Si vota: Barack Obama e John McCain allo sprint finale!

Elettronica e contestazioni permettendo, domani sapremo chi sarà il nuovo presidente Usa

Anthony M. Quattrone

Ci siamo. Gli americani oggi votano per eleggere non solo il successore di George W. Bush alla presidenza degli Stati Uniti, ma anche l’intera Camera, un terzo del Senato, e 11 governatori.  Secondo i sondaggi, i democratici sembrerebbero in procinto di conquistare la presidenza ed il Congresso, e sette cariche di governatore degli undici in palio.  Per le presidenziali, il senatore democratico dell’Illinois, Barack Obama è in testa contro il senatore repubblicano dell’Arizona, John McCain, secondo tutti i sondaggi che rilevano le tendenze degli elettori a livello nazionale.  Secondo i diversi sondaggi, il vantaggio di Obama varia dal cinque all’undici percento, ma, in tutti i casi, supera ampiamente il margine di errore dei singoli rilevamenti.

Lo staff di Obama non è convinto, tuttavia, che le indicazioni del voto popolare a livello nazionale possono garantire la presidenza per il candidato democratico.  Per vincere le elezioni, infatti, è necessario ottenere la maggioranza dei 538 grandi elettori che compongono il collegio elettorale.  Ad ogni stato è assegnato un numero di seggi in base al censimento della popolazione che si svolge ogni dieci anni.  In quasi tutti gli stati vige la regola che chi ottiene la maggioranza del voto popolare prende tutti i voti dei grandi elettori assegnati a quello stato.  E’ necessario raggiungere quota 270 per essere eletti presidente.  Secondo i sondaggi, Obama può contare su 238 grandi elettori, provenienti in larga parte dagli stati delle due coste e dagli stati bagnati dai grandi laghi, mentre McCain può contare su 132 voti provenienti dal sud e dal centro del paese.  La competizione di oggi sarà decisa da come voteranno gli stati “toss up”, quelli incerti, cui appartengono 128 voti.  Obama ha bisogno di conquistare almeno 32 voti, ma, secondo i sondaggi, potrebbe conquistarne 60, pescando addirittura in qualche stato che in passato ha votato consistentemente per i repubblicani.

In campo repubblicano, McCain spera di poter contare sui 200 grandi elettori che i sondaggi già gli attribuiscono, e riconquistare la Pennsylvania, con 14 voti, la Florida, con 27, e l’Ohio con 20, per arrivare a 268 grandi elettori.  Il miracolo potrebbe avverarsi per McCain se riuscisse anche a vincere in qualche altro stato “toss up” come la Virginia, con 13 voti.  Secondo tutti i maggiori organi di stampa americani, McCain è in netto recupero, e lo stesso Obama ha confermato che secondo i suoi collaboratori, lo scarto fra i due candidati sarà, alla fine, minimo. Leggi tutto l’articolo

Allarme razzismo: Obama teme “l’effetto Bradley”

Terzo dibattito presidenziale alle 3 di stanotte alla Hofstra University

Anthony M. Quattrone

Tom Bradley, un popolare sindaco nero di Los Angeles, perse nel 1982 contro un candidato bianco per le elezioni a governatore della California, dopo che le proiezioni dei sondaggi gli avevano costantemente previsto la vittoria. Nello studio dei sondaggi, si parla di “effetto Bradley” per descrivere una situazione in cui un rilevante numero d’elettori bianchi dichiara, durante i sondaggi, che sono sinceramente indecisi o che voteranno per un candidato non bianco, ma che poi, quando vanno effettivamente a votare, danno il voto in larga parte al candidato bianco. Per Jason Carroll della Cnn, l’effetto Bradley è una vera incognita che potrebbe influenzare l’attuale campagna elettorale, che vede, secondo la media degli ultimi sondaggi nazionali, il senatore democratico dell’Illinois, Barack Obama, in vantaggio sul senatore dell’Arizona, John McCain, per una media di otto punti percentuali per la presidenza degli Stati Uniti.

