Per Obama (e Gates) la sfida più insidiosa

Il presidente contro la lobby militare Usa

Il segretario della Difesa Usa, Robert Gates (DoD photo by Cherie Cullen - defenselink.mil)
Il segretario della Difesa Usa, Robert Gates (DoD photo by Cherie Cullen - defenselink.mil)

Anthony M. Quattrone

La razionalizzazione del bilancio di previsione per il Dipartimento della difesa americano per il prossimo anno fiscale, che negli Usa inizia il primo ottobre, sarà una nuova ardua sfida per il presidente Barack Obama.  E’ in corso un durissimo braccio di ferro fra il Segretario della difesa, Robert Gates, e le potenti lobby che rappresentano gli interessi dell’immenso apparato industriale – militare, le quali, in America, hanno la capacità di influenzare, attraverso vari meccanismi, trasparenti e non, l’intera procedura decisionale concernente la sicurezza nazionale.

Se da un lato, Gates cerca di creare una concordanza fra le reali necessità del Dipartimento della difesa e le voci di spesa, dall’altro, le lobby cercano di influenzare le decisioni attraverso una campagna d’informazione nei confronti dell’opinione pubblica utilizzando due temi particolarmente sensibili e correnti in questo momento: la sicurezza nazionale e la difesa dei posti di lavoro.  Il Segretario Gates parte in svantaggio nel portare avanti la razionalizzazione, perché, da un punto di vista istituzionale, non è l’esecutivo, di cui fa parte, bensì il legislativo che controlla le stringhe della borsa della spesa.  Pertanto, negli Usa, quando le lobby trovano ostacoli nel convincere i militari a fare alcune spese, come l’acquisizione di sistemi d’arma totalmente inutili, cercano di influenzare i membri del Congresso che alla fine dovranno approvare il bilancio.  E così, anche un progetto molto analitico e razionale, proposto dai vertici delle forze armate, potrebbe essere svilito attraverso delle “earmarks” (“segnalibri”), apposti da deputati e senatori, direttamente influenzati dalle lobby.

Gates vorrebbe ridurre la spesa per quegli armamenti che sono necessari per combattere guerre di tipo convenzionale, e aumentare, invece, la capacità dei militari americani nell’affrontare le forze e le tattiche di combattimento non convenzionali, come quelle utilizzate in Afghanistan ed in Iraq.  Nel tentativo di razionalizzare la spesa, Gates ha proposto, per esempio, di ridurre la commessa per il caccia F-22, dall’attuale previsione di 381 esemplari a 187, che costano circa 80 milioni di euro cadauno, non solo per rendere disponibili più risorse per acquistare armamenti necessari per la guerra non convenzionale, ma anche perché è già in corso la produzione del caccia F-35, più moderno ed economico dell’F-22.  La decisione di Gates è stata immediatamente contrastata dai membri del Congresso eletti in Georgia, dove la produzione dell’F-22 crea occupazione per due mila lavoratori.  Il deputato repubblicano della Georgia, Tom Price, ha dichiarato che “questa decisione causerà non solo la perdita di migliaia di posti di lavoro durante un periodo critico, ma danneggia anche le risorse a disposizione per la difesa nazionale”. Il senatore repubblicano della Georgia, Saxby Chambliss è dell’opinione che “l’amministrazione Obama è disposta a sacrificare le vite dei militari americani pur di finanziare programmi domestici sostenuti dal presidente”.  Il deputato democratico della Georgia, Ike Skelton, presidente della Commissione difesa della Camera, fa quadrato con i colleghi repubblicani del suo stato, indicando che in ultima analisi sarà il Congresso, e non il Dipartimento della difesa, che dovrà decidere sulla spesa.  In breve, la riforma del bilancio della Difesa è una strada tutta in salita per l’amministrazione Obama.

L’annuncio che Obama ha fatto durante il suo discorso del 5 aprile 2009 a Praga, di voler ridurre ulteriormente gli arsenali nucleari, con l’obiettivo a lungo termine di eliminare totalmente le armi nucleari nel mondo, ha fatto tremare ancora di più l’intero complesso industriale – militare americano.  La costruzione di un sistema missilistico difensivo americano si basa, almeno in linea di principio, sulla percezione che esiste un effettivo pericolo di lancio di missili con testate nucleari da parte di qualche potenziale nemico, contro gli Usa o i suoi alleati.  Ogni azione che va nella direzione della riduzione del rischio o della sua percezione, potrebbe costare miliardi d’euro al conglomerato d’imprese coinvolte nella fornitura di sistemi d’arma relativi sia alla difesa missilistica, sia alla stessa capacità americana di infliggere ritorsioni nucleari risultanti da un eventuale attacco contro gli Stati Uniti o un suo alleato.

Il lancio di un missile Taepodong-2 da parte della Corea del Nord, il 4 aprile 2009, è stato usato dalle lobby americane, che rappresentano gli interessi delle imprese interessate alla costruzione del sistema di difesa missilistico, per risollevare la necessità di difendere il paese da potenziali lanci.  Il tipo di missile testato dai nord coreani avrebbe la capacità di raggiungere le coste americane delle Hawaii e dell’Alaska, e molte località dell’Asia orientale.  La macchina propagandistica delle lobby ora punta sul creare paure a proposito di una presunta collaborazione fra Nord Corea e Iran, per perfezionare la capacità di lanciare missili.  Esponenti di spicco, come l’ex presidente della Camera Usa, il repubblicano Newt Gingrich, e l’opinionista conservatore Bill Bristol del “Weekly Standard”, ipotizzano apertamente che il test nord coreano è, di fatto, nient’altro che un test iraniano.

L’intera politica di Obama rispetto alla sicurezza nazionale americana, e le sue implicazioni su quella degli alleati, e sulla nuova politica estera americana, sarà determinata dal risultato che avrà l’iniziativa di Gates di razionalizzare la spesa del Dipartimento della difesa.  Se le lobby riusciranno a spuntarla ancora una volta, imponendo spese inutili e impedendo che le forze americane siano attrezzate effettivamente per effettuare interventi non convenzionali, come richiesto dalla situazione in Afghanistan, la strategia internazionale di Obama potrà subire un devastante rallentamento.

Autore: Tony Quattrone

Tony Quattrone è stato eletto rappresentante del Partito Democratico USA in Italia dal marzo 2015 al marzo 2017 (Democrats Abroad Italy-Chair). Ora vive a Houston, Texas, dove milita nel Partito Democratico della Contea di Harris. Ha vissuto in Italia per quasi 50 anni, dove ha lavorato prima per i programmi universitari del Dipartimento della Difesa USA, e poi come Capo delle Risorse Civili del Comando NATO di Napoli. Ha pubblicato oltre 200 articoli in italiano per diverse testate (Quaderni Radicali, Il Denaro, L'Avanti, ecc.) ed è stato intervista più volte dalla RAI e altre emittenti in Italia a proposito delle elezioni USA.

Un commento su “Per Obama (e Gates) la sfida più insidiosa”

  1. Tony, ad una analisi approssimata, sembrerebbe che coloro che si oppongono ai tagli sulle spese militari abbiano ragione. Infatti, i tagli comporterebbero meno commesse alle imprese interessate e quindi meno ore di lavoro. I tagli dovrebbero essere inclusi in un progetto di riorganizzazione dell’apparato militare in toto, compreso il nucleare. Comunque la decisione ultima dell’Iran di voler discutere il proprio piano nucleare con le altre potenze nucleari, inclusa l’Europa, può essere di aiuto al Presidente Obama. Un consiglio: dopo le festività occorre mettersi a dieta e correre. Saluti, Enzo.

I commenti sono chiusi.