Primarie USA: Obama vede il traguardo

Portorico alla Clinton. Compromesso su Michigan e Florida. Obama in dirittura d’arrivo.

Anthony M. Quattrone

Il fine settimana appena trascorso, l’ultimo della stagione delle primarie democratiche USA, è stato particolarmente intenso sul fronte delle manovre interne al partito, mettendo in secondo piano lo scontro elettorale che si è svolto domenica in Portorico, dove, come ampiamente previsto, la senatrice di New York, Hillary Clinton, ha battuto il senatore dell’Illinois, Barack Obama.

Sabato, 31 maggio, la direzione democratica ha riunito il “Rules and Bylaws Committee”, il comitato composto di 27 votanti, responsabile per le regole e le norme del partito, per valutare la richiesta fatta sia dalla campagna elettorale della Clinton, sia dai rappresentanti dei partiti democratici statali della Florida e del Michigan, di contare anche i voti popolari e i delegati espressi dai due stati nei risultati finali delle primarie democratiche.

Si ricorderà che Florida e Michigan sono stati puniti dalla direzione del partito per aver anticipato le rispettive primarie a date precedenti al 5 febbraio, in violazione a quanto stabilito dal partito.  Quando il Michigan ha condotto le sue primarie il 15 gennaio, e la Florida il 29 gennaio, i partiti democratici di entrambi gli stati erano consapevoli che le loro consultazioni non avrebbero avuto alcun effetto né in termini di voto popolare, né in termini di delegati da mandare alla Convention democratica del prossimo agosto a Denver.  Nessuno dei candidati democratici, fra quelli che erano ancora in gara in quel momento, partecipò alla campagna elettorale nei due stati, e, mentre in Florida sulle schede elettorali comparivano i nomi di tutti i candidati in gara, nel caso del Michigan, sulle schede usate per le votazioni, non c’erano i nomi di tutti i candidati, ed in particolare, mentre c’era il nome della Clinton, mancava quello di Obama.

In Florida, l’ex first lady ottenne quasi il 50 percento del voto popolare, contro il 33 per Obama, e il 14 per l’ex senatore del Nord Carolina, John Edwards, che oggi è un sostenitore di Obama.  In Michigan, la Clinton ottenne il 55 percento del voto popolare, mentre il 45 votò “non impegnato”.

Il comitato regole e norme ha raggiunto un compromesso che permetterà a tutti i delegati di entrambi gli stati di partecipare alla convention di Denver, ma con mezzo voto a testa.  Il comitato ha deciso all’unanimità di assegnare 52,5 delegati della Florida alla Clinton, 34,5 ad Obama, e 5,5 a Edwards.

Nel caso del Michigan, il comitato è risultato spaccato, votando per 18 a 9 su come ripartire i delegati, assegnando 34,5 alla Clinton, e 29,5 ad Obama.  Questa decisione ha fatto gridare allo scandalo Harold Ickes, un consigliere della Clinton, il quale accusa il comitato regole e norme, di cui fa parte, di aver dirottato quattro delegati dall’ex first lady ad Obama, dichiarando che si riservava di consigliare alla Clinton di presentare appello contro questa decisione direttamente alla Convention di Denver.  Fra i 18 membri del comitato che hanno votato a favore del compromesso sui delegati del Michigan, cinque sono sostenitori della senatrice di New York.

Il compromesso che il comitato regole e norme ha raggiunto soddisfa parzialmente le differenti parti in causa.  Da un lato, la direzione del partito ha la necessità di ribadire che nessuno stato può cambiare le date delle primarie in violazione delle decisioni prese in ambito nazionale, senza subire penali.  Dall’altro lato, la direzione vuole evitare di alienare gli elettori di due stati che potrebbero rivelarsi fondamentali nelle prossime elezioni.  La Florida, in particolare, è stata già al centro di diverse elezioni nazionali, come nel 2000 quando per una manciata di voti, George W. Bush, riuscì a battere il candidato democratico Al Gore in quello stato, vincendo così anche le elezioni nazionali.

I partiti democratici dei due stati si possono ritenere soddisfatti perchè sono riusciti a ribaltare una decisione che li penalizzava totalmente, e potranno così partecipare alla Convention di Denver, con le delegazioni al completo, anche se con il potere di voto dimezzato.  La Clinton potrà raccontare di essersi battuta per far contare i voti degli elettori democratici della Florida e del Michigan.  Obama è riuscito a tenersi da un lato fuori della polemica, e, dall’altro, ha ridotto a solo 16 il recupero della Clinton nel conteggio dei delegati, un numero irrisorio considerando l’attuale distacco.

Il giorno dopo il compromesso raggiunto su Florida e Michigan, si sono svolte le primarie a Portorico, le quali si sono concluse con la prevista vittoria della Clinton, cui è andato il 67 percento del voto popolare, contro il 33 per Obama.  Dei 55 delegati in palio, la Clinton ha conquistato 38, contro 17 per Obama.

Fino a venerdì scorso, la quota da raggiungere per ottenere la nomina a candidato democratico da opporre al repubblicano John McCain, il senatore dell’Arizona, era di 2.025.  Tuttavia, dopo il compromesso su Florida e Michigan, la nuova quota da raggiungere è di 2.118.  Pertanto, dopo le consultazioni a Portorico e la divisione dei delegati del Michigan e della Florida, con 87 per la Clinton e 63 per Obama, la nuova situazione vede Obama in testa con un totale di 2.068 fra delegati e superdelegati, contro 1.914 per la Clinton.  Secondo i nuovi calcoli, ad Obama mancherebbero per la nomination solo 50 delegati, che mirerebbe a racimolare non solo fra i 31 in palio martedì in Sud Dakota e nel Montana, ma necessariamente anche fra i 170 superdelegati che non si sono ancora espressi.

Pubblicato il 3 giugno 2008 su Agenzia Radicale.

Autore: Tony Quattrone

Tony Quattrone è stato eletto rappresentante del Partito Democratico USA in Italia dal marzo 2015 al marzo 2017 (Democrats Abroad Italy-Chair). Ora vive a Houston, Texas, dove milita nel Partito Democratico della Contea di Harris. Ha vissuto in Italia per quasi 50 anni, dove ha lavorato prima per i programmi universitari del Dipartimento della Difesa USA, e poi come Capo delle Risorse Civili del Comando NATO di Napoli. Ha pubblicato oltre 200 articoli in italiano per diverse testate (Quaderni Radicali, Il Denaro, L'Avanti, ecc.) ed è stato intervista più volte dalla RAI e altre emittenti in Italia a proposito delle elezioni USA.