Nei sondaggi nazionali, il Washington Post del 14 ottobre da Obama in vantaggio per dieci punti su McCain, per 53 a 43 percento, confermando i dati della Gallup del 12 ottobre che da il candidato democratico in vantaggio per 52 a 43,5 percento. Per la Reuters del 13 ottobre, Obama conduce per 49 a 43, mentre per la Rasmussen dello stesso giorno, Obama è in vantaggio per 50 a 45 percento. Nei sondaggi condotti in Florida, Ohio, e Pennsylvania, tre degli Stati che potrebbero decidere le prossime elezioni presidenziali, Obama ha un vantaggio sicuro solo in Pennsylvania, dove ha un margine del 13,4 percento. In Florida, i sondaggi indicano Obama in vantaggio per una media del cinque percento, mentre in Ohio, il vantaggio è uno striminzito 3,2 percento.

I dati nazionali e quelli degli Stati ballerini preoccupano quegli analisti democratici che credono nel potenziale dell’effetto Bradley. Il giornalista Jason Caroll informa, infatti, che, secondo alcuni studiosi, l’effetto Bradley inciderebbe nelle elezioni americane per circa il sei percento a danno di un candidato afro-americano, quando è in gara contro un bianco. Nel caso delle elezioni presidenziali in corso, dove in alcuni stati “ballerini” il margine a favore di Obama è inferiore al sei percento, l’effetto Bradley potrebbe risultare decisivo nell’assegnazione dei voti elettorali in palio. Si ricorda che in quasi tutti gli Stati, la competizione elettorale per la presidenza americana prevede che il vincitore del voto popolare in uno Stato si aggiudica tutti i voti elettorali assegnati a quello Stato. La presidenza si vince quando un candidato riesce ad ottenere 270 dei 538 voti disponibili. Leggi tutto l’articolo!

L’economia USA va giù, Obama va su

Bush chiede agli americani uno sforzo da 700 miliardi di dollari

Anthony M. Quattrone

Quando nel bel mezzo di una crisi politica, economica, o militare il Presidente degli Stati Uniti parla alla nazione, in diretta durante il “prime time” televisivo, si può essere certi che gli americani di tutte le fedi, classi, razze, e tendenze politiche lo ascoltano attentamente.  George W. Bush ha parlato al Paese per 15 minuti la sera di mercoledì, 24 settembre, per informare gli americani sulla gravità della condizione dell’economica statunitense, scatenata dalla crisi dei mutui, e per esortare il Congresso ad approvare un piano di salvataggio di banche ed assicurazioni dal costo di 700 miliardi di dollari.  Una frase di Bush ha gelato milioni d’americani: “La nostra intera economia è in pericolo”.

President George W. Bush addresses the nation from the East Room of the White House, Wednesday evening, Sept. 24, 2008, on the nations financial crisis. President Bush has invited legislative leaders from the House and Senate, including both Presidential candidates, to a meeting Thursday at the White House to discuss a bipartisan plan to rescue the economy. White House photo by Eric Draper
President George W. Bush addresses the nation from the East Room of the White House, Wednesday evening, Sept. 24, 2008, on the nation's financial crisis. President Bush has invited legislative leaders from the House and Senate, including both Presidential candidates, to a meeting Thursday at the White House to discuss a bipartisan plan to rescue the economy. White House photo by Eric Draper

Il progetto, messo a punto dal segretario al Tesoro, Henri M. Paulson Jr., e dal presidente della banca federale, Ben S. Bernanke, dovrebbe servire per ridare stabilità ai mercati e per garantire livelli di liquidità necessari per evitare il collasso dell’intero sistema economico americano, che rischierebbe di creare una reazione a catena coinvolgendo l’intera economia mondiale.  Il presidente Bush non ha usato mezzi termini per descrivere la gravità del momento, dichiarando che se il Congresso non approvasse il piano di salvataggio, si andrebbe “incontro ad una lunga e dolorosa recessione, con milioni d’americani che perderebbero il loro posto di lavoro”.  Il governo americano è particolarmente preoccupato per le sorti del patrimonio assicurativo e pensionistico di milioni di americani in caso di fallimento a catena delle assicurazioni e delle banche nazionali.

