratello del presidente Kennedy, il senatore del Massachusetts e patriarca del partito democratico, Ted Kennedy, prenda posizione a favore di Obama.
Pubblicato sull’Avanti! del 29 gennaio 2008.