Anthony M. Quattrone
Il presidente Barack Obama dovrà scegliere fra due “crudeli opzioni” nella conduzione della guerra in Afghanistan, come scrive l’ex Segretario di Stato americano, Henry Kissinger, sull’International Herald Tribune del 5 ottobre 2009. Per il vecchio professore di diplomazia, la richiesta di ulteriori truppe, fatte in pubblico da parte del Comandante americano in Afghanistan, il generale Stanley McChrystal, mette Obama di fronte ad un terribile dilemma: “Se rifiuta le raccomandazioni e l’opinione del generale McChrystal, il quale asserisce che le sue forze sono inadeguate per svolgere la missione, il presidente Obama sarà ritenuto responsabile per le drammatiche conseguenze. Se accetta la raccomandazione, i suoi oppositori potrebbero iniziare a descrivere il conflitto afgano come la guerra di Obama, almeno in parte.” Secondo Kissinger, il presidente sarà obbligato a prendere una decisione senza avere alcuna certezza sulla validità delle valutazioni che gli saranno o sono state già sottoposte.
Obama ha subito pesanti critiche dalla destra repubblicana che lo accusa di tergiversare nel prendere una decisione in merito alla strategia da adottare nella guerra in Afghanistan. Mentre alcuni repubblicani hanno apertamente attaccato il presidente, Kissinger, che ha fatto parte del governo del presidente repubblicano Richard Nixon, ha invitato tutti alla moderazione. L’ex Segretario di stato è apertamente a favore di incrementare le truppe Usa in Afghanistan, ma, seguendo la scuola del realismo nella politica estera Usa, crede che sia necessario identificare, con precisione, gli interessi strategici americani. Kissinger fa notare che altri paesi, specialmente quelli che confinano con l’Afghanistan, avrebbero maggiore interesse a stabilizzare il paese, e a rendere inefficace qualsiasi tentativo di ritorno dei Taleban dei loro alleati di al Qaida. I paesi confinanti o vicini all’Afghanistan, come la Cina, la Russia, l’India, il Pakistan, e l’Iran, secondo Kissinger, hanno sostanziali capacità belliche a disposizione per difendere i propri interessi; ma, fino ad ora, si sono tenuti relativamente in disparte, lasciando all’America il compito di intervenire, assieme agli alleati, sobbarcandosi il costo della guerra, sia in termini di vite umane, sia in termini di risorse finanziarie. Il vecchio diplomatico americano, nella sua analisi della situazione che confronta Obama, fa notare che, a differenza della guerriglia in Vietnam o della resistenza in Iraq, i Taleban non godono di un importante sostegno popolare o internazionale. Leggi tutto l’articolo