Il Congresso americano è intenzionato ad approvare il grosso del piano dell’amministrazione Bush, ma vuole che alcune correzioni siano applicate alle misure proposte.  I democratici, in particolare, vorrebbero che le misure siano equilibrate fra quelle che interessano Wall Street, vale a dire le imprese e i mercati, e quelle che interessano la cosiddetta “Main Street”, in altre parole, l’americano medio.  Repubblicani e democratici non vogliono che le misure per salvare l’economia finiscano per premiare quegli “executive” delle società che oggi sono in bancarotta, i quali potrebbero ricevere milioni di dollari come indennità di licenziamento o a titolo di buon’uscita.  I senatori e i deputati repubblicani e democratici vorrebbero inserire, nelle proposte fatte da Bush, alcune clausole che dovrebbero garantire, da parte di quelle ditte che avranno profitti nel futuro, la restituzione totale o in parte dei fondi stanziati dal governo. Leggi tutto l’articolo!

McCain avanti nei sondaggi, Obama nei voti elettorali

Democratic presidential candidate Sen. Barack Obama, D-Ill. speaks during a rally in Manchester, N.H., Saturday, Sept. 13, 2008. (AP Photo/Chris Carlson)
Democratic presidential candidate Sen. Barack Obama, D-Ill. speaks during a rally in Manchester, N.H., Saturday, Sept. 13, 2008. (AP Photo/Chris Carlson)

Anthony M. Quattrone

I sondaggi nazionali per le presidenziali Usa del prossimo novembre, pubblicati il 10 settembre, hanno sancito il sorpasso da parte del candidato repubblicano, il senatore dell’Arizona, John McCain, nei confronti del candidato democratico, il senatore dell’Illinois, Barack Obama.  Il rilevamento del Gallup Tracking indica McCain in vantaggio su Obama per 48 a 44 percento; quello della Fox News segna il candidato repubblicano in vantaggio per 45 a 42; mentre il sondaggio del Rasmussen Tracking mostra un pareggio al 48 percento.  Per alcuni analisti, la forte impennata di McCain nei sondaggi va attribuita sia all’entusiasmo generato dallo svolgimento della Convention Repubblicana, terminata il 4 settembre a Minneapolis-St. Paul, Minnesota, sia dalla nomina della governatrice dell’Alaska, Sarah Palin, come candidata alla vice presidenza sul ticket repubblicano.

Secondo Bob Beckel, un analista della FOX News, il balzo in avanti di McCain potrebbe essere spiegato dall’effetto sorpresa della nomination della Palin, vista di buon occhio dalla destra religiosa, e dall’entusiasmo generato nel periodo post convention.  Beckel nota, tuttavia, che l’entusiasmo attorno alla Palin potrebbe dissiparsi in brevissimo tempo perché “in politica, la sovraesposizione mediatica causa una perdita di freschezza del prodotto politico, e così sarà anche per la Palin”, la quale potrebbe aver toccato il massimo dei consensi durante l’ultima settimana, e sarebbe, pertanto, destinata ad un ridimensionamento.  Il giornalista della Fox News fa notare che il tentativo da parte dell’organizzazione elettorale di McCain di tenere i giornalisti lontani dalla Palin non potrà durare a lungo, e quando la stampa comincerà ad esercitare il suo mestiere investigativo fino in fondo, la candidata alla vice presidenza dovrà rispondere a numerose domande potenzialmente imbarazzanti.

Republican presidential nominee Senator John McCain arrives to accept the Republican presidential nomination at the 2008 Republican National Convention in St. Paul, Minnesota September 4, 2008. (Shannon Stapleton/Reuters)
Republican presidential nominee Senator John McCain arrives to accept the Republican presidential nomination at the 2008 Republican National Convention in St. Paul, Minnesota September 4, 2008. (Shannon Stapleton/Reuters)

Secondo Timothy J. Burgher e Tony Hopfinger di Bloomberg News, la governatrice, presentata dai repubblicani come una riformatrice impegnata in una battaglia per il buon governo e indenne dall’influenza delle lobby, sarà chiamata a spiegare alcune assunzioni nella sua amministrazione in Alaska, accuse d’abuso di potere nei confronti di un ex cognato, ed accuse riguardanti alcuni suoi affari economici.

Mentre la stampa si prepara a mettere sotto i riflettori la governatrice dell’Alaska, l’attenzione degli strateghi dei due partiti si concentra ora su dati statistici e demografici nei diversi stati.  Il sistema elettorale americano prevede, in generale, che il candidato che ottiene la maggioranza dei voti popolari in uno stato si aggiudica tutti i voti elettorali assegnati a quello stato.  I voti elettorali sono assegnati in base al numero dei cittadini residenti in quello stato alla data dell’ultimo censimento.  Il candidato che raggiunge 270 dei 538 voti elettorali in palio, diventa presidente. Leggi tutto l’articolo!

