Iraq: La guerra di Bush

Anthony M. Quattrone

In this image from APTN video, a man, centre throws a shoe at US President George W. Bush, background left, during a news conference with Iraq Prime Minister Nouri al-Maliki, Sunday, Dec. 14, 2008, in Baghdad, Iraq. On an Iraq trip shrouded in secrecy and marred by dissent, President George W. Bush on Sunday hailed progress in the war that defines his presidency and got a size-10 reminder of his unpopularity when a man hurled two shoes at him during a news conference. (AP Photo)
In this image from APTN video, a man, centre throws a shoe at US President George W. Bush, background left, during a news conference with Iraq Prime Minister Nouri al-Maliki, Sunday, Dec. 14, 2008, in Baghdad, Iraq. On an Iraq trip shrouded in secrecy and marred by dissent, President George W. Bush on Sunday hailed progress in the war that defines his presidency and got a size-10 reminder of his unpopularity when a man hurled two shoes at him during a news conference. (AP Photo)

La presidenza di George W. Bush sarà sicuramente ricordata come quella che è iniziata con l’attacco terroristico dell’11 settembre 2001, è continuata con la guerra in Iraq, e si è conclusa con la più grande crisi economica registrata in America dal 1929. E’ difficile attribuire a Bush responsabilità di causa ed effetto per i due eventi che hanno marcato l’inizio e la fine della sua presidenza, mentre la guerra in Iraq è sicuramente imputabile direttamente a lui. Ha voluto la guerra, ha cercato i motivi per farla, la ha condotta come voleva, e, infine, la lascerà in eredità al nuovo presidente il 20 gennaio 2009, quando passerà le consegne a Barack Obama.

Gli attacchi terroristici contro New York e Washington nel settembre 2001 sono stati degli atti di guerra da parte di forze irregolari, non appartenenti ad alcuna nazione, ma ospitati presso uno stato sovrano, l’Afghanistan. La guerra che gli Stati Uniti hanno fatto contro questo paese, l’occupazione che è seguita, e la campagna armata ancora in corso contro Al Qaeda e i suoi alleati Taliban hanno trovato un largo consenso sia nell’opinione pubblica mondiale, sia fra i giuristi internazionali.

Quanto Bush ha fatto dopo l’occupazione dell’Afghanistan ha trovato poco consenso nel mondo. La creazione del carcere di Guantanamo, non soggetta alle leggi civili degli Stati Uniti o alle diverse Convenzioni di Ginevra, dove sono ancora ospitati circa 250 “combattenti illegali”, o persone sospettate di essere tali, ha marcato in modo indelebile la nobile tradizione della “due process” legale americana. Solo in poche altre occasioni, sempre caratterizzate dalla paura di un nemico esterno, l’America ha messo da parte il “due process”, come quando durante la Seconda guerra mondiale migliaia di americani di origine giapponese e italiana furono internati in campi di concentramento.

Durante un’intervista con l’ABC News il primo dicembre, Bush si è rammaricato sia d’essere stato colto di sorpresa dall’atto di guerra contro gli Stati Uniti, sia perché le informazioni sulle armi di distruzione di massa in mano a Saddam Hussein erano errate. Bush, tuttavia, non riesce ad ammettere che, secondo le informazioni disponibili fino ad ora, non c’era alcun collegamento fra il dittatore iracheno e gli attacchi terroristici del 2001, e che mancava una relazione di causa ed effetto. Leggi tutto l’articolo

Obama verso un governo forte

President-elect Barack Obama smiles during a news conference in Chicago, Tuesday, Nov. 25, 2008. (AP Photo/Charles Dharapak)
President-elect Barack Obama smiles during a news conference in Chicago, Tuesday, Nov. 25, 2008. (AP Photo/Charles Dharapak)

Pupilli di Robert Rubin e Brent Scowcroft all’economia e alla politica estera

Anthony M. Quattrone

Il presidente eletto degli Stati Uniti, Barack Obama, lavora alla costruzione del nuovo governo, cercando di bilanciare il mandato che ha ricevuto dal paese per effettuare una trasformazione della politica di Washington con la necessità di affidare i dicasteri più delicati a politici e professionisti di acclamata esperienza.  L’attenzione degli osservatori internazionali si concentra su due settori della futura amministrazione americana, vale a dire, quella dell’economia e quella della politica estera.  Gli altri dicasteri, come l’istruzione pubblica, l’energia, il lavoro, e la giustizia sono al centro di dibattiti all’interno del paese, e daranno la possibilità al futuro presidente di creare spazi per interventi bipartisan, oltre a soddisfare le richieste da parte di quelle frange più interessate alle politiche sociali e maggiormente attente ai temi dei diritti civili.

