Obama batte Clinton in Louisiana, Nebraska, lo stato di Washington, e nelle Isole Vergini.

Anthony M. Quattrone

“Oggi, dalla West Coast alla Gulf Coast, fino al centro del cuore dell’America, gli elettori si sono alzati per dire ‘sì, possiamo farcela’”, ha affermato il senatore dell’Illinois, Barack Obama, dinnanzi ad una folla di sostenitori democratici ad una cena del partito a Richmond, Virginia, ieri sera, commentando la schiacciante vittoria ottenuta nelle primarie svolte in Louisiana, Nebraska, lo stato di Washington, e nelle Isole Vergini.

Obama ha ottenuto circa i due terzi dei voti in Nebraska e nello stato di Washington, il 90 percento nelle Isole Vergini, e circa il 57 percento in Louisiana. Con la vittoria in Louisiana, Obama ha completato il poker d’assi negli stati con un alto numero di votanti neri, già vincendo in Alabama, Georgia e Sud Carolina, e confermando così l’erosione del sostegno degli elettori neri per la senatrice di New York, Hillary Clinton. Leggi tutto l’articolo!

Gli ultra conservatori preparano un film contro Barack Obama.

Anthony M. Quattrone

Il giornalista Leslie Wayne avverte, in un articolo pubblicato sul New York Times dell’8 febbraio, che un gruppo conservatore americano, Citizens United, è al lavoro per produrre un film contro il senatore dell’Illinois, Barack Obama. Il gruppo, che già ha prodotto diversi film, fra cui uno contro la senatrice di New York, Hillary Clinton, è diretto da David N. Bossie, l’ex investigatore per la commissione parlamentare sullo scandalo Whitewater, che coinvolse il presidente Bill Clinton e sua moglie Hillary, su presunti illeciti riguardanti i finanziamenti per la campagna elettorale di Bill. Bossie è stato additato da entrambi i repubblicani e i democratici come un “manipolatore” dell’informazione, tanto da indurre il presidente della Camera nel 1998, il repubblicano Newt Gingrich, a sollecitare la sua rimozione dalla commissione d’inchiesta Whitewater. Leggi tutto l’articolo!

Il repubblicano Romney lascia: ora McCain è ancora più forte.

I democratici Clinton e Obama ancora in pareggio.

Anthony M. Quattrone

L’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, ha deciso di gettare la spugna, sospendendo la sua partecipazione nelle primarie repubblicane, concedendo, di fatto, la vittoria al senatore dell’Arizona, John McCain. Quest’è la notizia battuta dalla Associated Press alle 18,30 del 7 febbraio. Pochi minuti dopo, anche la CNN ha lanciato la notizia aggiungendo che Romney avrebbe dichiarato di farsi da parte “per il bene del partito, e del paese”. Con l’annuncio del ritiro di Romney fra i repubblicani, e il consolidamento della posizione di McCain, diventa essenziale per i democratici trovare una strategia per affrontare già da ora il probabile candidato repubblicano. I repubblicani, nel frattempo, possono iniziare subito la lunga campagna presidenziale di novembre, non sprecando altre preziose risorse nell’identificazione del candidato presidente. Leggi tutto l’articolo!

Super Tuesday: McCain consolida il vantaggio fra i repubblicani, Clinton e Obama alla pari fra i democratici

Anthony M. Quattrone

I risultati del Super Tuesday confermano il consolidamento del senatore dell’Arizona, John McCain, alla testa dei candidati repubblicani, e il sostanziale pareggio fra la senatrice di New York, Hillary Clinton, e il senatore dell’Illinois, Barack Obama, fra i democratici.

Fra i repubblicani, McCain ha vinto in 9 stati, Arizona, California, Connecticut, Delaware, Illinois, Missouri, New Jersey, New York, e Oklahoma. L’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, ha vinto in 7 stati, Alaska, Colorado, Massachusetts, Minnesota, Montana, Nord Dakota, e Utah. L’ex governatore dell’Arkansas, Mike Huckabee, ha vinto in 5 stati, Alabama, Arkansas, Georgia, Tennessee, e West Virginia. La conta dei delegati, che sarà completata durante la giornata odierna, vede già un evidente vantaggio per McCain. Dei 1.081 delegati in gara nel Super Tuesday, 815 sono stati già assegnati: McCain in testa con 504, seguito da Romney con 163, Huckabee con 138, e il deputato del Texas, Ron Paul, con 10. Si prevede che i rimanenti 266 delegati andranno in maggioranza a McCain, mentre non è ancora certo chi otterrà il secondo posto, con Romney e Huckabee abbastanza vicini. Leggi tutto l’articolo!

