Dieci settimane alle presidenziali USA

Conclusa la Convention Repubblicana

Republican presidential nominee Mitt Romney waves to the crowd with vice presidential runningmate Rep. Paul Ryan (L) after accepting the nomination during the final session of the Republican National Convention in Tampa, Florida, August 30, 2012 REUTERS/Mike Segar

Anthony M. Quattrone

 

Con la chiusura della Convention repubblicana il 30 agosto 2012 a Tampa, in Florida, l’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, e il deputato del Wisconsin, Paul Ryan, sono diventati gli sfidanti ufficiali per la presidenza e la vice presidenza degli Stati Uniti nelle prossime elezioni che si svolgeranno il 6 novembre 2012.  Il presidente Barack Obama e il suo vice Joe Biden hanno dieci settimane a disposizione per convincere gli elettori che meritano di rimanere al comando del Paese per completare il cambiamento della società americana proposto quattro anni fa.

Nei tre giorni della kermesse repubblicana, Romney e Ryan hanno cercato di presentare agli americani una visione dell’America che mette in risalto i valori del libero mercato, dell’individualismo, della meritocrazia, e dello spirito dell’avventura accusando Obama e i democratici di sostenere una visione statalista, assistenzialista, dove l’impresa è soffocata dalle troppe tasse legate a un mercato sociale di tipo Europeo.  La ricetta repubblicana per uscire dalla crisi ricalca fondamentalmente principi liberisti basati sulla riduzione delle tasse, quella della spesa pubblica e un generale allentamento dei controlli sull’economia da parte del governo federale.  Romney, nel suo discorso del 30 agosto 2012 ha confermato la promessa fatta da Ryan due giorni prima, il quale si è sbilanciato nel promettere la creazione di dodici milioni di posti di lavoro nei prossimi quattro anni.  Romney ha anche promesso ai giovani la creazione di scuole che potranno offrire un futuro brillante e che “nessun anziano dovrà temere di non ricevere la pensione”, senza entrare nel dettaglio della copertura delle relative spese.

Un articolo di Jim Rutenberg pubblicato dal New York Times il 30 agosto 2012 nota che uno dei maggiori ostacoli che Romney deve superare è il legame emotivo che gli elettori che hanno votato per Obama nel 2008 mostrano ancora nei confronti del presidente.  Romney, conscio del fattore emotivo, ha toccato l’argomento nel suo discorso alla convention repubblicana: “Non abbiate perplessità ad abbandonare Obama anche se quattro anni fa siete stati fieri di votare per il primo presidente nero della nostra storia: sapete bene che ha sbagliato. Da americano speravo avesse successo, ma ci ha deluso.”  Secondo Rutenberg, gli strateghi democratici e repubblicani concordano sull’importanza del legame emotivo fra gli elettori di Obama e il presidente.  Rutemberg cita Mark McKinnon, un ex strategista per la campagna di George W. Bush, “Sarà difficile rompere il legame che molti elettori hanno nei confronti di Obama, anche se si sentono delusi. Il legame può essere considerato un matrimonio andato male, ma si vuole tentare di salvarlo”.

I sondaggi nazionali rilevano un fondamentale pareggio fra Obama e Romney per quanto riguarda il voto popolare.  Rasmussen indica Romney in vantaggio per 45 a 44 percento fra le persone che più probabilmente andranno a votare, mentre Gallup da Obama in vantaggio per 47 a 46 percento fra le persone iscritte alle liste elettorali.  Mentre i sondaggi nazionali danno una visione abbastanza generale sul gradimento dei candidati presidenziali, i sondaggi condotti in ogni stato sono più indicativi perché il sistema elettorale americano per la presidenza si basa sul conto dei 538 “voti elettorali” assegnati ad ogni stato e non sul voto popolare a livello nazionale. In quasi tutti gli stati, tutti i voti elettorali assegnati a uno stato vanno al candidato che ottiene più voti.  Diventa presidente il candidato che raggiunge 270 voti elettorali.  Secondo la media dei sondaggi monitorati da realclearpolitics.com, Obama avrebbe un vantaggio di 221 voti contro 191 per Romney, con 126 voti, appartenenti a dieci stati, che sono ancora indecisi.  Secondo i sondaggi, Obama è in vantaggio in nove dei dieci stati “indecisi”.  Il risultato finale del conteggio dei “voti elettorali” darebbe, pertanto, Obama vincente con 320 a 206.

La battaglia per la Casa Bianca si deciderà probabilmente nei dieci stati “indecisi” perché è qui dove lo sfidante Romney può attingere i 79 voti che gli servono per arrivare a 270: Colorado con 9 voti, Florida con 29, Iowa con 6, Michigan con 16, Nevada con 6, New Hampshire con 4, North Carolina con 15, Ohio con 18, Virginia con 13 e Wisconsin con 10.  Per vincere, Obama deve assolutamente tenere duro negli stati tradizionalmente democratici e puntare il tutto per tutto in quegli stati indecisi che hanno un maggior numero di rappresentanti, per racimolare 49 voti che, secondo i calcoli di realclearpolitics, gli servirebbero per la rielezione.