Discorso sullo stato dell’Unione
Anthony M. Quattrone
“Io non mi arrendo” è il messaggio principale che il presidente americano, Barack Obama, ha mandato al Paese durante il discorso sullo stato dell’Unione che ha tenuto il 27 gennaio 2010. Il presidente, che ha completato il suo primo anno di governo pochi giorni fa, affronta una contingenza negativa per la sua presidenza, caratterizzata dal calo dei consensi da parte degli elettori, tre gravi sconfitte elettorali negli ultimi mesi in Virginia, nel New Jersey, ed in Massachusetts, lo stallo sulla riforma sanitaria, e nessuna notizia buona riguardante la crisi economica. Una tempesta perfetta per qualsiasi politico.
Nel suo discorso dinnanzi al Congresso, Obama è stato determinato nel riaffermare il programma politico esposto durante la campagna elettorale del 2008, ma ha anche dimostrato di aver compreso che è molto più difficile far trovare un accordo fra democratici e repubblicani sui temi fondamentali per il paese di quanto lui si aspettasse. Obama ha anche compreso quanto è difficile governare lo stesso partito democratico, fatto di tante anime, dalla conservatrice alla progressista. Il controllo unilaterale del Senato, con 60 democratici contro i 40 dei repubblicani, che il partito di Obama aveva fino alla settimana scorsa, non è servito per far approvare la riforma sanitaria, perché alcuni senatori democratici sono effettivamente più a destra dei repubblicani. La perdita del seggio di Ted Kennedy nel Massachusetts, dopo 47 anni di ininterrotto dominio democratico, ha riportato i democratici a 59 senatori, perdendo il diritto legale di bloccare qualsiasi tentativo di ostruzionismo parlamentare da parte dei repubblicani.
Secondo un sondaggio condotto per il Wall Street Journal/NBC, il 58 percento degli americani pensa che il paese stia andando nella direzione sbagliata, mentre solo il 28 percento crede che il governo federale funzioni bene. Secondo lo stesso sondaggio, solo il 47 percento degli americani approva il lavoro che Obama sta facendo per risolvere la crisi economica. La critica più ricorrente da parte dell’opinione pubblica è che il presidente spende troppe energie per portare avanti la riforma sanitaria a detrimento della creazione di posti di lavoro. Ed è forse per questo che Obama, nel discorso sullo stato dell’Unione, ha detto agli americani che la sua preoccupazione principale è l’economia e la creazione di posti di lavoro, ma che non ha nessun’intenzione di abbandonare le iniziative che sono al centro della sua azione politica, come la riforma del sistema sanitario.
Gli altri obiettivi principali che il presidente aveva enunciato per il primo anno di presidenza, oltre alla riforma del sistema sanitario, non sono stati raggiunti. Non è riuscito a chiudere la prigione di Guantanamo. Non è riuscito ad imporre limiti sull’emissione di gas inquinanti. Non ha riformato il sistema finanziario. Non ha firmato un nuovo patto con la Russia per le riduzioni degli armamenti. Queste sono iniziative politiche ancora vive, e forse a breve avranno un seguito, ma, per il momento, il presidente ha dovuto affrontare la cruda realtà che i tempi della politica americana richiedono costanti compromessi e attenzioni rivolte agli interessi di una miriade di gruppi di pressione rappresentati nel Congresso. Obama voleva bloccare l’influenza delle lobby sulla politica, ma, anche in questo campo, non è riuscito ancora a registrare alcun passo in avanti. Le lobby sono presenti a Washington, facendo il lavoro di sempre, pur adattandosi a nuove regole, ma rimanendo influenti come prima. Leggi tutto l’articolo