Il Thanksgiving Day americano: festa degli immigrati

Il presidente Obama "grazia" il tacchino "Liberty" alla presenza delle figlie Sasha e Malia, mercoledì 23 novembre 2011. (foto Associated Press)

Anthony M. Quattrone

Il Thanksgiving Day, celebrato negli Stati Uniti ogni anno nel quarto giovedì di novembre, è la festa degli immigrati. E’ una festa speciale perché nasce dal basso e non da una decisione imposta dallo stato o dalle autorità religiose. E’ la festa di un paese di immigranti che ringraziano, chi un dio, chi uno spirito superiore, e chi le semplici circostanze, per aver avuto la possibilità di una nuova vita emigrando dai paesi di provenienza, afflitti da crisi economiche, da carestie, da guerre fratricide, e da persecuzioni religiose, politiche o filosofiche.

La storia, o forse la leggenda, vuole che il “giorno del ringraziamento” nasca nel lontano 1621 quando gli abitanti della colonia di Plymouth, nell’odierna Massachusetts, ringraziarono la Provvidenza per quello che fu il loro primo buon raccolto, ricordando che durante l’inverno precedente la metà della popolazione della colonia perì per stenti e malattie. In quell’occasione, gli immigranti e la popolazione indigena, gli indiani della tribù Wampanoag, festeggiarono assieme, in pace, unendo tradizioni simili, quelle europee e quelle degli indiani d’America, per celebrare la conclusione del periodo della raccolta.

George Washington, il primo presidente americano, recepì il sentimento popolare, e proclamò il primo Thanksgiving Day nazionale, consigliando agli Stati della nuova repubblica americana di celebrarlo il 26 novembre 1789. Il presidente Abraham Lincoln fu il primo presidente ad ufficializzare la festa nazionale del Thanksgiving, quando, in piena Guerra Civile, nel 1863, stabilì di celebrarlo nell’ultimo giovedì di novembre. Il presidente Franklin Delano Roosevelt, quasi ottanta anni più tardi, nel 1939, decise che il Thanksgiving fosse celebrato nel penultimo giovedì di novembre, prolungando il periodo dello shopping natalizio, che tradizionalmente iniziava dopo il ringraziamento, per favorire i commercianti in un’America ancora nel pieno della Grande Depressione.

La decisione di Roosevelt fu ignorata dalla maggior parte degli Stati che continuarono a festeggiare il Thanksgiving nell’ultimo giovedì di novembre, rimanendo fedeli alla decisione di Lincoln. Il compromesso fu raggiunto solo nel dicembre 1941, quando Roosevelt ratificò una decisione del Congresso, stabilendo che la festività federale del Thanksgiving Day fosse celebrata nel quarto giovedì di novembre. Così, quando ci sono cinque giovedì nel mese di novembre, la festività è celebrata nel penultimo giovedì, mentre, quando ce ne sono quattro, la festività si celebra nell’ultimo giovedì del mese. Un compromesso che preserva la tradizione con esigenze puramente economiche.

Nel mondo il giorno del Thanksgiving americano è associato al consumo di tacchino, che la tradizione mette al centro del pranzo del ringraziamento. E’ diventata una tradizione anche la “grazia presidenziale” che il presidente americano concede nel giorno della vigilia al tacchino che gli allevatori donano alla Casa Bianca, destinandolo a un allevamento dove potrà vivere in modo confortevole il resto dei suoi giorni. Quest’anno, il presidente Barack Obama ne ha graziati due durante una piccola cerimonia alla Casa Bianca,  “Liberty” e “Peace”, che sono di 19 settimane e pesano circa 20 kg a testa.

Gli italo-americani, cui la stragrande maggioranza è composta dai discendenti della diaspora causata dalla crisi economica dovuta all’occupazione piemontese dell’ex Regno delle Due Sicilie, hanno integrato il tacchino “americano” nei tipici pranzi festivi delle proprie terre di origine. E così, assieme al tacchino, ci sono lasagne, cannelloni, maccheroni, spinaci, broccoli, fagiolini, e dolci tipicamente meridionali, come le sfogliatelle napoletane e i cannoli siciliani, il tutto con buone dosi di vini italiani. Il pranzo italo-americano del Thanksgiving è, ovviamente, spesso al centro delle trasmissioni televisive, ed è considerato una prelibatezza da imitare e replicare a tutti i costi.

Finito la festa, si torna all’economia: il giorno dopo il Thanksgiving, chiamato “Black Friday” (venerdì nero), decreta l’inizio della periodo dello shopping natalizio, con moltissimi grandi negozi che prolungano l’apertura per la vendita dalle quattro del mattino fino alla mezzanotte, scontando molti prodotti, sperando di portare il foglio contabile in zona positiva, associato al colore nero. Gli americani si augurano che il Thanksgiving 2011, appena celebrato, sia l’ultimo di un periodo molto difficile per il Paese, caratterizzato dalla grande crisi economica in corso, sperando che il Thanksgiving Day del 2012 si possa celebrare con tanti buoni motivi per esprimere un vero e sentito “ringraziamento”.

Pubblicato  da “Il Denaro”il 25 novembre 2011