Oggi è il Super Tuesday!

Anthony M. Quattrone

Oggi è l’appuntamento elettorale più emozionante e forse la più attesa per le primarie americane, il famoso Super Tuesday, quando si terranno le primarie in 22 stati per i democratici e in 19 per i repubblicani. Alla vigilia di questa importantissima tornata elettorale, la Gallup ha pubblicato i risultati di un sondaggio nazionale, che vedrebbe fra i democratici la senatrice di New York, Hillary Clinton, e il senatore dell’Illinois, Barack Obama, sostanzialmente alla pari, con 46 e 44 percento rispettivamente, con un margine di errore di tre punti percentuali, e il senatore dell’Arizona, John McCain, consolidare il suo vantaggio fra i repubblicani, sull’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, con un solido 43 a 24, ben oltre il margine di errore, seguiti dall’ex governatore dell’Arkansas, Mike Huckabee, con 18 punti. Il sondaggio della Gallup si riferisce a dati nazionali raccolti fra il 31 gennaio e il 2 febbraio, e non deve essere confuso con i sondaggi specifici per ciascuna delle primarie del Super Tuesday, dove, in particolare in casa repubblicana, le lunghezze fra McCain e Romney sono meno distanti. Leggi tutto l’articolo!

A 48 ore dal Super Tuesday, Obama raggiunge Clinton nei sondaggi nazionali.

Anthony M. Quattrone

A poco meno di 48 ore dal Super Tuesday del 5 febbraio, quando si svolgeranno le primarie in 22 stati per i democratici e in 19 per i repubblicani, la Gallup ha pubblicato i risultati di un sondaggio nazionale, che vedrebbe fra i democratici la senatrice di New York, Hillary Clinton, e il senatore dell’Illinois, Barack Obama, sostanzialmente alla pari, con 46 e 44 percento rispettivamente, con un margine di errore di 3 punti percentuali, e il senatore dell’Arizona, John McCain, consolidare il suo vantaggio fra i repubblicani, sull’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, con un solido 43 a 24, ben oltre il margine di errore, seguiti dall’ex governatore dell’Arkansas, Mike Huckabee, con 18 punti. Il sondaggio della Gallup si riferisce a dati nazionali raccolti fra il 31 gennaio e il 2 febbraio, e non deve essere confuso con i sondaggi specifici per le primarie del Super Tuesday, dove, in particolare in casa repubblicana, le lunghezze fra McCain e Romney sono meno distanti. Leggi tutto l’articolo!

McCain vince. Giuliani medita di ritirarsi e appoggiare McCain.

ANTHONY M. QUATTRONE

Nelle primarie repubblicane della Florida del 29 gennaio, il senatore dell’Arizona John McCain ha vinto con il 36 percento, contro il 31 per l’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, il 15 per l’ex sindaco di New York, Rudi Giuliani, il 13 per l’ex governatore dell’Arkansas, Mike Huckabee, e il 3 del deputato del Texas, Ron Paul.  Con questa vittoria, McCain si aggiudica tutti i 57 delegati della Florida che voteranno nella convention repubblicana del prossimo settembre a Minneapolis-Saint Paul, Minnesota.

La vittoria di McCain in Florida non solo conferma la traiettoria positiva che sta caratterizzando le sue ultime prove elettorali, ma getta anche le basi per costruire un’alleanza che potrebbe portarlo a superare il 50 percento dei consensi in casa repubblicana.  Secondo il Devlin Barrett dell’Associated Press, sembrerebbe, infatti, che dopo la cocente sconfitta in Florida, Rudi Giuliani sarebbe intenzionato a gettare la spugna a favore dell’anziano ex prigioniero di guerra..

