Fed, più trasparenza per il futuro

Prima conferenza stampa della Fed americana

Anthony M. Quattrone

Federal Reserve Chairman Ben Bernanke speaks during a news conference at the Federal Reserve in Washington, Wednesday, April 27, 2011. (AP Photo/Susan Walsh)

Il fatto che Ben Bernanke, il presidente della Fed, la banca centrale americana, abbia tenuto una conferenza stampa lo scorso 27 aprile 2011, rispondendo dal vivo a domande sulle decisioni inerenti alla politica monetaria a stelle e strisce, è una notizia già per se.  Il Federal Reserve System, informalmente chiamato la Fed, è stato istituito nel 1913 dal Congresso americano a seguito di una serie di gravi crisi monetarie per prevenire e governare eventuali crisi finanziarie.  Bernanke è il chairman della Fed dal 2006, e il suo mandato è stato confermato dal presidente americano Barack Obama fino al 2014.

La Fed è un animale molto strano.  L’organo direttivo della Fed è composto dai presidenti di dodici Federal Reserve Bank regionali e da sette governatori nominati dal presidente americano.  I membri del consiglio direttivo della Fed, una volta nominati, non possono essere rimossi se non alla fine del mandato.  Le decisioni della Fed, un’agenzia pubblica indipendente dal governo federale americano, non sono soggette al controllo da parte né del potere esecutivo, né del legislativo.  In un sistema di “checks and balances”, la Fed gioca un ruolo fondamentale nel controbilanciare il potere esecutivo e legislativo nella gestione dell’economia americana attraverso la politica monetaria centrale.  Ben Bernanke è il quattordicesimo chairman della Fed dalla sua costituzione ed è uno dei tre in vita, assieme a Paul Volcker (1979-1987) e Alan Greenspan (1987-2006).

Non sono pochi gli americani che incolpano la Fed di ogni male del Paese.  I fautori delle più complesse versioni delle teorie del complotto indicano nella Fed il vertice dei poteri forti che rappresentano i banchieri mondiali.  La segretezza delle operazioni della Fed ha contribuito sin dalla sua fondazione nel generare e sostenere le più svariate formulazioni delle teorie del complotto.  Un filo conduttore che collega le varie teorie contro la Fed è di carattere antisemita che mette in primo piano i banchieri ebraici come i Rothschild.  La trasparenza delle decisioni della Fed è pertanto diventata una fondamentale necessità sia per contrastare le teorie complottistiche, sia per ridurre il malumore per le decisioni che l’autorità monetaria prende periodicamente in risposta alle condizioni dell’economia a stelle e strisce. “E’ stato un fatto positivo” ha scritto il New York Times in un editoriale del 27 aprile 2011, “vedere Ben Bernanke incontrare la stampa mercoledì, in quello che è il primo della serie d’incontri programmati ogni trimestre, con domande e risposte.  Si vede che la Fed ha imparato, anche se nel modo più difficile, che deve lavorare per creare comprensione e consenso per le sue politiche.”

La politica della Fed non potrà risolvere l’alto tasso di disoccupazione, la caduta del valore degli immobili, la debole crescita dei redditi, e l’erosione del settore manifatturiero, che secondo Bernanke sono i maggiori problemi dell’economia americana, senza un cambio di rotta nella politica fiscale decisa da parte del presidente e del Congresso.  L’editoriale del New York Times rileva che solo la politica fiscale può affrontare questi temi, e questo sarà possibile solo se il Senato, controllato dai democratici, e la Camera, controllata dai repubblicani, troveranno un accordo su come racimolare più fondi e investirli in specifici programmi, progetti, e sforzi tendenti verso la ripresa economica.  Nel frattempo, la Fed va avanti per la sua strada, continuando a regolare la quantità di moneta in circolazione e le condizioni creditizie dell’economia. Bernanke ha confermato che giugno finirà il secondo round da 600 miliardi di dollari di acquisti di titoli pubblici e che i tassi d’interesse sui fondi federali rimarranno fra lo zero e 0,25% per ora.

Bernanke prevede che il tasso d’inflazione per il 2011 si assesterà fra l’1,3 e l’1,6% e la crescita del prodotto interno lordo sarà fra il 3,1 e il 3,3%.  La notizia più importante per la maggioranza degli americani e per il presidente Obama, già impegnato nella campagna elettorale del 2012, è che il tasso di disoccupazione in Usa dovrebbe scendere all’8,4-8,8% nel 2011.

–Pubblicato in terza pagina su “Il Denaro” del 5 maggio 2010:    http://news.denaro.it/blog/2011/05/05/fed-piu-trasparenza-per-il-futuro/