Obama in testa anche fra i superdelegati

Ieri si è votato nel West Virginia

Anthony M. Quattrone

Ieri si sono svolte le primarie democratiche in West Virginia, e, mentre il giornale va in stampa, si stanno concludendo le operazioni post voto, per assegnare i 28 delegati in palio.  Se le previsioni sono rispettate, la senatrice di New York, Hillary Clinton, dovrebbe aver vinto il West Virginia con un ampio margine.

I risultati delle consultazioni in questo piccolo stato di tradizione conservatrice, tuttavia, non avranno alcun effetto sulla traiettoria che ormai si sta consolidando a favore del senatore dell’Illinois, Barack Obama, il quale, domenica 11 maggio, ha superato l’ex first lady anche nel numero di superdelegati, confermando l’inversione di tendenza fra questi ultimi, che, fino a poche settimane fa, erano schierati in maggioranza a favore dell’ex first lady.

Secondo RealClearPolitics, Obama ha 279 superdelegati, contro i 272 per la Clinton, mentre sono 244 quelli che non hanno ancora dichiarato per chi voteranno nella Convention democratica del prossimo agosto a Denver.  Obama continua a guadagnare consensi all’interno del partito dopo le consultazioni dello scorso 6 maggio in Indiana e nel Nord Carolina.  L’ex candidato democratico per le presidenziali del 1972, George McGovern, una bandiera dei progressisti americani, ha dichiarato il suo sostegno per Obama mercoledì scorso, così come altri 25 superdelegati nelle ultime due settimane, contro solo due per la senatrice Clinton.

Il conto dei delegati assegnati attraverso le consultazioni elettorali, primarie e caucus, fino ad ora è saldamente a favore di Obama, che conduce per 1.591 a 1.426, con 237 ancora d’assegnare.  Il totale fra delegati e superdelegati da un vantaggio di 1.870 a 1.698 per Obama, cui mancano solo 155 delegati per raggiungere la quota di 2.025, per ottenere la nomination del partito.  Sono rimasti d’assegnare solo 481, fra delegati e superdelegati.  La matematica è tutta contro le più rosee aspirazioni della senatrice Clinton – per pareggiare con Obama, dovrebbe riuscire ad ottenere il 68% dei consensi rimasti, fra delegati e superdelegati, mentre per Obama, con un successo poco oltre il 32%, nelle prossime consultazioni e fra i superdelegati ancora disponibili, il successo sarebbe garantito.

A parte le difficoltà “matematiche” per raggiungere quota 2.025, la senatrice Clinton sta riscontrando, per la seconda volta da febbraio, notevoli difficoltà economiche per sostenere la sua campagna elettorale.  La senatrice ha dovuto anticipare la settimana scorsa, assieme a suo marito, l’ex presidente Bill Clinton, circa 6 milioni di dollari dai propri fondi personali per garantire la continuazione della sua campagna elettorale.

La pressione sta montando sia all’interno del partito democratico, sia fra gli opinionisti e commentatori politici vicini al partito, affinché la senatrice Clinton conceda al più presto la vittoria ad Obama.  L’ex first lady registra perdite di consensi giornalmente, specialmente per certe manifestazioni del suo carattere e alcune dichiarazioni che ha fatto di recente.  La famosa giornalista del New York Times, Maureen Dowd, ha scritto sul giornale newyorchese di domenica11 maggio, che la senatrice Clinton sta facendo ricorso a tattiche quasi razziste, quasi come se volesse dire “attenzione, quello è un nero!”, e fa dichiarazioni che cercano di creare l’impressione che “il gradimento per il senatore Obama fra gli americani che lavorano duramente, fra i bianchi che lavorano duramente, sta diminuendo di nuovo, mentre i bianchi che non hanno completato l’università appoggiano me”.

Per Clarence Page del Chicago Tribune le tattiche della senatrice Clinton contro Obama, basate su questioni razziali, sono disdicevoli, anche perchè “in un primo momento si metteva in dubbio che Obama fosse abbastanza nero per conquistare il voto afro americano, e ora lo si accusa di essere troppo elitario per conquistare il voto dei bianchi a basso livello di scolarizzazione”.

Per Dick Polman del Philadelphia Inquirer, la divisione nell’elettorato democratico è evidente, e sarà necessario mettersi all’opera per unirlo.  Obama ha l’appoggio dei più giovani, dei benestanti, dei colletti bianchi, degli abitanti dei centri urbani, degli intellettuali, e dei neri su cui la Clinton poteva contare all’inizio della campagna elettorale.  L’ex first lady può contare sugli anziani, il ceto medio, i colletti blu, gli abitanti delle zone rurali, e le donne, su cui Obama non ha mai potuto contare.

David S. Broder, del Washington Post, pone l’accento sulla necessità che la campagna democratica finisca al più presto proprio per dare ad Obama il tempo necessario per impegnarsi nel guadagnare consensi fra gli ispanici e i bianchi con bassi livelli scolastici, quelli che fino ad ora hanno sostenuto in maggioranza la senatrice Clinton, e per unire il partito per conquistare la Casa Bianca.

Il voto di ieri in West Virginia probabilmente darà ancora un minimo di respiro alla campagna elettorale della senatrice Clinton, e le permetterà di ribadire che ha il sostegno di quei democratici che si identificano nella parte più conservatrice del partito.  Tuttavia, sarà forse proprio la vittoria della Clinton in West Virginia, insignificante numericamente, ma colorata politicamente, che potrà convincere altri superdelegati che è venuto il momento di dare finalmente una svolta al partito democratico nella direzione indicata da Obama, e dichiarare apertamente il loro sostegno per il senatore dell’Illinois.  Se la Clinton non si arrenderà, il prossimo appuntamento sarà il 20 maggio, quando si svolgeranno le primarie nell’Oregon e nel Kentucky con 103 delegati in palio, e allora ne mancheranno veramente pochi ad Obama per raggiungere quota 2.025.

Pubblicato il 14 maggio 2008 sull’Avanti!.

Autore: Tony Quattrone

Tony Quattrone è stato eletto rappresentante del Partito Democratico USA in Italia dal marzo 2015 al marzo 2017 (Democrats Abroad Italy-Chair). Ora vive a Houston, Texas, dove milita nel Partito Democratico della Contea di Harris. Ha vissuto in Italia per quasi 50 anni, dove ha lavorato prima per i programmi universitari del Dipartimento della Difesa USA, e poi come Capo delle Risorse Civili del Comando NATO di Napoli. Ha pubblicato oltre 200 articoli in italiano per diverse testate (Quaderni Radicali, Il Denaro, L'Avanti, ecc.) ed è stato intervista più volte dalla RAI e altre emittenti in Italia a proposito delle elezioni USA.