La possibile alleanza fra McCain e Giuliani potrebbe essere alla base della dichiarazione che McCain ha fatto, dopo aver ricevuto le congratulazioni dell’ex sindaco per la vittoria in Florida.  McCain ha detto, “voglio ringraziare il mio caro, caro amico Rudi Giuliani, che ha investito il suo cuore e la sua anima in queste primarie e si è sempre comportato in linea con le qualità di un eccezionale leader americano, quello che lui è.  Grazie Rudi per tutto quello che hai aggiunto a questa gara e per essere un’ispirazione per me e per milioni d’Americani”.

La sconfitta di Giuliani era nell’aria già da qualche giorno, specialmente da quando McCain, Romney e Huckabee continuavano a guadagnare consensi attraverso le competizioni negli stati più piccoli.

Per gli analisti americani, due fattori maggiori hanno contribuito alla sconfitta di Giuliani.  In primo luogo, Giuliani non era è in linea con il credo conservatore, tanto caro alla destra religiosa americana.  Non è completamente contro l’aborto, non è contrario ad alcuni diritti dei gay, e non ha dimostrato di essere particolarmente a favore della libertà di portare un’arma.  In secondo luogo, Giuliani ha preferito condurre una campagna elettorale atipica, concentrandosi solo sugli stati grossi, con un alto numero di delegati. Questa strategia non gli ha permesso di mettersi in luce negli stati più piccoli, dove si sono svolte le prime consultazioni.  Pertanto, non solo non ha ricevuto una adeguata copertura dei media, ma non è riuscito ad apparire come un “vincitore”.

Per Michael Powell e Michael Cooper del New York Times, la sconfitta di Giuliani in Florida va ricercata in un’altra dinamica, forse ancora più semplice: “Più gli elettori repubblicano lo vedevano, meno lo volevano votare”.  Per i giornalisti del Times, Giuliani ha fatto enormi sforzi per sembrare un “vero” conservatore, ma, non è riuscito a convincere l’elettorato repubblicano in Florida.

In Florida hanno votato anche gli elettori democratici, ma, a causa della decisione della Florida di anticipare le primarie, la direzione nazionale del partito ha privato lo stato di tutti i suoi delegati per la convention del prossimo agosto.  La senatrice di New York, Hillary Clinton, ha ottenuto il 50% dei voti, contro il 33 per il senatore dell’Illinois, Barack Obama, e il 14 per l’ex senatore del Nord Carolina, John Edwards.

Ora si va spediti verso il Super Tuesday del prossimo 5 febbraio, quando gli elettori in 22 stati voteranno per i candidati democratici e repubblicani.  L’unico appuntamento elettorale prima del Super Tuesday, sarà la competizione repubblicana di venerdì 1 febbraio nel Maine.

Pubblicato su Agenzia Radicale il 30 gennario 2008.

Oggi si vota in Florida, fra 7 giorni in 22 stati

ANTHONY M. QUATTRONE

Probabilmente oggi si deciderà in Florida la sorte dell’ex sindaco di New York, Rudi Giuliani, per quanto riguarda la sua aspirazione a diventare il candidato repubblicano alle prossime elezioni presidenziali USA che si terranno a novembre. Il sindaco più famoso d’America sta conducendo una campagna elettorale alquanto atipica concentrando tutte le sue risorse e l’attenzione sugli stati più grossi dell’Unione, cioè quelle con il numero più alto di delegati che parteciperanno alla Convention Repubblicana che si terrà dall’1 al 4 settembre.

In pratica, Giuliani è stato quasi del tutto assente nelle consultazioni elettorali repubblicane che si sono svolte fino ad ora in sei stati, cioè in Iowa, Wyoming, Michigan, New Hampshire, Nevada, e Sud Carolina, riscuotendo punteggi percentuali bassissimi. Durante il mese di gennaio, Giuliani ha visto scendere il suo consenso a livello nazionale dal un picco del 44 percento raggiunto in un sondaggio nazionale della ABC News/Washington Post nel febbraio dello scorso anno, al magro 12 percento dell’ultimo sondaggio condotto per il Los Angeles Times/Bloomberg il 22 gennaio 2008, che lo piazza al quarto posto, dietro al senatore dell’Arizona, John McCain con 22 percento, l’ex governatore dell’Arkansas, Mike Huckabee, con 18 percento, e l’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, con 17.

