L’uragano Palin si “abbatte” sulle presidenziali Usa

Republican presidential candidate John McCain and his running mate Sarah Palin celebrate on stage at the end of the Republican National Convention in St Paul, Minnesota on September 4.  (AFP/Robyn Beck)
Republican presidential candidate John McCain and his running mate Sarah Palin celebrate on stage at the end of the Republican National Convention in St Paul, Minnesota on September 4. (AFP/Robyn Beck)

Anthony M. Quattrone

Ora che le Convention dei due partiti si sono concluse, l’attenzione degli esperti e dei sondaggisti USA si concentrano sui quei fattori che potrebbero influenzare in modo decisivo come voteranno gli americani alle presidenziali del prossimo novembre.  L’entusiasmante prova del candidato democratico, il senatore dell’Illinois, Barack Obama, durante la Convention democratica che si è svolta durante l’ultima settimana di agosto, è stata ampiamente pareggiata dall’altrettanta brillante performance del “ticket” repubblicano, composto dal candidato presidente, il senatore dell’Arizona, John McCain, e dalla candidata alla vicepresidenza, la governatrice dell’Alaska, Sarah Palin, durante la Convention repubblicana che si è tenuta nella prima settimana di settembre. I discorsi dei due candidati repubblicani sono stati seguiti da oltre 38 milioni di ascoltatori a testa.  Secondo un sondaggio della Rasmussen Reports pubblicato il 5 settembre 2008, l’entusiasmo per la Palin ha addirittura messo in secondo piano, almeno per il momento, sia Obama, sia McCain, registrando per la governatrice dell’Alaska un giudizio favorevole del 58 percento degli intervistati, contro il 57 percento sia per Obama, sia per McCain, seguiti dal 48 percento per il senatore del Delaware, Joe Biden, il candidato democratico alla vicepresidenza.

E’ ancora troppo presto per valutare se la scelta della governatrice Palin, come candidata alla vice presidenza, da parte di McCain servirà per garantire a quest’ultimo l’appoggio della destra religiosa.  La Palin ha certamente a suo favore l’immagine di donna forte e ispirata dal credo dei cristiani evangelici americani, come è descritta da Kirk Johnson And Kim Severson in un articolo del New York Times intitolato “Nella vita e nella politica della Palin, l’obiettivo è di seguire la volontà di Dio”. La Palin abbraccia un credo che unisce la lotta contro l’aborto e al matrimonio gay, con il diritto di portare un’arma per cacciare e per difendersi, l’uso estensivo della pena di morte, e l’interpretazione letterale della Bibbia  Mentre il carisma della Palin potrà forse servire a McCain per portare alle urne una parte dei 30 milioni di evangelici che tradizionalmente votano repubblicano, ma che non hanno particolari simpatie per lui, a causa di alcune sue posizioni liberali sui temi sociali, non è certo che l’immagine di cacciatrice e forte sostenitrice della pena di morte, e di ex cattolica, sia in linea con le intenzioni di voto di milioni di cattolici e delle donne in generale.

La speranza che la Palin possa portare al ticket repubblicano il voto delle donne democratiche o indipendenti, amareggiate per l’esclusione dal ticket democratico della senatrice di New York, Hillary Clinton, sta già scemando fra gli strateghi repubblicani.  Mentre McCain, Obama e Biden sono stati sotto i riflettori degli organi d’informazione durante le primarie, ed in alcuni casi per decine di anni, come nel caso dei due senatori più anziani, McCain e Biden, la Palin è relativamente sconosciuta, e sta diventando il bersaglio di indagini approfondite da parte dei giornali e delle televisioni, ma, mentre gli altri candidati hanno avuto il tempo necessario per tentare di ridurre i danni causati da “rivelazioni” fatte dai media, la Palin potrebbe non avere il tempo per difendersi.  Giornalisti e opinionisti faranno il loro lavoro, e la vita politica e privata della Palin sarà data in pasto all’opinione pubblica, come succede da sempre in America.

