Le elezioni “mid-term” premiano Joe Biden

Joe Biden è fra i pochi presidenti americani che dal 1934 non subiscono una sonora batosta elettorale durante le “mid-term”, cioè quelle elezioni che si svolgono a metà di un quadriennio presidenziale per rinnovare l’intera Camera dei Deputati, un terzo del Senato e molte cariche di governatore.  Tradizionalmente, il partito del presidente in carica perde seggi al Senato, alla Camera e anche diverse cariche di governatore.

Si conclude il ciclo elettorale 2022

Nel ciclo elettorale che si è concluso il 6 dicembre 2022 con la vittoria del Senatore democratico Raphael Warnock nel ballottaggio in Georgia contro il repubblicano Herschel Walker, il presidente Biden può ritenersi soddisfatto per aver guadagnato la maggioranza assoluta al Senato, con 51 seggi contro 49 per i repubblicani, e di aver aumentato di due unità il numero dei governatori democratici.  Alla Camera, i repubblicani hanno conquistato solo 9 seggi, raggiungendo una striminzita maggioranza di 222 seggi contro 213 per i democratici, ben al di sotto delle previsioni fatte dagli analisti politici, che davano ai repubblicani una maggioranza fra 240 e 260 seggi.

Repubblicani divisi alla Camera

Pertanto, l’attuale capo dei repubblicani alla Camera, Kevin McCarthy, potrà contare su una maggioranza che supera il 50% per soli 5 seggi.  A gennaio, quando si voterà per la presidenza della Camera, la terza carica nella gerarchia istituzionale americana, dopo il presidente e il vicepresidente, si prevede uno scontro fratricida all’interno del partito repubblicano dove gli estremisti di destra, sostenitori dell’ex presidente Donald Trump, considerano McCarthy troppo debole nei confronti delle politiche democratiche, e hanno annunciato che non voteranno per lui. Cosa farà McCarthy? Chiederà i voti ai democratici o farà delle concessioni agli estremisti di destra per ottenere il loro voto per arrivare a quota 218?

Maggioranza assoluta democratica al Senato

Al Senato, si partiva da una parità composta da 50 seggi per i repubblicani e 50 per la coalizione di 48 senatori democratici e 2 indipendenti.  La maggioranza democratica si otteneva attraverso il ruolo di Kamala Harris, la quale, come presidente del Senato, poteva esercitare il suo diritto di voto.  Oggi, con la vittoria del pastore Raphael Warnock, la coalizione fra democratici e indipendenti arriva a 51 seggi contro 49 repubblicani, risparmiando alla vice presidente Harris l’obbligatoria presenza al Senato per garantire il successo del voto democratico.  La nuova maggioranza assoluta garantirà ai democratici anche la presidenza di tutte le commissioni senatoriali.

I democratici avanzano fra i governatori

Nelle 36 competizioni che si sono svolte a novembre per rinnovare le cariche di governatore (in 14 dei 50 stati non si votava), i repubblicani hanno registrato una perdita netta di due governatori a favore dei democratici.  Pertanto, i repubblicani scendono da 28 a 26 governatori mentre i democratici salgono da 22 a 24.

Le capacità negoziali di Biden

Nei prossimi due anni, toccherà al Presidente Biden negoziare con i deputati repubblicani per poter portare avanti altre importanti iniziative economiche, riformare il sistema immigrazione, proteggere e ampliare l’assistenza sanitaria e previdenziale, eliminare la vendita delle armi automatiche e semiautomatiche e ridurre la disuguaglianza negli Stati Uniti, semmai sfruttando le forti divisioni fra i deputati repubblicani.  La corrente che fa capo all’ex presidente Donald Trump ha annunciato che intende contrastare qualsiasi iniziativa bi-partisan e vuole concentrarsi nel far partire indagini parlamentari contro l’attuale presidente, per temi che vanno dalla disastrosa uscita americana dall’Afghanistan, alle origini del COVID, e alle accuse contro il figlio del presidente, Hunter Biden, inerente ad informazioni presumibilmente compromettenti trovate su un suo laptop in riparazione.

Foto di copertina: il senatore reverendo Raphael Warnock — Reuters

Trump crea confusione fra i repubblicani

Le continue accuse di brogli e irregolarità che il Presidente Donald Trump rivolge al sistema elettorale americano rischiano di far perdere ai repubblicani la maggioranza al Senato.

Trump crea confusione fra i repubblicani insinuando che anche le elezioni del 5 gennaio 2021 saranno irregolari, in linea con le accuse che ha rivolto per le elezioni presidenziali che ha perso a novembre.