La settimana scorsa, Giuliani ha dovuto registrare anche una sonora stroncatura da parte del New York Times, il quale ha deciso non solo di appoggiare John McCain come miglior candidato per i repubblicani, ma ha anche voluto spiegare in dettaglio perchè non può appoggiare l’ex sindaco di New York. Il New York Times appoggiò Giuliani per la sua rielezione nel 1997, perchè era convinto che il sindaco aveva trasformato New York da una città sporca, pericolosa, ed ingovernabile, in una città pulita, sicura, e ordinata. Per il giornale, il Giuliani di allora non esiste più, se è mai esistito, e quello che è venuto alla luce in questi ultimi anni è un arrogante, reticente, e vendicativo politico, che ha utilizzato ed utilizza il potere per fini personali, circondandosi di pessimi collaboratori, alcuni dei quali sono finiti sotto inchiesta per crimini di varia natura. Il New York Times accusa Giuliani anche di aver sfruttato per fini politici il disastro dell’undici settembre e le paure create dal terrorismo, scrivendo che “il Rudolph Giuliani del 2008 ha vergognosamente trasformato l’orrore dell’undici settembre in un affare lucrativo, con una lista di clienti segreti, per poi sfruttare il peggiore incubo della città e del paese, per promuovere la sua campagna elettorale”.

Quali sono le reali possibilità di Giuliani in Florida? Secondo la media dei sette sondaggi più recenti, McCain e Romney sono alla pari con il 27 percento, seguiti da Giuliani con il 17 percento, da Huckabee con 15, ed infine, da Ron Paul, con 4 percento. Non sembra, secondo i sondaggi, che Giuliani ha la pur minima possibilità di vincere in Florida, dove le regole del partito repubblicano prevedono che al vincitore spettano tutti i 57 delegati in palio. Nel campo di Giuliani, si spera che i sondaggi si sbaglino ancora una volta, così com’è successo per i democratici in alcune occasioni in queste ultime tornate elettorali.

Sul fronte democratico Barack Obama ha sbancato nel Sud Carolina sabato scorso, andando oltre tutte le previsioni dei sondaggi, ottenendo il 55 percento dei consensi degli elettori democratici. Hillary Clinton ha ottenuto il secondo posto con il 27 percento, davanti a John Edwards con il 18 percento.

La straordinaria partecipazione popolare nelle primarie democratiche nel Sud Carolina, dove oltre 530 mila cittadini hanno votato, registrando l’83,5 percento di aumento rispetto al 2004, quando 290 mila democratici votarono, indica che l’interesse popolare nei confronti dei democratici si va consolidando, seguendo una traiettoria iniziata in Iowa e continuata negli altri stati dove, fino ad ora, si sono svolte le primarie del partito dell’asinello.

Secondo un exit poll condotto per il New York Times , circa il 55 percento dei votanti era composto da neri e 43 percento da bianchi. Obama è riuscito a conquistare il 78 percento del voto nero, Clinton il 19, e Edwards il 2 percento. Fra i bianchi, Obama ha ottenuto solo il 24 percento, contro il 36 per Clinton e il 40 per Edwards.

Secondo Patrick Healy del New York Times, la vittoria di Obama è in parte dovuta al fatto che il senatore dell’Illinois “è riuscito a portare al voto un altissimo numero di neri, una dinamica che non si dimostrerà necessariamente decisiva nei 22 stati in cui si svolgeranno le consultazioni il 5 febbraio”. Nel suo articolo del 27 gennaio, Healy scrive che Obama ha ottenuto “una quota del voto bianco, il 24 percento, al di sotto di quanto ottenuto in Iowa e nel New Hampshire, un dato che solleva la preoccupazione che la questione razziale potrà dividere i democratici, anche a fronte dello straordinario entusiasmo che il partito dimostra nei confronti dei suoi candidati”.

Secondo l’influente deputato nero del Sud Carolina, James Clyburn, il quale continua a dichiarare una formale neutralità nei confronti di tutti i candidati democratici, gli attacchi molto duri che l’ex presidente Bill Clinton ha rivolto contro Obama lo hanno aiutato a procedere in avanti. Per Clyburn, se Obama vincerà la candidatura democratica, “dovrà affrontare un’offensiva piena di attacchi quest’autunno, e potrà rivolgere lo sguardo verso il Sud Carolina, come il posto che lo ha temprato”.

