La destra repubblicana boccia Mitt Romney

Anthony M. Quattrone

L'ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, il 21 gennaio 2012 durante le primarie del South Carolina (AP Photo/Charles Dharapak)

Superando ampiamente il vantaggio già previsto dai sondaggi, l’ex presidente della Camera americana, Newt Gingrich, ha vinto la terza tappa delle primarie repubblicane, quelle svolte in South Carolina il 21 gennaio 2012, ottenendo 40,4 percento del voto, battendo l’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, che ha registrato 27,8 percento.  Il terzo posto è andato all’ex senatore della Pennsylvania, Rick Santorum con 17 percento, mentre al quarto posto si è posizionato il deputato del Texas, Ron Paul, ispiratore del movimento ultra conservatore “Tea Party” con 13 percento.

Il voto degli elettori repubblicani del South Carolina conferma che Romney non è particolarmente gradito alla destra conservatrice ed evangelica.  Infatti, Gingrich e Santorum, due candidati che hanno l’appoggio della destra conservatrice e degli evangelici, hanno sommato 57 percento in South Carolina.

Ora, nella gara per l’assegnazione dei 2.286 delegati che avranno il diritto di voto durante la “convention” repubblicana che si terrà il 27 agosto 2012 a Tampa, in Florida, il favorito, l’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, potrà contare su 33 delegati, seguito da Gingrich con 25, da Santorum con 14 e Ron Paul, con 4.

Nelle prime tre competizioni elettorali, gli elettori repubblicani hanno dato la vittori a tre diversi candidati.  Nella prima gara, quella svolta in Iowa il 3 gennaio 2012, in un primo momento la vittoria era stata data a Romney per 8 voti, ma, dopo un riconteggio, Santorum si è aggiudicato la competizione con 34 voti di scarto.  Nella seconda gara, nel New Hampshire, Romney ha battuto Ron Paul per 39,3 a 22,9 percento, in linea con quanto previsto dai sondaggi.  Con la conclusione della terza competizione in South Carolina, sono rimasti in gara Romney, Gingrich, Santorum, e Ron Paul, mentre si sono ufficialmente ritirati l’ex presidente della Banca federale di Kansas City, Herman Cain, la deputata del Minnesota, Michele Bachmann, l’ex governatore dello stato dello Utah Jon Huntsman e, poco prima delle primarie in South Carolina, il governatore del Texas, Rick Perry.

La prossima tappa per i candidati repubblicani è la competizione in Florida, che si svolgerà il 31 gennaio 2012, con il meccanismo dell’asso piglia tutto, dove il vincitore si aggiudicherà tutti i 50 delegati in palio.  Nei sondaggi condotti in Florida prima dei risultati delle primarie del South Carolina, Mitt Romney avrebbe 40 percento del gradimento, contro  22 per Newt Gingrich, 15 per Rick Santorum e 9 per Ron Paul.  Secondo quanto riportato dalla Cnn, Romney avrebbe già speso oltre 2 milioni di dollari per spot televisivi in Florida, mentre gli altri candidati non hanno speso nulla, forse perché il meccanismo dell’asso piglia tutto renderebbe inutile investire i fondi elettorali per un secondo o terzo posto.

E’ interessante notare in questa fase come lo staff elettorale del presidente Barack Obama rimodula gli attacchi contro i candidati repubblicani secondo i risultati delle primarie e le rilevazioni dei sondaggi.  Il candidato che preoccupa di più la Casa Bianca rimane Mitt Romney, sia per i risultati dei sondaggi, sia per la forza economica che l’ex governatore del Massachusetts può mettere in campo, ed è contro di lui che si focalizza l’attenzione democratica.  Secondo gli ultimi sondaggi pubblicati da Real ClearPolitics, un generico candidato repubblicano potrebbe battere Obama con uno scarto di 1,2 percento, con 43,6 per un repubblicano contro il 44,2 per Obama.  Invece, quando si raffronta Obama contro un candidato specifico, il presidente è vincente, ma nel caso di Romney, per pochissimo, cioè per 46.9 a 45 percento.  Contro gli altri candidati, il margine a favore di Obama è più tranquillo: contro Gingrich, per 50,6 a 39,6 percento; contro Santorum, per 50,1 a 40,3 percento; contro Ron Pau, per 46,8 a 41,7 percento.

I gruppi democratici hanno inviato milioni di messaggi indirizzati agli elettori indipendenti a proposito della dichiarazione dei redditi di Romney, sollevando grande interesse per la cifra relativamente bassa che l’ex governatore paga in termini percentuali.  Romney, che ha ammesso che paga attorno al 15 percento, è sotto pressione per rendere pubblica la dichiarazione dei redditi del 2011, che normalmente deve essere compilata entro il 15 aprile di ogni anno.  Secondo gli analisti democratici, le proposte fiscali che Obama metterebbe in campo se fosse rieletto e se il suo partito riuscisse a ottenere la maggioranza sia alla Camera, sia al Senato, porterebbero all’aumento delle tasse per i ricchi dal 15 percento al 24.  Le proposte di Romney e degli altri candidati repubblicani, mirerebbero a conservare la tassazione a 15 percento, alzandola per i ceti medi o tagliando ulteriormente le spese del governo federale.

Obama gode in questo momento di un gradimento relativamente basso, attorno a 45 percento, ma molto superiore a quello per il Congresso, che rimane attorno al 13 percento.  Con questo livello di gradimento, Obama deve ottenere il massimo dalle divisioni interne allo schieramento repubblicano, sperando che l’antipatia della destra radicale nei confronti di Romney rimanga alta, così come la paura della destra moderata nei confronti di Gingrich.