Il 5 gennaio 2021 si svolgerà il ballottaggio per due seggi di senatore in rappresentanza della Georgia, che determinerà quale partito controllerà il Senato americano. Lo scrutinio si terrà perché nessun candidato ha superato il 50% dei voti nelle elezioni del 3 novembre 2020, traguardo stabilito dalle leggi della Georgia per l’elezione al primo turno.


La campagna elettorale è in pieno svolgimento e i sondaggi confermano una sostanziale parità fra i concorrenti in gara. Nella prima competizione georgiana, il confronto è fra il democratico Jon Ossoff e il senatore uscente, il repubblicano David Perdue. Nella seconda, è fra il reverendo democratico Raphael Warnock e la senatrice uscente, la repubblicana Kelly Loeffler.


È chiaro che se Trump continua, in modo illogico, a scoraggiare i repubblicani dall’andare a votare mentre i democratici mirano a portare più persone alle urne, il risultato sarebbe scontato e devastante per i candidati repubblicani. Senza il voto dei sostenitori di Trump, è impossibile che Perdue e Loeffler possano essere riconfermati al Senato.


Si ricorda che in Georgia, uno stato a gestione repubblicana, Joe Biden ha vinto principalmente perché i democratici sono riusciti ad ottenere il sostegno delle minoranze, e in particolare sono stati premiati dal voto degli americani di origine asiatica e delle isole del Pacifico.


È ironico che Trump accusi di brogli e d’inefficienze il sistema elettorale in Georgia retto da repubblicani. Trump accusa il governatore repubblicano della Georgia, Brian Kemp, e i suoi assistenti di essere, di fatto, strumenti di poteri occulti che si annidano all’interno delle strutture pubbliche americane, il cosiddetto “deep state”, una specie di stato clandestino parallelo, teoria sostenuta dai complottisti della estrema destra di oltreoceano.


Ma vediamo perché la gara in Georgia è così importante. Ricordiamo in primo luogo che oltre ad aver vinto la Presidenza degli USA, i democratici hanno anche riconfermato la maggioranza alla Camera, dove possono contare su 222 deputati contro i 213 dei Repubblicani. Ora tocca al Senato dove, con le elezioni del 5 gennaio, se ne determinerà la maggioranza.


Facciamo qualche conto. Il Senato americano è composto da 100 senatori, ovvero due per ognuno dei 50 Stati dell’Unione. Il vice presidente degli Stati Uniti funge da presidente del Senato e, quando non si raggiunge una decisione a maggioranza, prevale il suo voto. Al momento, il nuovo Senato americano, risultante dalle elezioni dello scorso novembre, vede i repubblicani in vantaggio con 50 seggi, a seguire i democratici che, con 46 senatori propri e 2 senatori indipendenti, formano un’alleanza che al momento conta su 48 senatori. I senatori rimangono in carica per sei anni e ogni due anni si rinnova un terzo dei seggi.

Nella foto: i candidati democratici Raphael Warnock e Jon Ossoff durante un comizio a Marietta, Georgia, il 15 novembre 2020
(foto: Brynn Anderson – AP)


I due senatori che mancano all’appello saranno eletti, appunto, con il ballottaggio che si svolgerà in Georgia il 5 gennaio. Per ottenere la maggioranza, ai repubblicani basterà vincere uno solo dei due seggi in palio. Invece, i democratici dovranno vincere entrambi i seggi per raggiungere quota 50 e poi avvalersi del voto del vice presidente Kamala Harris per avere la maggioranza.


La strategia governativa di Joe Biden e Kamala Harris sarà fortemente influenzata da chi avrà il controllo del Senato. Se vincono i repubblicani, Biden e Harris dovranno governare nell’ottica del compromesso e sarebbe estremamente difficile mettere in atto molti dei programmi sociali proposti durante la campagna elettorale. Con la vittoria in Georgia, invece, si avrebbe il controllo dell’intero Congresso con la conseguente attuazione di larga parte del programma elettorale.


Cosa farà Trump durante il mese che manca all’appuntamento elettorale? Cercherà di aiutare il suo partito nel conservare il controllo del Senato, oppure continuerà a sparlare delle elezioni e divulgare maldicenze sul sistema elettorale americano, con il rischio di scoraggiare gli elettori repubblicani della Georgia dal partecipare al voto del prossimo 5 gennaio?


Per il momento, l’unica certezza è che Trump sta seminando confusione fra gli elettori repubblicani e un misto di rabbia e rassegnazione fra i dirigenti del suo partito.

Articolo pubblicato da “Il Denaro” il 7 dicembre 2020