Screzi in casa repubblicana: la Palin in contrasto con lo staff di McCain
Anthony M. Quattrone
A meno di una settimana dalle elezioni presidenziali del 4 novembre, i sondaggi indicano che il senatore democratico dell’Illinois, Barack Obama, ha consolidato il suo vantaggio sul senatore repubblicano dell’Arizona, John McCain, sia nel voto popolare nazionale, sia per quanto riguarda il conto dei super elettori. Secondo gli ultimi sondaggi, Obama conduce per almeno cinque punti percentuali nel voto popolare, mentre è molto più ampio il vantaggio di cui godrebbe nel conto dei super elettori, dove potrebbe addirittura raggiungere la quota di 375 voti, contro i 163 che andrebbero a McCain.
Le buone notizie che arrivano dai sondaggi potrebbero causare un abbassamento della guardia da parte dei sostenitori di Obama. Ed è proprio per questo che la campagna del senatore afro americano sta intensificando gli impegni programmati per la settima che manca al voto. Nelle ultime ore, personalità democratiche, dall’ex presidente Jimmy Carter, fino alla rivale di Obama durante le recenti primarie, la senatrice di New York, Hillary Clinton, stanno inviando messaggi di posta elettronica chiedendo ai simpatizzanti e attivisti democratici di impegnarsi fino al momento del voto, per portare alle urne il maggior numero possibile di elettori. L’ultima posta elettronica della campagna democratica invita i sostenitori a chiedere per il 4 novembre un giorno di ferie al proprio datore di lavoro o un permesso al proprio professore per lavorare con il partito democratico per portare alle urne il maggior numero possibile di elettori.
L’aria pesante che circola negli ambienti repubblicani sembrerebbe confermare la preoccupazione che i democratici potrebbero conquistare non solo la Casa Bianca, ma ottenere anche un plebiscito al Congresso, dove quest’anno si rinnova l’intera Camera e un terzo del Senato. Al Senato, i democratici potrebbero salire da 51 a 57 senatori, e i repubblicani potrebbero scendere da 49 a 43, mentre alla Camera il partito di Obama potrebbe riconfermare l’ampia maggioranza che ha conquistato nelle elezioni del 2006. I giornali, le radio, e le televisioni legate alla destra repubblicana hanno iniziato una forte campagna per sensibilizzare gli elettori conservatori sull’importanza di recarsi alle urne per bloccare un’eventuale valanga democratica.
Gli organi d’informazione conservatori abilmente abbinano lo spauracchio che i democratici aumenteranno le tasse sui redditi dell’americano medio, con la certezza che tenteranno di formulare leggi in contrasto con i dettati della destra religiosa sui temi del matrimonio, l’aborto, e la ricerca sulle cellule staminali. Alcuni organi d’informazione, di proprietà di Robert Murdoch, come il Fox News e il Wall Street Journal, parlano apertamente di Obama come un esponente socialista, se non addirittura marxista. Il Fox News del 24 ottobre ha ipotizzato che una presidenza Obama accompagnata da una solida maggioranza democratica al Congresso danneggiasse sia il mercato azionario, sia il sistema di controlli e bilanciamenti che caratterizzano le istituzioni politiche americane, aprendo la via al socialismo negli Usa. Il Wall Street Journal del 27 ottobre avverte i lettori che una presidenza Obama porterebbe alla “europeizzazione dell’America”, dove la presenza dello stato è prevalente in ogni aspetto della vita sociale, economica, culturale e politica. Il National Review, rispettabile rivista dei conservatori americani, ricorda agli elettori di destra, in un articolo del 27 ottobre, che le differenze che i veri conservatori hanno con McCain sono niente se confrontate con le differenze che ci sono con i democratici, e che è necessario unire tutti i conservatori per impedire che i democratici vadano al potere.
Il lavoro che McCain dovrebbe fare nei pochi giorni che mancano alla data del 4 novembre per riprendere quota è immane. Lotta contro la macchina elettorale di Obama, che, negli ultimi 18 mesi, si è affinata e si è consolidata a livello popolare, raccogliendo oltre seicento milioni di dollari. Obama e i democratici hanno saputo costruire una presenza massiccia sia sul territorio, sia nell’Internet, combinando i metodi della vecchia politica con quelli della nuova. La battaglia di McCain sembrerebbe ancora più difficile perchè non riesce a trovare un’unità d’intenti all’interno del suo stesso partito, dove statalisti e antistatalisti si danno battaglia su come gestire la crisi economica, dove la destra religiosa da battaglia ai conservatori moderati sui temi sociali, e dove chi crede che New York e Washington non sono parte della vera America vorrebbe far prevalere l’immagine di un paese ancorato ai principi degli anni 50, della nazione/paradiso accerchiata e infiltrata da liberal e radicali pronti a distruggere il sogno americano. In questa situazione, gli screzi fra la governatrice dell’Alaska, Sarah Palin e lo staff di McCain, riportati dalla stampa Usa in questi giorni, non sono una sorpresa, ma sono la conferma che i repubblicani non sono riusciti ad unire le diverse anime che compongono il centrodestra americano. In queste condizioni, se qualche cosa non cambia radicalmente fra oggi e il 4 novembre, la situazione di McCain si fa disperata e non sarebbe affatto una sorpresa se Obama conquistasse anche il voto di alcuni Stati che negli ultimi quarant’anni hanno votato costantemente per i repubblicani.