Obama inizia il suo viaggio all’estero.

Uno staff di 300 collaboratori lo assiste per la politica estera

Anthony M. Quattrone

Ha destato molto interesse la notizia diffusa il 18 luglio 2008 dalla giornalista del New York Times, Elisabeth Bumiller, che il candidato democratico alle presidenziali USA del 2008, il senatore dell’Illinois, Barack Obama, ha una squadra di circa 300 persone che lavorano per lui in materia di politica estera.  La Bumiller descrive un’equipe organizzata come un piccolo “dipartimento di stato”, suddivisa per temi o zone geografiche in venti diversi gruppi di lavoro.  Ogni mattina, entro le 8, la squadra produce, dal quartiere generale di Chicago, due e-mail per Obama.  La prima descrive gli eventi internazionali delle precedenti 24 ore, mentre la seconda fornisce una serie di possibili domande che potrebbero essere rivolte al candidato democratico da parte della stampa, suggerendo anche le risposte.

Il cuore della squadra è composto di ex collaboratori minori del governo del presidente Bill Clinton, cui si stanno affiancando ora anche quelli più blasonati, come gli ex segretari di stato, Madeleine Albright e Warren Christopher, i quali, durante le recenti primarie, hanno sostenuto la senatrice di New York, Hillary Clinton.

Secondo la Bumiller, il gruppo originale di collaboratori è molto più vicino ad Obama nel modo di interpretare la politica estera di quanto lo sono i vecchi collaboratori di Bill Clinton.  L’opposizione della prima ora contro la guerra in Iraq, l’uso del soft power e degli aiuti economici in politica estera, punta di diamante della politica estera liberal, accomuna i giovani consiglieri di Obama, mentre l’interventismo militare a carattere umanitario, come nel caso della Somalia e dei Balcani durante l’era Clinton, oltre al sostegno per i poteri di guerra affidati al presidente George W. Bush nell’ottobre 2002, essenziali per l’invasione dell’Iraq del marzo 2003, accomuna i membri della “vecchia guardia” del presidente Clinton che ora lavorano per Obama.

L’International Herald Tribune, il giornale internazionale di lingua inglese di proprietà del New York Times, ha pubblicato un editoriale il 18 luglio nel quale sostiene che Obama dice parole incoraggianti in politica estera, mentre da parte di McCain arriva solo confusione.  Secondo l’editoriale, Obama ha una visione dell’insieme più completa di McCain, anche se quest’ultimo afferma di avere più esperienza del giovane senatore afro americano in materia di politica estera.

Obama ha definito l’Afghanistan e il Pakistan come il vero fronte nella guerra contro il terrorismo, e, secondo il candidato democratico, è necessario un disimpegno dall’Iraq per concentrare ingenti forze militari e risorse economiche contro al Qaeda.  Il senatore dell’Illinois vorrebbe ritirare il grosso delle forze combattenti Usa dall’Iraq entro il 2010, e spostarne almeno 10 mila in Afghanistan, anche per convincere gli alleati della NATO ad aumentare il numero delle loro truppe.

Obama prospetta, inoltre, di aumentare gli aiuti economici all’Afghanistan, proponendo anche di rafforzare la partnership fra quest’ultimo, il Pakistan, e la NATO nella gestione della frontiera fra i due paesi, considerata una zona franca per i terroristi di al Qaeda.  Il candidato democratico sostiene un’iniziativa, attualmente in discussione al Congresso, che mira a triplicare l’aiuto economico non militare al Pakistan, raggiungendo la quota di 7,5 miliardi di dollari in cinque anni, e ha promesso di stanziare, se diventa presidente, due miliardi di dollari per assistere oltre quattro milioni di rifugiati iracheni, completamente ignorati dall’amministrazione Bush.

Secondo l’editoriale dell’International Herald Tribune, la politica di McCain nei confronti delle due guerre è confusa e contraddittoria.  Dopo aver, in un primo momento, negato che ci fosse la necessità di aumentare le truppe in Afghanistan, ha dichiarato il 15 luglio 2008 che era a favore dell’invio di un’ulteriore forza di 15 mila soldati, ma non era chiaro se intendesse truppe Usa o alleate, o di una combinazione.  E’ sconvolgente, secondo il giornale, l’insistenza con cui McCain continua a parlare di “vittoria” in Iraq, e dell’accusa che rivolge ad Obama, il quale, secondo il senatore dell’Arizona, vorrebbe arrendersi.

L’International Herald Tribune scrive “Non abbiamo nessuna idea di cosa significhi vincere per McCain.  In un primo momento, Bush aveva promesso un Iraq libero e democratico.  Dopo aver speso 656 miliardi di dollari (ndt: pari a 437 miliardi di euro), la sua amministrazione ha fatto marcia indietro da tali grandiosi intendimenti e sarà fortunata se potrà lasciarsi dietro un governo centrale che funzioni marginalmente in un paese estremamente fragile”.