L’uragano Palin si “abbatte” sulle presidenziali Usa

Republican presidential candidate John McCain and his running mate Sarah Palin celebrate on stage at the end of the Republican National Convention in St Paul, Minnesota on September 4.  (AFP/Robyn Beck)
Republican presidential candidate John McCain and his running mate Sarah Palin celebrate on stage at the end of the Republican National Convention in St Paul, Minnesota on September 4. (AFP/Robyn Beck)

Anthony M. Quattrone

Ora che le Convention dei due partiti si sono concluse, l’attenzione degli esperti e dei sondaggisti USA si concentrano sui quei fattori che potrebbero influenzare in modo decisivo come voteranno gli americani alle presidenziali del prossimo novembre.  L’entusiasmante prova del candidato democratico, il senatore dell’Illinois, Barack Obama, durante la Convention democratica che si è svolta durante l’ultima settimana di agosto, è stata ampiamente pareggiata dall’altrettanta brillante performance del “ticket” repubblicano, composto dal candidato presidente, il senatore dell’Arizona, John McCain, e dalla candidata alla vicepresidenza, la governatrice dell’Alaska, Sarah Palin, durante la Convention repubblicana che si è tenuta nella prima settimana di settembre. I discorsi dei due candidati repubblicani sono stati seguiti da oltre 38 milioni di ascoltatori a testa.  Secondo un sondaggio della Rasmussen Reports pubblicato il 5 settembre 2008, l’entusiasmo per la Palin ha addirittura messo in secondo piano, almeno per il momento, sia Obama, sia McCain, registrando per la governatrice dell’Alaska un giudizio favorevole del 58 percento degli intervistati, contro il 57 percento sia per Obama, sia per McCain, seguiti dal 48 percento per il senatore del Delaware, Joe Biden, il candidato democratico alla vicepresidenza.

E’ ancora troppo presto per valutare se la scelta della governatrice Palin, come candidata alla vice presidenza, da parte di McCain servirà per garantire a quest’ultimo l’appoggio della destra religiosa.  La Palin ha certamente a suo favore l’immagine di donna forte e ispirata dal credo dei cristiani evangelici americani, come è descritta da Kirk Johnson And Kim Severson in un articolo del New York Times intitolato “Nella vita e nella politica della Palin, l’obiettivo è di seguire la volontà di Dio”. La Palin abbraccia un credo che unisce la lotta contro l’aborto e al matrimonio gay, con il diritto di portare un’arma per cacciare e per difendersi, l’uso estensivo della pena di morte, e l’interpretazione letterale della Bibbia  Mentre il carisma della Palin potrà forse servire a McCain per portare alle urne una parte dei 30 milioni di evangelici che tradizionalmente votano repubblicano, ma che non hanno particolari simpatie per lui, a causa di alcune sue posizioni liberali sui temi sociali, non è certo che l’immagine di cacciatrice e forte sostenitrice della pena di morte, e di ex cattolica, sia in linea con le intenzioni di voto di milioni di cattolici e delle donne in generale. Leggi tutto l’articolo!

Obama e McCain, la vittoria potrebbe venire dai vice

Democratic presidential nominee Sen. Barack Obama, D-Ill., gives a thumbs up after speaking at the Democratic National Convention in Denver, Thursday, Aug. 28, 2008. (AP Photo/Jeff Chiu)
Democratic presidential nominee Sen. Barack Obama, D-Ill., gives a thumbs up after speaking at the Democratic National Convention in Denver, Thursday, Aug. 28, 2008. (AP Photo/Jeff Chiu)

Anthony M. Quattrone

Giovedì sera si è conclusa a Denver, nel Colorado, la Convention del Partito democratico che ha incoronato il senatore dell’Illinois, Barack Obama, come candidato ufficiale del partito per le elezioni presidenziali americane del 4 novembre. Dinnanzi ad oltre ottantamila partecipanti, Obama ha tenuto un discorso in cui ha toccato i temi fondamentali che dovrebbero marcare la sua presidenza: lo stato dell’economia, il sistema sanitario nazionale, la condizione delle scuole, e la sicurezza degli Stati Uniti.