Secondo gli osservatori americani, le scelte di Obama per la composizione della squadra economica sembrerebbero essere indirizzate nei confronti dei pupilli di Robert Rubin, mentre per la politica estera, sono i pupilli di Brent Scowcroft a fare la parte del leone.  Rubin è stato uno dei maggiori consiglieri economici del presidente Bill Clinton, ricoprendo anche la carica di segretario del Tesoro dal 1995 al 1999.  Scowcroft, un generale in pensione dell’aviazione Usa, è stato un consigliere repubblicano per la sicurezza nazionale del governo di Gerald Ford e poi di Bush padre, ma ha apertamente e pubblicamente criticato la politica estera dell’attuale presidente George W. Bush, definendo l’invasione dell’Iraq e la successiva cattiva gestione del dopo guerra, un disastro per la lotta contro il terrorismo.

Nel presentare i consiglieri economici che lo aiuteranno nel gestire l’economia americana, Obama ha dichiarato, durante una conferenza stampa a Chicago il 24 novembre, di aver scelto dei leader che possono offrire “un modo di pensare fresco, nuovo”.  La nuova squadra economica, secondo Obama, dovrà agire immediatamente per sfruttare le opportunità d’intervento che l’attuale crisi presenta, sviluppando “un piano di stimolo all’economia che dia uno scossone al sistema per farlo tornare in forma”.  Gli osservatori americani e gli organi d’informazione descrivono i membri della nuova squadra economica come dei visionari, brillanti, acuti ed energici.  Anche Wall Street ha reagito bene alle scelte di Obama, chiudendo lunedì in forte rialzo.

La squadra economica di Obama sarà composta di cinque attori principali.  Il quarantasettenne Timothy Geithner, l’attuale direttore della Federal Reserve di New York sarà il prossimo segretario al Tesoro.  Al consiglio economico nazionale della Casa Bianca andrà Lawrence Summers, 54 anni, ex segretario al Tesoro dell’ultima amministrazione di Bill Clinton e attuale professore della Harvard University.  Il consiglio economico nazionale coordina la formulazione della politica economica nazionale e internazionale, assicurandosi che le decisioni ed i programmi delle varie agenzie e dipartimenti federali sono in linea con gli obiettivi e l’agenda politica del presidente.  Leggi tutto l’articolo

Rischio valanga democratica: repubblicani in rotta ?

Democratic presidential candidate Sen. Barack Obama, D-Ill. addresses supporters in rain at a rally in Chester, Pa., Tuesday, Oct. 28, 2008. (AP Photo/Jae C. Hong)
Democratic presidential candidate Sen. Barack Obama, D-Ill. addresses supporters in rain at a rally in Chester, Pa., Tuesday, Oct. 28, 2008. (AP Photo/Jae C. Hong)

Screzi in casa repubblicana: la Palin in contrasto con lo staff di McCain

Anthony M. Quattrone

A meno di una settimana dalle elezioni presidenziali del 4 novembre, i sondaggi indicano che il senatore democratico dell’Illinois, Barack Obama, ha consolidato il suo vantaggio sul senatore repubblicano dell’Arizona, John McCain, sia nel voto popolare nazionale, sia per quanto riguarda il conto dei super elettori.  Secondo gli ultimi sondaggi, Obama conduce per almeno cinque punti percentuali nel voto popolare, mentre è molto più ampio il vantaggio di cui godrebbe nel conto dei super elettori, dove potrebbe addirittura raggiungere la quota di 375 voti, contro i 163 che andrebbero a McCain.

Le buone notizie che arrivano dai sondaggi potrebbero causare un abbassamento della guardia da parte dei sostenitori di Obama.  Ed è proprio per questo che la campagna del senatore afro americano sta intensificando gli impegni programmati per la settima che manca al voto.  Nelle ultime ore, personalità democratiche, dall’ex presidente Jimmy Carter, fino alla rivale di Obama durante le recenti primarie, la senatrice di New York, Hillary Clinton, stanno inviando messaggi di posta elettronica chiedendo ai simpatizzanti e attivisti democratici di impegnarsi fino al momento del voto, per portare alle urne il maggior numero possibile di elettori.  L’ultima posta elettronica della campagna democratica invita i sostenitori a chiedere per il 4 novembre un giorno di ferie al proprio datore di lavoro o un permesso al proprio professore per lavorare con il partito democratico per portare alle urne il maggior numero possibile di elettori.