Obama ha iniziato il suo viaggio all’estero il 18 luglio 2008, con la prima tappa in Kuwait.  E’ arrivato in Afghanistan il 19 luglio, dove ha incontrato i comandanti militari e i soldati Usa,  oltre a diversi politici locali, fra cui l’ex signore della guerra e attuale governatore della provincia di Nangarhar, Gul Agha Sherzai. Prima di partire per l’Iraq, Obama ha incontrato anche il presidente afgano, Hamid Karzai. Dopo la visita in Iraq il 20 e 21, Obama visiterà la Giordania il 22, Israele e Cisgiordania il 23, ed infine approderà in Europa, dove visiterà la Germania il 24, la Francia il 25, e la Gran Bretagna il 26 luglio.

Così come gli occhi degli osservatori internazionali sono puntati a scrutare ogni passo e dichiarazione di Obama durante questo viaggio internazionale, il suo “mini dipartimento di stato” analizza tutto quello che succede nel mondo e prepara risposte ad ogni possibile domanda.  Lo staff sarà sicuramente importante nel fare ricerche e preparare il giovane candidato democratico su tutti gli argomenti di politica estera, ma, alla fine, Obama dovrà comunicare agli americani una visione del mondo credibile, e, soprattutto, dovrà proiettare l’immagine di un leader capace di guidare la più potente forza militare del mondo contemporaneo.  Solo così convincerà gli elettori americani di poter essere il loro “Commander-in-Chief”.

Autore: Tony Quattrone

Tony Quattrone è stato eletto rappresentante del Partito Democratico USA in Italia dal marzo 2015 al marzo 2017 (Democrats Abroad Italy-Chair). Ora vive a Houston, Texas, dove milita nel Partito Democratico della Contea di Harris. Ha vissuto in Italia per quasi 50 anni, dove ha lavorato prima per i programmi universitari del Dipartimento della Difesa USA, e poi come Capo delle Risorse Civili del Comando NATO di Napoli. Ha pubblicato oltre 200 articoli in italiano per diverse testate (Quaderni Radicali, Il Denaro, L'Avanti, ecc.) ed è stato intervista più volte dalla RAI e altre emittenti in Italia a proposito delle elezioni USA.

2 pensieri riguardo “Obama inizia il suo viaggio all’estero.”

  1. Ritengo che l’iniziativa del Senatore Obama di creare uno staff di collaboratori che lo assistano nella politica estera è una mossa giusta, in quanto certamente riduce il gap che Obama ha in questo campo. Chiaramente poi bisognerà cercare di far convergere in uno stesso punto le due anime di questo gruppo (riguardo appunto le relazioni internazionali).

    A questo punto, però, bisognerebbe sciogliere il nodo riguardante la vicepresidenza e personalmente a riguardo avrei opinioni contrastanti: Hillary Clinton come vicepresidente potrebbe da un lato portare ad una soluzione di doppio potere (senza dimenticare la presenza ingombrante del marito Bill), dall’altro potrebbe certamente essere l’occasione di ricementare le due fazioni del partito democratico, logorato da mesi di dure battaglie tra la Senatrice di New York e il Senatore dell’Illinois. In Patria, da parte di molti osservatori ed esponenti politici del partito democratico, c’è l’auspicio che Obama porti Hillary Clinton alla vicepresidenza almeno per il suo bagaglio di esperienza.

    Il viaggio di Obama arriva probabilmente al momento giusto, per maturare la sua esperienza internazionale e in politica estera. C’è da dire che mentre negli Stati Uniti, secondo la mia opinione, si può notare un regresso nei consensi ad Obama, nelle cancellerie europee e nella stessa popolazione europea c’è grande attesa ed entusiasmo nei confronti del giovane Senatore afroamericano. Questo potrà giovare molto per la sua corsa alla Casa Bianca (si parla anche di un importante discorso da tenere a Berlino) e anche secondo me questo viaggio dovra essere un occasione per convincere(e aggiungerei specialmente) sia gli americani che il resto del mondo che quello che Obama dice in campagna elettorale sarà il suo pensiero guida anche da presidente. Dico questo perchè ho notato che anche testate giornalistiche a lui favorevoli, sono alquanto dubbiose su quello che davvero il senatore dell’Illinois sarà in grado di mantenere delle sue promesse elettorali e che quindi vedremo eventualmente da presidente un altro Obama. Spero proprio di no!.

  2. Caro Marco, sono d’accordo con le tue osservazioni, specialmente per quanto riguarda la situazione all’interno del Partito democratico americano. Le due anime, quella progressista e quella centrista, devono essere unite prima o poi, se non si vuole dare ai repubblicani un grosso vantaggio. I democratici possono farcela solo se rimangono uniti, riuscendo a conquistare anche i voti del centro non allineato, e sperando che molti elettori repubblicani non si presentino alle urne il prossimo novembre, delusi dalla scelta”McCain”.

    Sembra che Obama riesca a riscuotere simpatie sia in Europa, sia in Medio Oriente. In America dovrà ora prepararsi ai durissimi attacchi che verranno dai repubblicani su tutto. Ogni parola che dirà, ogni suo comportamento, e anche chi sceglierà come collaboratori saranno oggetto e soggetto di speculazioni. Gli attacchi che ha subito da Hillary e Bill Clinton durante le primarie gli sembreranno cose da poco. Così vanno le campagne elettorali in America.

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