Non solo il vaglio dei media, ma anche qualche posizione estrema della Palin preoccupano gli strateghi repubblicani.  Per esempio, Scot Lehigh del Boston Globe, nota, in un articolo del 5 settembre, che per la Palin, le truppe americane sono in Iraq a svolgere un compito da parte di Dio. Questo tipo di retorica può andare bene per la destra religiosa, ma non servirà per vincere i voti del centro moderato e di quei credenti che preferirebbero non imputare a Dio la decisione di invadere l’Iraq.

Secondo molti opinionisti e sondaggisti americani, la situazione economica del paese continua ad essere il fattore decisivo nelle intenzioni di voto degli americani.  Secondo un rapporto pubblicato il 5 settembre 2008 dall’ufficio di statistica del governo USA, nel mese di agosto la disoccupazione è salita per l’ottavo mese consecutivo, arrivando al 6,1 percento, il massimo degli ultimi cinque anni.  Nel solo mese di agosto, sono stati persi 84 mila posti di lavoro, non legati alle attività agricole stagionali, portando il totale dei posti persi dall’inizio dell’anno a 605 mila.

Obama ha immediatamente commentato il rapporto governativo durante un comizio elettorale a Duryea, Pennsylvania, uno stato con molti lavoratori industriali, dichiarando che “qualcuno potrebbe pensare che George Bush e il suo potenziale successore repubblicano, John McCain, si stessero preoccupando dell’economia e di tutti i posti di lavoro che sono stati persi durante la loro direzione, ma, se avete visto la Convention nazionale repubblicana durante gli ultimi giorni, non vi sareste nemmeno accorti che abbiamo raggiunto il più alto livello di disoccupazione degli ultimi cinque anni.”. Louis Uchitelle, del New York Times, riferisce in un articolo del 6 settembre 2008, che McCain ha commentato il rapporto governativo con una breve dichiarazione scritta, in cui promette che come presidente prenderà le iniziative necessarie “per creare posti di lavoro, per aiutare le piccole imprese, e per espandere le opportunità ed aprire i mercanti per i prodotti americani”.

Secondo Bob Herbert del New York Times, per la maggioranza degli elettori, i temi della disoccupazione, della perdita di potere d’acquisto degli stipendi, dell’alto costo dell’assistenza sanitaria, della crisi dei mutui, e dei fallimenti di diverse banche ed imprese, determineranno il voto degli elettori, ai quali ricorda in un articolo del 6 settembre che “le politiche nazionali che hanno portato alla crisi attuale sono state redatte e implementate sotto guida repubblicana, e che in larga parte queste hanno favorito i ricchi a spese dei lavoratori.”

McCain e Obama dovranno convincere gli elettori americani, nelle prossime settimane, di avere una chiara concezione delle difficoltà che l’americano medio sta incontrando nella vita di tutti i giorni, e che la ricetta che propongono sia, da un lato, realistica, e dall’altro, non è fatta solo di vuote promesse elettorali.  Aspetti cosmetici e di facciata, come l’elezione del primo presidente afro americano, o di una donna che è eletta per la prima donna vice presidente, o di un eroe nazionale come comandante in capo, avranno più importanza dopo le elezioni.  Nel frattempo, tutte le indicazioni sono che le presidenziali saranno decise dalle cosiddette “bread-and-butter issues” (i temi relativi al pane e burro, vale a dire, le questioni economiche), come si dice negli Usa.

Autore: Tony Quattrone

Tony Quattrone è stato eletto rappresentante del Partito Democratico USA in Italia dal marzo 2015 al marzo 2017 (Democrats Abroad Italy-Chair). Ora vive a Houston, Texas, dove milita nel Partito Democratico della Contea di Harris. Ha vissuto in Italia per quasi 50 anni, dove ha lavorato prima per i programmi universitari del Dipartimento della Difesa USA, e poi come Capo delle Risorse Civili del Comando NATO di Napoli. Ha pubblicato oltre 200 articoli in italiano per diverse testate (Quaderni Radicali, Il Denaro, L'Avanti, ecc.) ed è stato intervista più volte dalla RAI e altre emittenti in Italia a proposito delle elezioni USA.

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