La settimana prossima sarà il turno dei repubblicani, che terranno la loro Convention dall’1 al 4 settembre 2008 a Minneapolis-St. Paul, nel Minnesota, dove il senatore dell’Arizona, John McCain, dovrebbe annunciare il nome del candidato repubblicano alla vice presidenza.

Pochi giorni prima della Convention democratica, Obama aveva scelto il senatore del Delaware, Joseph Biden, come candidato alla vice presidenza. Con la scelta di Biden, gli strateghi democratici speravano e sperano ancora di convincere quegli elettori preoccupati per l’apparente mancanza di esperienza del giovane senatore afro americano a sostenerlo. Biden, senatore dal 1973, porta un enorme bagaglio d’esperienza sia in politica estera, sia nel campo giudiziario. Dal 1987 al 1995, Biden è stato il presidente della commissione giustizia del Senato, partecipando a diverse audizioni per nominare giudici alla Corte Suprema. Successivamente, si è alternato con i repubblicani alla presidenza dell’importante commissione politica estera del senato, di cui è attualmente il presidente. Leggi tutto l’articolo!

Il voto degli americani si baserà sull’economia

I piani economici di McCain e Obama dinnanzi agli elettori Usa

Anthony M. Quattrone

L’economia americana è sempre in primo piano nelle presidenziali USA.  Secondo un sondaggio della CNN/Opinion Research Corp, il 48 percento degli intervistati pensa che l’economia sarà il fattore che maggiormente influenzerà come voterà a novembre.  Gli americani che dichiarano che la loro decisione di voto si baserà sul fattore economico è in netta salita, dal 35 percento di gennaio, e dal 42 percento di giugno.  Sempre secondo il sondaggio, solo il 18 percento degli intervistati indica, come fattore primario, la guerra in Iraq, mentre il 13 percento indica il tema dell’assistenza sanitaria.

Sempre secondo il sondaggio della Cnn, il 54 percento degli intervistati crede che il senatore democratico dell’Illinois, Barack Obama, ha una migliore ricetta per curare l’economia, contro il 43 percento che favorisce le politiche economiche annunciate dal senatore repubblicano dell’Arizona, John McCain.  Secondo Mark Vitner, un’economista della banca Wachovia, “quando l’economia va male, la preferenza degli elettori è di solito per il partito che sta all’opposizione”.  Vitner precisa, tuttavia, che “storicamente, quando i consumatori sono preoccupati a proposito dell’inflazione, tendono a votare per i repubblicani, mentre quando sono preoccupati per l’occupazione, tendono a votare democratico”.  McCain, pertanto, potrebbe trovare beneficio dall’inflazione che inizia a farsi sentire. Leggi tutto l’articolo!

McCain e Obama non superano il 50 percento nei sondaggi.

Testa a testa fra McCain e Obama nei sondaggi

Anthony M. Quattrone

Fra un mese si svolgerà la Convention democratica a Denver, Colorado, dove il senatore dell’Illinois, Barack Obama, riceverà l’investitura ufficiale come candidato del partito alle presidenziali Usa del prossimo novembre. Infatti, per il momento, Obama è il “presumptive candidate” (il candidato presunto o supposto) democratico, così come lo è il senatore dell’Arizona, John McCain, per i repubblicani, fino a quando non riceverà l’investitura ufficiale del partito durante la Convention che si terrà a St. Paul, Minnesota, ai primi di settembre.

Albert R. Hunt, dell’agenzia Bloomberg News, ha scritto sull’ International Herald Tribune, del 28 luglio 2008, che le elezioni presidenziali americani ricordano le diverse fasi dell’iter scolastico. Durante le primarie, i candidati si comportano come gli studenti delle elementari, “con una partenza eccitante e imprevedibile”. Nella fase finale, dopo l’investitura ufficiale delle rispettive Convention, si comportano come studenti della scuola secondaria superiore, che agiscono con la consapevolezza che la posta in gioco è il proprio futuro. Fra la fine delle primarie e l’investitura ufficiale delle Convention, c’è un periodo paragonabile alle scuole medie, che Hunt definisce “una disagevole e innaturale esistenza che ti prepara per il grande palcoscenico”.

