Riforma sanitaria Usa: i repubblicani provano ad abrogarla

Anthony M. Quattrone

Il 7 gennaio 2010, la nuova Camera dei Rappresentanti USA, ora a maggioranza repubblicana ha messo all’ordine del giorno per il prossimo 12 gennaio il voto per abrogare la storica riforma sanitaria fortemente voluta dal presidente Barack Obama.  Il partito repubblicano aveva promesso che se avesse raggiunto la maggioranza al Congresso avrebbe immediatamente cancellato la riforma  “socialista” che Obama avrebbe imposto, secondo la destra conservatrice, agli americani.  Il nuovo presidente della Camera, il repubblicano John Boehner, deputato dal 1991 dell’ottavo distretto dell’Ohio, ha potuto contare 236 voti contro 181 per mettere all’ordine del giorno l’abrogazione della riforma.

I democratici accusano i repubblicani di fare gli interessi delle grandi compagnie assicurative, specialmente per quanto riguarda il divieto, previsto dall’attuale legge, di negare la copertura assicurativa a chi abbia patologie preesistenti.  I repubblicani controbattono che non sono contrari ad una riforma sanitaria condivisa, ma che non accettano quella “imposta” da Obama lo scorso marzo, quando alla Camera la legge passò con soli 5 voti di scarto, con 219 democratici che votarono a favore della riforma e una minoranza composta da 178 repubblicani e da 34 democratici di destra che votarono contro.

La revoca della riforma sanitaria, tuttavia, potrebbe non avere alcun successo se i democratici, che hanno la maggioranza al Senato, riescono a rimanere uniti.  Uno dei maggiori problemi del  partito di Obama rimane l’ingovernabile eterogeneità della sua composizione ideologica, con la forzata convivenza di liberal di sinistra del New England con conservatori dell’ultra destra sudista.  Attualmente, la maggioranza  democratica può contare sulla somma di 51 senatori democratici più due indipendenti, contro la minoranza fatta  da 47 repubblicani.   Al Senato, alcuni senatori democratici, come Ben Nelson del Nebraska, e l’indipendente Joe Lieberman, sono facilmente attratti dalle posizioni esposte dalla destra repubblicana, e Obama sarà costretto a fare un duro lavoro di compromesso se vorrà avere abbastanza forza per negoziare con i repubblicani l’attuazione, anche parziale, del suo programma di governo durante i prossimi due anni.  Tuttavia, il problema non è nuovo per Obama, perché prima delle elezioni dello scorso novembre, quando i democratici hanno perso la maggioranza alla Camera e hanno perso diversi seggi al Senato, il partito democratico era talmente diviso che spesso la destra democratica votava con i repubblicani apertamente contro le posizioni del presidente.

La riforma sanitaria è già sotto attacco nelle corti federali dove diversi procuratori che rappresentano governatori repubblicani hanno sporto denunce di incostituzionalità.  Il 13 dicembre 2010, il giudice Henry Hudson, magistrato della Corte distrettuale federale di Richmond, nominato nel 2002 dall’amministrazione repubblicana di George W. Bush, ha accolto le obiezioni alla riforma sollevate dal procuratore generale della Virginia, Kenneth Cuccinelli.  Secondo quest’ultimo il testo approvato dal Congresso nel marzo 2010 andrebbe oltre il mandato della Costituzione, obbligando ogni cittadino di stipulare un contratto di assicurazione sanitaria entro il 2014, pena una sanzione economica per chi non l’avrà acquistata, limitando le libertà degli individui.

I repubblicani, che hanno ottenuto la maggioranza alla Camera lo scorso novembre dopo una campagna elettorale basata sull’impegno di ridurre il deficit Usa, ora pari a circa 1.300 miliardi di dollari, devono fare attenzione ora a non fare passi falsi sia per quanto riguarda le promesse fatte agli elettori per ridurre il deficit, sia per quanto riguarda la possibile caratterizzazione di essere i “cattivi”, a favore dei ricchi e contro i più poveri.  Paradossalmente, sembrerebbe che l’abrogazione della riforma sanitaria  aggiungerebbe altre perdite al già enorme deficit del budget federale secondo il Congressional Budget Office per il periodo 2012-2019, per un totale di circa 145 miliardi di dollari.

In questo contesto, un compromesso potrebbe essere utile sia ai repubblicani sia ad Obama.

Autore: Tony Quattrone

Tony Quattrone è stato eletto rappresentante del Partito Democratico USA in Italia dal marzo 2015 al marzo 2017 (Democrats Abroad Italy-Chair). Ora vive a Houston, Texas, dove milita nel Partito Democratico della Contea di Harris. Ha vissuto in Italia per quasi 50 anni, dove ha lavorato prima per i programmi universitari del Dipartimento della Difesa USA, e poi come Capo delle Risorse Civili del Comando NATO di Napoli. Ha pubblicato oltre 200 articoli in italiano per diverse testate (Quaderni Radicali, Il Denaro, L'Avanti, ecc.) ed è stato intervista più volte dalla RAI e altre emittenti in Italia a proposito delle elezioni USA.