Il prossimo evento importante per compiere le rilevazioni sul gradimento nei confronti di Obama sarà il discorso che il presidente americano terrà il 24 gennaio 2012 quando parlerà alla nazione in occasione dell’appuntamento annuale sullo “stato dell’unione”.

Pubblicato da “Il Denaro” il 24 gennaio 2011 con il titolo: Primarie americane, Romney inciampa a destra

La disoccupazione americana scende, Obama cresce nei sondaggi

Gerardo Alvarado (L) and Jeffrey Baltzley work on pipefitting during a class at the Air Conditioning, Refrigeration and Pipefitting Education Center on January 5 in Opa Locka, Florida. The US economy added more jobs in December and the unemployment rate fell again, but economists said big challenges remained to sustaining the jobs market recovery this year. (AFP Photo/Joe Raedle)

Anthony M. Quattrone

Negli ultimi mesi del 2011, il presidente americano Barack Obama è diventato molto più aggressivo e determinato nell’attaccare l’immobilismo e l’ostruzionismo del Congresso americano, dove i repubblicani, che controllano la Camera, riescono a paralizzare quasi tutte le iniziative proposte dalla Casa Bianca.  Obama accusa il Congresso di non essere più capace di risolvere i problemi del Paese, sia per incapacità, sia per interessi di parte.  Obama ha abilmente colto l’occasione che si è presentata a fine dicembre quando l’ostruzionismo di destra rischiava di far saltare alcuni tagli fiscali per il ceto medio.  Il presidente ha suonato l’adunata per i suoi sostenitori, lanciando una fortissima campagna di opinione contro il partito repubblicano, accusandolo di sostenere solo gli americani più ricchi, a discapito delle classi medie.  I deputati e senatori repubblicani hanno suonato la ritirata, votando il 30 dicembre 2011 a favore della proposta fiscale di Obama, dopo aver ricevuto migliaia di telefonate, email e lettere di protesta da parte di elettori inviperiti per la presa di posizione del partito.  Obama ha potuto così rafforzare l’immagine del decisionista che lotta contro la casta di Washington, in nome del popolo americano.

Il presidente è anche partito all’attacco delle spese del Dipartimento della Difesa, dando al Segretario Leon Panetta il difficile compito di individuare una strategia complessiva che permettesse agli Stati Uniti di rimanere la principale potenza militare nel mondo, eliminando sprechi e ridondanze.  Il 5 gennaio 2012, Obama e Panetta hanno presentato la nuova strategia per la Difesa americana, che abbandona, dopo 60 anni, la dottrina delle “due guerre”, ovvero la capacità di combattere guerre separate su due fronti.  Secondo le stime del Dipartimento della Difesa, si dovranno tagliare almeno 450 miliardi di dollari di spesa nei prossimi dieci anni.  Il messaggio che Obama sta facendo trapelare è che gli americani devono concentrarsi sulle spese in patria, mirando a non abbassare la guardia nel campo della sicurezza, attraverso l’efficienza e il vantaggio tecnologico.

Ora Obama sta sfruttando abilmente anche la situazione favorevole che si è creata con le buone notizie sull’andamento dell’economia USA e in particolare sui dati della disoccupazione.  La notizia del 6 gennaio 2012, che la disoccupazione americana è scesa a 8,5 percento, da 9,1 del dicembre 2010, e che nel 2011 sono stati aggiunti oltre 1,5 milioni di posti di lavoro, va letta assieme al miglioramento della fiducia rispetto all’economia espressa dai consumatori americani nei dati riassunti nel “Consumer Confidence Index”, dal 55,2 di novembre al 64.5 di dicembre, superando anche le migliori previsioni degli analisti, che si erano attestate a 59 percento. L’andamento dell’economia e in particolare i dati sulla disoccupazione sono, secondo molti osservatori, i fattori più importanti che possono influenzare come voteranno gli americani il prossimo novembre per le elezioni presidenziali, per rinnovare un terzo del Senato e l’intera Camera.

Mentre Obama costruisce la sua strategia del consenso basandosi sulla lotta contro i vecchi poteri di Washington, sulle buone notizie dall’economia, e sulle proposte a tutela del vastissimo ceto medio americano, i repubblicani sono impegnati, senza esclusioni di colpi, nelle primarie in corso per scegliere il candidato da opporre al presidente democratico in carica il prossimo novembre.  Il 3 gennaio 2012 si sono svolte le primarie in Iowa, dove l’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, ha sconfitto l’ex senatore della Pennsylvania, Rick Santorum, per soli otto voti, con 30.015 voti contro 30.007, ottenendo 24,6% contro 24,5% del suo concorrente. Il terzo posto è andato al deputato del Texas, Ron Paul, ispiratore del movimento ultra conservatore “Tea Party” con il 21,4%. Il quarto posto è andato all’ex presidente della Camera, Newt Gingrich. Il governatore del Texas, Rick Perry, è arrivato quinto, ottenendo il 10,3% dei voti.  Gli altri candidati, la deputata del Minnesota, Michelle Bachman, l’ex governatore dello stato dello Utah, Jon Huntsman, e l’ex presidente della Banca federale di Kansas City, Herman Cain non hanno raggiunto nemmeno il 10 percento, con quest’ultimo che ha ottenuto soli 58 voti. Leggi tutto l’articolo