Repubblicani Usa allo sbando: a chi la leadership del partito?
Anthony M. Quattrone
La sconfitta subita nei turni elettorali del 2006 e del 2008 da parte del Grand Old Party (GOP), come è chiamato il partito repubblicano americano, ha scatenato una profonda lacerazione fra conservatori moderati e quelli più oltranzisti. La conquista da parte dei democratici del Congresso nel 2006, e della presidenza nel 2008, con la vittoria di Barack Obama contro il repubblicano John McCain, ha scosso il GOP fino alle sue fondamenta.
L’ala oltranzista del GOP lamenta l’abbandono da parte del partito di una linea a difesa dei valori legati alla patria, la religione, e alla famiglia. I moderati controbattono che il partito dovrebbe tentare di allargare la sua base, cercando di non cadere nell’estremismo, in particolare sulle questioni che toccano le opinioni etiche, che, di solito, per i conservatori liberali sono considerati strettamente personali. E così, mentre il conservatore moderato è disponibile ad aprire un dibattito con l’amministrazione Obama su qualsiasi tema, l’estremista pone un rifiuto categorico a qualsiasi discorso con l’amministrazione, tacciata di propensioni al socialismo.
Gli americani hanno seguito con stupore gli attacchi che l’ex vice presidente, Dick Cheney, e il commentatore radiofonico, Rush Limbaugh, hanno condotto contro l’ex Segretario di Stato del primo governo Bush, il generale Colin Powell, durante il corso delle ultime settimane. Cheney è arrivato a chiedersi, durante un programma televisivo nazionale, se Powell era ancora un repubblicano, o se aveva, di fatto, abbandonato il partito, quando aveva annunciato che avrebbe votato per Obama durante le elezioni dello scorso novembre. Limbaugh è andato oltre, definendo Powell un voltagabbana, e il candidato repubblicano alle scorse presidenziali, McCain, un falso repubblicano.
Secondo Cheney e Limbaugh, i repubblicani possono vincere le elezioni in America solo abbracciando posizioni realmente conservatrici su tutti i temi, da quelli etici, a quelli economici, da quelli legati alla sicurezza nazionale, a quelli sociali, come la lotta contro il matrimonio fra persone dello stesso sesso, la lotta contro l’aborto, e anche l’imposizione di limiti federali sulla ricerca sulle cellule staminali.
Per il generale Powell, è necessario, invece, che il partito repubblicano lasci entrare idee più moderne al suo interno, e che abbracci le minoranze etniche e sociali, per ringiovanire i principi conservatori e renderli più organici alla società americana. Powell è preoccupato perchè, secondo lui, visioni esclusiviste abbracciate dal partito repubblicano negli ultimi anni hanno, di fatto, condotto la base politica ed elettorale all’impotenza politica. Secondo il generale, il partito repubblicano può tornare alla rilevanza politica se darà il benvenuto ad idee nuove, e soprattutto, se si rinnoverà con “facce nuove”. Per Powell, i repubblicani devono “chiedersi chi e che cosa siamo, e non dobbiamo semplicemente ascoltare i diktat che arrivano direttamente dall’ala destra del partito”.
Le conseguenze della guerra fratricida all’interno del partito repubblicano sta creando una situazione difficile anche per l’amministrazione Obama, perché è diventato quasi impossibile per il presidente rispettare la promessa elettorale di cercare accordi bipartisan sui temi maggiori, e di ridurre la spaccatura nel paese fra democratici e repubblicani. La mancanza di un’opposizione unita e costruttiva negli Stati Uniti rende difficile anche un reale confronto fra maggioranza e minoranza. Dal 20 gennaio 2009, data dell’inaugurazione della presidenza Obama, ad oggi, nessuna iniziativa di rilievo del nuovo presidente ha avuto il sostegno bipartisan, mentre, ironicamente, in un caso, il Senato ha votato, con larga maggioranza bipartisan, contro la richiesta di Obama per lo stanziamento di circa 80 milioni di dollari per la chiusura della prigione di Guantanamo.
Nella diatriba fra Cheney e Limbaugh da un lato, e Powell dall’altro si stanno inserendo anche altre vecchie glorie repubblicane, come Karl Rove, l’ex stratega elettorale di George W. Bush, e come Newt Gingrich, l’ex presidente della Camera. Secondo Rove, “Colin Powell dovrebbe iniziare a comportarsi come un repubblicano.” Gingrich concorda con Powell sulla necessità di allargare la base del partito, se si vuole diventare maggioranza nel paese.
La campagna elettorale per le elezioni del novembre 2010 per il rinnovo del Congresso è già dietro l’angolo. Se il partito repubblicano vorrà scendere in campo cercando di unire le sue diverse anime, da quella della destra religiosa, con quella conservatrice liberista, a quella più moderata, dovrà muoversi in fretta. Il primo passo, però, sarà quello di identificare al più presto una figura carismatica capace di tenere assieme le diverse anime del partito. Questa figura, per ora, manca all’appello.