Seguendo questa metafora, secondo Hunt, Obama sta imparando tantissimo e sta ottenendo il massimo dei voti durante “la scuola media,” mentre McCain sta ottenendo appena la sufficienza. Per Hunt, Obama sta utilizzando il periodo fra la fine delle primarie e l’inizio della Convention democratica magistralmente, come può essere dimostrato dal successo del viaggio di otto giorni all’estero, dove ha potuto sfoggiare uno stile “presidenziale e rassicurante, evitando passi falsi”. Hunt descrive il contrasto fra l’immagine di un Obama “vigoroso nell’elicottero che sorvola l’Iraq, mentre McCain si è fatto ritrarre in un campo di golf, spostandosi in un veicolo elettrico, assieme all’ex presidente, George H. W. Bush — 155 anni in due”. Leggi tutto l’articolo!

Obama conquista Berlino.

Obama in Berlin after speechAnthony M. Quattrone

Abbiamo atteso 45 anni per vedere un politico americano riempire le strade di una grande capitale dell’Europa occidentale piena di sostenitori e simpatizzanti con tante bandiere americane, e non di contestatori anti-americani pronti a lanciare bombe molotov e bruciare il vessillo a stelle e strisce. Secondo la polizia di Berlino, oltre 200 mila persone hanno riempito la Tiergarten Park e la strada che collega la Colonna della Vittoria alla storica porta di Brandenburgo, per ascoltare il primo discorso del tour europeo del candidato democratico alla presidenza Usa, il senatore dell’Illinois, Barack Obama.

Il 28 giugno del 1963, il 35mo presidente degli Stati Uniti, John F. Kennedy, pronunciò uno storico discorso dinnanzi a 120 mila berlinesi, da un balcone del municipio della Berlino libera, la Schöneberg Rathaus, dichiarando che “tutti gli uomini liberi, ovunque si trovino, sono cittadini della libera Berlino. E pertanto, come uomo libero, mi vanto di pronunciare le parole ‘Ich bin ein Berliner’ (ndt: io sono un berlinese)”. Obama non ha detto niente di altrettanto storico e eclatante il 24 luglio nel discorso che ha tenuto a Berlino, ma ha saputo dare un chiaro e convincente messaggio all’Europa: se diventerà il nuovo presidente americano, la musica da Washington cambierà, perché l’America di Obama è quella della solidarietà con chi soffre, della giustizia sociale, delle pari opportunità, ma anche l’America che si dona completamente e generosamente nella lotta per  la libertà, cioè l’America che la gran parte degli europei ama.

Nel suo discorso Obama ha toccato i principali temi della politica estera americana, spaziando dalla guerra al terrorismo, alla questione del nucleare in Iran, e la guerra in Iraq, evitando di criticare direttamente sia il presidente in carica, George W. Bush, sia il candidato repubblicano, il senatore dell’Arizona, John McCain. Anche se Obama ha preso atto che non sempre gli Usa hanno agito nel migliore dei modi, ha voluto ribadire il suo patriottismo prendendo atto che “il mio Paese non è perfetto. Ci sono state occasioni in cui abbiamo dovuto lottare per i nostri diritti. Abbiamo fatto degli errori. Ma questo non diminuisce l’amore che ho verso la mia Patria”. Leggi tutto l’articolo!

Obama inizia il suo viaggio all’estero.

Uno staff di 300 collaboratori lo assiste per la politica estera

Anthony M. Quattrone

Ha destato molto interesse la notizia diffusa il 18 luglio 2008 dalla giornalista del New York Times, Elisabeth Bumiller, che il candidato democratico alle presidenziali USA del 2008, il senatore dell’Illinois, Barack Obama, ha una squadra di circa 300 persone che lavorano per lui in materia di politica estera.  La Bumiller descrive un’equipe organizzata come un piccolo “dipartimento di stato”, suddivisa per temi o zone geografiche in venti diversi gruppi di lavoro.  Ogni mattina, entro le 8, la squadra produce, dal quartiere generale di Chicago, due e-mail per Obama.  La prima descrive gli eventi internazionali delle precedenti 24 ore, mentre la seconda fornisce una serie di possibili domande che potrebbero essere rivolte al candidato democratico da parte della stampa, suggerendo anche le risposte.

Il cuore della squadra è composto di ex collaboratori minori del governo del presidente Bill Clinton, cui si stanno affiancando ora anche quelli più blasonati, come gli ex segretari di stato, Madeleine Albright e Warren Christopher, i quali, durante le recenti primarie, hanno sostenuto la senatrice di New York, Hillary Clinton. Leggi tutto l’articolo!