Obama, immediatamente dopo aver appreso i risultati ha dichiarato, ad una folla festante in Columbia, la capitale del Sud Carolina, che “stasera, ai cinici che credevano che quello che era iniziato nelle nevi dell’Iowa era solo un’illusione è stata raccontata una storia diversa dalla brava gente del Sud Carolina. Dopo quattro grosse competizioni in ogni angolo del paese, abbiamo più voti, più delegati, e la più diversa coalizione di Americani che abbiamo visto da tanto, tantissimo tempo”.

Obama, rispondendo ad un attacco dei coniugi Clinton, che prima delle primarie del Sud Carolina hanno utilizzato qualche frase di Obama, fuori del contesto in cui erano state pronunciate, per far sembrare che il senatore dell’Illinois era favorevole alle idee dei repubblicani, ha dichiarato che “siamo di fronte a decenni di amara partigianeria che porta i politici a demonizzare gli avversari, invece di avvicinarsi. E’ un tipo di partigianeria che ti vieta anche di dire che un repubblicano ha un’idea, anche se è un’idea che non condividi. Questo tipo di politica non fa bene al nostro partito, e non fa bene al nostro paese.”

In un editoriale del New York Times di domenica, Caroline Kennedy, la figlia del presidente John F. Kennedy, assassinato nel 1963, ha scritto un opinione a favore di Barack Obama intitolato “Un presidente come mio padre”. Caroline scrive che “non ho mai visto un presidente che mi ha potuto ispirare nel modo in cui le persone mi dicono che mio padre ispirava loro. Ma per la prima volta, penso che ho trovato un uomo che potrebbe essere quel presidente—non solo per me, ma per una nuova generazione di americani”. Ora si attende che anche il fratello del presidente Kennedy, il senatore del Massachusetts e patriarca del partito democratico, Ted Kennedy, prenda posizione a favore di Obama.

Pubblicato sull’Avanti! del 29 gennaio 2008.

Bill Clinton: “I neri per Obama, le donne per Hillary”

ANTHONY M. QUATTRONE

“I neri voteranno per Barack Obama e le donne voteranno per Hillary Clinton” ha dichiarato all’Associated Press il 23 gennaio l’ex presidente americano Bill Clinton, prevedendo “una dinamica che potrebbe portare alla sconfitta di Hillary nelle primarie democratiche di sabato prossimo in Sud Carolina”.  Per Bill Clinton, “votare in base alla razza o al sesso del candidato è comprensibile perchè le persone sono fiere, quando qualcuno con cui si identificano emerge per la prima volta”.

Nel frattempo, la campagna elettorale della senatrice Clinton ha alzato il livello dello scontro nei confronti del senatore Obama, trasmettendo una serie di annunci radio nel Sud Carolina in cui si fa largo uso di una dichiarazione in cui quest’ultimo elogiava i repubblicani.  Obama aveva, infatti, dichiarato durante un dibattito televisivo lo scorso lunedì, che “sarebbe corretto dire che i repubblicani sono stati il partito delle idee per un lungo periodo di tempo negli ultimi 10, 15 anni, nel senso che sfidavano la saggezza convenzionale”.

Negli annunci radio, la campagna della Clinton usa la dichiarazione di Obama, fuori del contesto in cui è stata fatta, facendo dichiarare all’annunciatore che “Hillary Clinton crede che queste elezioni riguardano la necessità di rimpiazzare le idee disastrose dei repubblicani, con idee nuove, come quelle che servono per riavviare l’economia”.

La dichiarazione di Obama, invece, seguiva un ragionamento storico in cui faceva notare che il partito o il candidato che ha rappresentato qualcosa di nuovo, creava le condizioni per il cambiamento come, quando, secondo Obama, il presidente democratico John F. Kennedy cambiò la direzione in cui andava il paese.  In breve, durante il dibattito Obama aveva invitato il partito democratico a non lasciare ai repubblicani la leadership del cambiamento, rimanendo ancorato a vecchie idee e vecchi temi.

I sostenitori di Obama nel Sud Carolina, capeggiati dall’ex governatore dello stato, Jim Hodges, hanno immediatamente reagito agli attacchi della campagna della Clinton.  Per Hodges, “sembrerebbe che i partigiani della Clinton vogliono vincere a qualsiasi costo”.  Già pochi giorni fa, il senatore Ted Kennedy aveva avvertito che certi attacchi personali fra i candidati democratici potevano creare insanabili divisioni nel partito che avrebbero sicuramente favorito i repubblicani nelle elezioni di novembre.

