Nella quarta puntata del podcast, Tony Quattrone, responsabile dei democratici USA in Italia dal marzo 2015 al marzo 2017 e attivista democratico a Houston, Texas, racconta gli eventi che stanno caratterizzando le elezioni presidenziali USA. Sono successe molte nell’ultimo mese, dal 27 giugno 2024, quando si è svolto il dibattito tra Joe Biden e Donald Trump, ad oggi, 26 luglio 2024 — eventi e decisioni che hanno dato una svolta decisiva alla campagna elettorale presidenziale USA. La nomina di Donald Trump come candidato presidenziale repubblicano è stata formalizzata nella Convention Repubblicana che si è svolta a Milwaukee dal 15 al 18 luglio, immediatamente dopo l’attentato del 14 luglio 2024 contro l’ex presidente. Il 21 luglio 2024, il presidente Joe Biden si è ritirato dalla campagna elettorale, spianando la via al suo vice, Kamala Harris, per diventare la candidata democratica alla presidenza. I repubblicani stanno ora ricalibrando la loro campagna elettorale che era totalmente concentrata su come sconfiggere Joe Biden. I democratici lavorano, invece, per ricostruire la grande coalizione che aveva dato la vittoria a Biden nel 2020.
I due maggiori partiti americani, il democratico e il repubblicano, sono ormai proiettati verso le elezioni del novembre 2012, quando si eleggerà il nuovo presidente, si rinnoverà l’intera Camera, si voterà per un terzo del Senato, e saranno in gara le cariche per tredici governatori di undici stati e due territori. I democratici tenteranno di conservare la Casa Bianca e la maggioranza al Senato, sperando di riconquistare la Camera, persa nelle elezioni di “mid-term” del 2010 e difendere nove cariche di governatore. I repubblicani, sfruttando il malcontento popolare per il perdurare della crisi economica, tenteranno il colpo, spodestando Barack Obama, consolidando le posizioni acquisite alla Camera e cercando di diventare di nuovo la maggioranza al Senato, che hanno perso nel 2006, e di conquistare altre cariche di governatore.
Oggi è particolarmente difficile avanzare pronostici perché se da un lato il Presidente Obama registra un gradimento abbastanza basso, attorno al 44 percento, nessuno dei suoi avversari repubblicani riesce, almeno per ora, a conquistare la simpatia e la fiducia della maggioranza degli elettori. I repubblicani soffrono anche per la bassissima considerazione che gli elettori manifestano nei confronti del Congresso, spesso paralizzato dalla rigidità repubblicana nei confronti di qualsiasi proposta portata avanti dal Presidente Obama o dal gruppo democratico. I sondaggi indicano un gradimento che non supera il 15 percento per il Congresso!
Nei confronti fra Obama e ciascuno dei pretendenti repubblicani, i sondaggi danno il presidente in carica vincente in tutti i casi con margini che vanno dai 14 punti contro la deputata del Minnesota, Michelle Bachman, a quasi 2 punti contro l’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney. Obama è in vantaggio contro l’ex presidente della Camera, Newt Gingrich per 7 punti, e contro il deputato del Texas, ispiratore del movimento ultra conservatore “Tea Party”, Ron Paul, per 6 punti. Obama è in vantaggio di 9 punti contro l’ex presidente della Banca federale di Kansas City, Herman Cain, il governatore del Texas, Rick Perry, e l’ex senatore della Pennsylvania, Rick Santorum. E’ interessante tuttavia, e preoccupante per i democratici, che Obama risulta vincente per meno di un punto percentuale quando nei sondaggi è raffrontato contro un repubblicano generico, senza specificarne il nome. Leggi tutto!