Anthony M. Quattrone
Lo scontro in corso fra democratici e repubblicani americani sta diventando più aspro su tutti i temi della politica interna, e non mancano frecciate pesanti contro Barack Obama anche per la politica estera. L’ultimo attacco al presidente proviene dal vice capo gruppo dei repubblicani alla Camera, il deputato della Virgina, Eric Cantor, il quale ha accusato Obama, in una dichiarazione fatta al Washington Times il 30 settembre 2009, di mettere a repentaglio la vita dei soldati americani tentennando sulle proposte fatte dal Gen. Stanley McChrystal, comandante delle forze Usa e alleate in Afghanistan. Anche da parte democratica la veemenza degli attacchi contro i repubblicani sta raggiungendo toni normalmente presenti solo durante le campagne elettorali. Il deputato democratico della Florida, Alan Grayson ha descritto le proposte repubblicane per la riforma sanitaria con uno slogan, “se ti ammali, cerca di morire subito!”, causando un tumulto fra i repubblicani, che gli hanno chiesto di scusarsi formalmente.
Nel trambusto quasi elettorale, tuttavia, si comincia ad intravedere uno spiraglio per quanto riguarda un possibile compromesso sulla riforma sanitaria, che è manifestatamene al centro della politica sociale di Barack Obama.
Il presidente non perde l’occasione, durante i numerosi interventi pubblici che sta tenendo in questi giorni, di spiegare come vorrebbe riformare il sistema sanitario, e quali sono i maggiori ostacoli. La bravura di Obama nel proporre agli americani come vuole cambiare il sistema sanitario è controbilanciata dalla forte campagna che le lobby dell’industria medica portano avanti da anni. Secondo alcune stime, le assicurazioni sanitarie americane, per esempio, hanno speso non meno di 600 milioni di dollari, negli ultimi due anni, e già 130 milioni quest’anno, pari a circa 700 mila dollari al giorno, per influenzare il processo decisionale federale, ed in particolare le proposte di legge discusse dalle diverse commissioni del Congresso, cercando di apporre emendamenti favorevoli alle assicurazioni.
La commissione finanza del Senato è l’ultimo ostacolo che deve essere superato prima che la proposta di riforma voluta da Obama possa essere discussa dall’intero Senato, dove i democratici hanno una maggioranza netta. Il lavoro per trovare un compromesso fra la sinistra liberal del partito democratico, i moderati di entrambi gli schieramenti, e la destra conservatrice del partito repubblicano si svolge nel retroscena. La commissione finanza, nel frattempo, ha bocciato il 29 settembre 2009 due proposte della sinistra del partito democratico per la creazione di un’assicurazione sanitaria pubblica che avrebbe dovuto competere con quelle private, garantendo una reale concorrenza, e permettendo anche alle famiglie con meno risorse finanziarie di poter acquistare una copertura sanitaria. La stessa commissione è al lavoro per studiare alcuni emendamenti proposti dalla destra repubblicana che dovrebbero impedire agli immigrati clandestini l’accesso a qualsiasi assistenza sanitaria finanziata dal governo federale, ed eliminare il finanziamento pubblico per l’aborto.
Il dibattito sulla riforma sanitaria si concentra spesso sul costo del piano proposto dall’amministrazione Obama. Il presidente della Camera, Nancy Pelosi, ha riunito i deputati democratici mercoledì 30 settembre 2009 nel tentativo di unire il partito attorno alla richiesta di Obama di ridurre il costo dell’intero piano ad una spesa complessiva che non dovrebbe superare il costo di 900 miliardi di dollari in dieci anni. Uno dei massimi problemi che Obama deve affrontare per ottenere l’appoggio di vasti strati della popolazione, e anche quello di un sostanzioso numero di deputati e senatori repubblicani, è proprio il costo della proposta sanitaria. Se da un lato il presidente cerca di dimostrare che si possono fare alcuni tagli nei programmi federali esistenti, dall’altro vorrebbe convincere gli americani, e i conservatori nel Congresso, che è possibile ridurre il costo totale della spesa sanitaria, facendo alcune riforme proprio su come il governo federale paga per prestazioni sanitarie fatte da medici, ospedali, e case farmaceutiche. In breve, Obama è convinto che è possibile mettere dei controlli sul costo della spesa sanitaria pubblica, e, di riflesso, anche su quella del cittadino privato. Una spirale discendente del costo della sanità americana dovrebbe, secondo i democratici, contribuire anche alla riduzione del costo delle assicurazioni, e, pertanto, seguendo una logica di sistema, l’intera spesa sanitaria dovrebbe essere ridotta, anche per le casse federali.
La preoccupazione degli americani per il costo della riforma sanitaria è più che legittima. Il deficit federale americano potrebbe eccedere l’undici percento del prodotto interno lordo, stabilendo un nuovo record nella storia americana dal dopoguerra ad oggi. Secondo due stime differenti pubblicate dagli uffici del bilancio del Congresso e della Casa Bianca a fine agosto, le proiezioni rivedute del deficit federale americano per il periodo 2010-2019 registrano 7.100 e 9 mila miliardi di dollari rispettivamente. Gli analisti economici, così come i commentatori, e i politici, cercano di comprendere cosa ha portato il deficit americano corrente e quello di previsione a toccare cifre così alte. Da un lato i democratici cercano di attribuire le colpe alle politiche del presidente George W. Bush, mentre dall’altro, i repubblicani già accusano l’attuale presidente, Barack Obama, di “seppellire i nostri figli e nipoti sotto una montagna di un debito insostenibile”, come ha dichiarato il capogruppo repubblicano alla Camera, il deputato dell’Ohio, John Boehner.
Fare la riforma sanitaria senza l’appoggio di una sostanziale schiera di senatori e deputati repubblicani potrebbe rendere più difficile l’intero mandato di Obama, il quale ha promesso di lavorare per soluzioni bipartisan sulle questioni fondamentali per il paese. Fare la riforma sanitaria alienando la sinistra liberal democratica, tuttavia, creerebbe una frattura all’interno del partito proprio fra quelle forze che il Governatore Howard Dean, ex presidente del partito, ha unito, portando i democratici alla vittoria nelle elezioni per il Congresso nel 2006, e poi la presidenza e il Congresso nel 2008. Obama dovrà trovare una soluzione per soddisfare repubblicani e liberal, sperando di non perdere, nel frattempo l’appoggio del centro e degli indipendenti. Sembra una “mission impossibile”.