La preoccupazione di Bill Clinton per l’andamento delle primarie nel Sud Carolina è giustificato in base ai risultati dei sondaggi condotti negli ultimi giorni, i quali indicano circa12 punti di vantaggio di Barack Obama sull’ex first lady.  La robustezza dell’elettorato nero nel Sud Carolina dovrebbe scongiurare che i sondaggi incappino nello stesso errore in cui sono incorsi nel New Hampshire poche settimane fa, quando erroneamente predissero la vittoria di Obama.  In quella circostanza, gli elettori neri erano una minoranza, mentre nel Sud Carolina dovrebbero essere almeno la metà di tutti i democratici che si presenteranno alle urne il 26 gennaio.

La rosa dei candidati democratici si è ulteriormente assottigliata con il ritiro del deputato dell’Ohio, Dennis Kucinich, il quale annuncerà ufficialmente l’abbandono nel corso della giornata del 25 gennaio.  Sono rimasti in gara per i democratici solo quattro candidati: Hillary Clinton, Barack Obama, l’ex senatore del Nord Carolina, John Edwards, e l’ex senatore dell’Alaska, Mike Gravel.
Nell’ultimo sondaggio nazionale condotto fra il 18 e il 22 gennaio per Los Angeles Times/Bloomberg, il vantaggio di Hillary Clinton si è ulteriormente assottigliato.  La Clinton registra il 42 percento dei consensi, contro il 33 per Obama e 11 per Edwards, 1 per Kucinich, mentre gli indecisi sono circa 13 percento.

Pubblicato su Agenzia Radicale il 25 gennaio 2008.

Repubblicani: Thompson si ritira!

I Democratici preoccupati per lo scontro virulento fra Clinton e Obama.

ANTHONY M. QUATTRONE

L’ex senatore del Tennessee, l’attore Fred Thompson, ha deciso di abbandonare la competizione per la nomina a candidato presidenziale del partito repubblicano dopo aver subito una serie di sconfitte nelle primarie che si sono tenute fino ad ora.  La decisione di Thompson arriva dopo il terzo posto che ha ottenuto nel Sud Carolina e prima della difficile competizione del 29 gennaio in Florida, dove, secondo la media dei sondaggi, non riesce a superare il 10 percento del voto.  Thompson aveva dichiarato che le consultazioni nel Sud Carolina sarebbero state decisive per la sua campagna elettorale.  Nel Sud Carolina, Thompson non è riuscito a superare il 16 percento dei consensi ottenendo solo il terzo posto dietro al senatore dell’Arizona, John McCain, che ha vinto con il 33 percento, e all’ex governatore dell’Arkansas, Mike Huckabee, che ha ottenuto il secondo posto con il 30.  Thompson non ha ancora dichiarato se inviterà i suoi sostenitori ad appoggiare uno degli altri candidati rimasti in gara.

Gli ultimi due sondaggi condotti in Florida il 20 gennaio danno indicazioni contrastanti sulle preferenze di voto.  La Rasmussen prevede la vittoria dell’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney con il 25 percento, seguito da McCain con 20, l’ex sindaco di New York, Rudi Giuliani, con 19, e Huckabee con 16.  Il sondaggio condotto dalla SurveyUSA per alcune televisioni locali prevede la vittoria di McCain con il 25 percento, seguito da Giuliani con 20, Romney con 19, e Huckabee con 14.  Prendendo in considerazione il margine di errore per entrambi i sondaggi, le previsioni sono, a questo punto, incerte.  Forse qualche indicazione più sicura si potrà avere solo dopo un’eventuale dichiarazione di Thompson a favore di uno dei contendenti rimasti in gara.