L’aria pesante che circola negli ambienti repubblicani sembrerebbe confermare la preoccupazione che i democratici potrebbero conquistare non solo la Casa Bianca, ma ottenere anche un plebiscito al Congresso, dove quest’anno si rinnova l’intera Camera e un terzo del Senato. Al Senato, i democratici potrebbero salire da 51 a 57 senatori, e i repubblicani potrebbero scendere da 49 a 43, mentre alla Camera il partito di Obama potrebbe riconfermare l’ampia maggioranza che ha conquistato nelle elezioni del 2006.  I giornali, le radio, e le televisioni legate alla destra repubblicana hanno iniziato una forte campagna per sensibilizzare gli elettori conservatori sull’importanza di recarsi alle urne per bloccare un’eventuale valanga democratica.  Leggi tutto l’articolo

Obama incassa l’appoggio del repubblicano Colin Powell

In this photo provided by NBC, Meet The Press, shows former Secretary of State Gen. Colin Powell speaking during a taping of Meet the Press at NBC Sunday Oct. 19, 2008, in Washington. Powell, a Republican who was President Bushs first secretary of state, endorsed Democrat Barack Obama for president Sunday, and criticized the tone of Republican John McCains campaign. (AP Photo/Meet The Press, Brendan Smialowski)
In this photo provided by NBC, Meet The Press, shows former Secretary of State Gen. Colin Powell speaking during a taping of "Meet the Press" at NBC Sunday Oct. 19, 2008, in Washington. Powell, a Republican who was President Bush's first secretary of state, endorsed Democrat Barack Obama for president Sunday, and criticized the tone of Republican John McCain's campaign. (AP Photo/Meet The Press, Brendan Smialowski)

Anthony M. Quattrone

A due settimane dalla scadenza elettorale per le presidenziali Usa del 4 novembre, le strategie dei due candidati, quella del senatore repubblicano dell’Arizona, John McCain, e quella del senatore democratico dell’Illinois, Barack Obama, seguono traiettorie diverse, con il primo che tenta di risalire nei sondaggi nazionali, mentre il secondo cerca di vincere anche in quegli stati che non hanno dato la maggioranza ad un candidato presidenziale democratico negli ultimi quarant’anni. I sondaggi nazionali indicano Obama in vantaggio per una media di cinque punti percentuali, e, secondo i calcoli della Real Clear Politics, il candidato democratico potrebbe tranquillamente superare la soglia di 270 grandi elettori necessari per vincere la presidenza, ottenendo fra i 286 e i 364 voti dei 538 disponibili.

Nelle ultime due settimane di campagna elettorale, Obama potrà utilizzare proprio negli stati che votano tradizionalmente per candidati repubblicani, l’immensa forza economica che ha costruito nell’ultimo anno. Il senatore democratico ha raccolto, fino al 30 settembre, circa 618 milioni di dollari, fra cui 150 nel solo mese di settembre. La strategia di Obama sembrerebbe ora indirizzata a mettere McCain sulla difensiva proprio negli stati dove il candidato repubblicano poteva contare sulla tradizione a favore dei repubblicani. Obama andrà nelle prossime due settimane in quegli stati dove l’attuale presidente Bush ha vinto nelle elezioni precedenti: Colorado, Florida, Iowa, Nevada, Nuovo Mexico, Ohio, e Virginia. In questi stati, l’obiettivo dei democratici sarà anche quello di sostenere le campagne elettorali dei candidati democratici alla Camera e al Senato, oltre a creare qualche preoccupazione per McCain.

La strategia dei democratici è anche rivolta ad ottenere il consenso degli indecisi di centro e ai moderati che hanno votato repubblicano in passato. In quest’ottica, la decisione del generale Colin Powell di sostenere Obama, è particolarmente rilevante. L’imprimatur di Powell, Segretario di stato del primo governo del presidente George W. Bush, e Capo di stato maggiore delle forze armate americane durante le presidenze di Bush padre e di Bill Clinton, serve per rassicurare gli indecisi, particolarmente quelli più preoccupati per la sicurezza nazionale e per l’inesperienza del giovane senatore. Secondo Powell, il senatore Obama “dimostra fermezza, curiosità intellettuale, una profonda conoscenza e metodo nell’affrontare i problemi. Non cambia opinione ogni giorno, ma dimostra un vigore intellettuale. Penso che ha un modo di lavorare che sarebbe utile al paese”. Uno stratega repubblicano, Alex Castellano, ha confermato l’importanza del sostegno dell’ex segretario di stato ad Obama, dichiarando che “Powell è il bicchiere di latte caldo e biscotti per coloro che non possono dormire pensando alla mancanza d’esperienza di un presidente Obama”. Leggi tutto l’articolo!