I contendenti democratici sono tutti concentrati sulle votazioni di sabato, 26 gennaio, quando nel Sud Carolina saranno assegnati 45 delegati per la convention del partito che si terrà a fine agosto.  I sondaggi più recenti sono stati condotti prima dei caucus del 20 gennaio nel Nevada, dove la senatrice di New York, Hillary Clinton, ha battuto il senatore dell’Illinois, Barack Obama, e l’ex senatore del Nord Carolina, John Edwards, con il 51 percento, contro il 45 e il 5 percento, rispettivamente.  Nel Sud Carolina, i sondaggi indicano, in media, la vittoria di Obama con il 42,3 percento, contro il 32,3 per la senatrice Clinton, e il 14 per Edwards.  Tuttavia, dopo il fallimento dei sondaggi nel New Hampshire, che davano Obama vincente, tutti gli osservatori sono prudenti nell’interpretare queste previsioni.

Hillary Clinton e Barack Obama si sono scontrati duramente durante e dopo il dibattito televisivo che si è tenuto il 21 gennaio, organizzato dalla CNN e dal gruppo dei parlamentari neri del Congresso.  Per Patrick Healy e Jeff Zeleny del New York Times, lo scontro è stato fra i più duri e i più personali finora visti in questa campagna elettorale.  L’ex first lady e il senatore nero dell’Illinois si sono affrontati aspramente mettendo in dubbio la coerenza e l’onestà dell’avversario..

I momenti salienti del dibattito hanno testimoniato alcuni scambi che potrebbero diventare delle armi utili per i repubblicani contro il candidato che sarà scelto dai democratici.  Per esempio, la senatrice Clinton ha accusato Obama di essersi legato ad un “proprietario immobiliare di un quartiere malfamato”, riferendosi ad un imprenditore di Chicago, Antoin Rezko, che è stato accusato di attività fraudolenta da parte delle autorità federali lo scorso autunno.  Obama, che aveva lavorato in passato per uno studio legale che aveva assistito Rezko nelle sue attività immobiliari, ha restituito, lo scorso sabato, circa 40 mila dollari di contributi elettorali ricevuti da sostenitori legati a Rezko.

Barack Obama ha dichiarato nel corso del dibattito che alle volte ha la sensazione di gareggiare non solo contro Hillary, ma anche contro Bill Clinton, lamentandosi dei ripetuti attacchi che l’ex presidente gli ha riservato sin dopo la vittoria che il senatore nero ha ottenuto in Iowa il 3 gennaio.  Obama ha intimato a Hillary e Bill Clinton di smetterla di distorcere la verità quando parlano delle sue opinioni politiche e di come ha votato in Senato, riferendosi alla recente polemica con l’ex presidente, il quale aveva insinuato che Obama non era affatto stato sempre contro la guerra in Iraq.

Durante lo scontro televisivo del 21 gennaio, caratterizzato da continue interruzioni della Clinton e di Obama, John Edwards ha dovuto faticare non poco per potersi far sentire.  L’ex senatore del Nord Carolina ha cercato di mettere in risalto che i due maggiori contendenti sembravano più interessati ad attaccarsi a vicenda su questioni personali piuttosto che ad affrontare i veri problemi del paese.  Edwards ha cercato più volte di riportare il dibattito sui temi che interessano la gente del Sud Carolina, come la questione della copertura sanitaria universale.  Edwards, che è un nativo del Sud Carolina, vinse le primarie del suo stato natio nel 2004, dimostrando di interpretare bene le preoccupazioni e le aspettative degli elettori.  La competizione di sabato prossimo potrebbe risultare decisiva per la continuazione della partecipazione di Edwards nelle primarie democratiche.

Gli strateghi del partito democratico sono, allo stesso tempo, entusiasti dell’interesse che gli americani stanno dimostrando attorno alle primarie democratiche, ma anche molto preoccupati per i toni troppo accessi e personali che si stanno sviluppando negli scontri fra i candidati.  La demarcazione fra il campo della Clinton e quello di Obama potrebbe diventare un muro invalicabile che potrebbe creare notevoli difficoltà al partito, quando sarà necessario unire tutti i democratici attorno al candidato prescelto per lo scontro con i repubblicani il prossimo novembre.  Il senatore del Massachusetts e “patriarca” del partito, Ted Kennedy, ha ammonito proprio l’ex presidente Bill Clinton di fare attenzione a non fare opera di divisione fra i democratici, perchè le conseguenze potrebbero essere devastanti nello scontro con i repubblicani il prossimo novembre.

Pubblicato su Agenzia Radicale il 23 gennaio 2008.