McCain e Obama non superano il 50 percento nei sondaggi.

Testa a testa fra McCain e Obama nei sondaggi

Anthony M. Quattrone

Fra un mese si svolgerà la Convention democratica a Denver, Colorado, dove il senatore dell’Illinois, Barack Obama, riceverà l’investitura ufficiale come candidato del partito alle presidenziali Usa del prossimo novembre. Infatti, per il momento, Obama è il “presumptive candidate” (il candidato presunto o supposto) democratico, così come lo è il senatore dell’Arizona, John McCain, per i repubblicani, fino a quando non riceverà l’investitura ufficiale del partito durante la Convention che si terrà a St. Paul, Minnesota, ai primi di settembre.

Albert R. Hunt, dell’agenzia Bloomberg News, ha scritto sull’ International Herald Tribune, del 28 luglio 2008, che le elezioni presidenziali americani ricordano le diverse fasi dell’iter scolastico. Durante le primarie, i candidati si comportano come gli studenti delle elementari, “con una partenza eccitante e imprevedibile”. Nella fase finale, dopo l’investitura ufficiale delle rispettive Convention, si comportano come studenti della scuola secondaria superiore, che agiscono con la consapevolezza che la posta in gioco è il proprio futuro. Fra la fine delle primarie e l’investitura ufficiale delle Convention, c’è un periodo paragonabile alle scuole medie, che Hunt definisce “una disagevole e innaturale esistenza che ti prepara per il grande palcoscenico”.

Seguendo questa metafora, secondo Hunt, Obama sta imparando tantissimo e sta ottenendo il massimo dei voti durante “la scuola media,” mentre McCain sta ottenendo appena la sufficienza. Per Hunt, Obama sta utilizzando il periodo fra la fine delle primarie e l’inizio della Convention democratica magistralmente, come può essere dimostrato dal successo del viaggio di otto giorni all’estero, dove ha potuto sfoggiare uno stile “presidenziale e rassicurante, evitando passi falsi”. Hunt descrive il contrasto fra l’immagine di un Obama “vigoroso nell’elicottero che sorvola l’Iraq, mentre McCain si è fatto ritrarre in un campo di golf, spostandosi in un veicolo elettrico, assieme all’ex presidente, George H. W. Bush — 155 anni in due”.

Il commentatore conservatore del Sun-Times, Robert Novak, non contesta l’opinione di Hunt, ma scrive, in un articolo del 28 luglio 2008, che il viaggio all’estero di Obama non è servito a portare il candidato democratico oltre quota 50 percento nei sondaggi nazionali. Novak ricorda che durante il periodo fra la fine delle primarie e la data delle Convention, i candidati democratici hanno avuto, recentemente, notevoli margini di vantaggio sui repubblicani, per poi vincere o perdere per pochi punti.

Nel 1976, per esempio, Jimmy Carter arrivò ad un vantaggio di 33 punti durante l’estate, per poi vincere contro il presidente uscente, Gerald Ford, per un solo punto percentuale di vantaggio nel calcolo del voto popolare. Nel 1988, Michael Dukakis era in vantaggio su Bush padre per ben 17 punti, per poi perdere le elezioni a novembre. Al Gore nel 2000 e John Kerry nel 2004 erano in vantaggio, durante l’estate, sull’attuale presidente, George W. Bush, per poi perdere a novembre. Per Novak, è difficile spiegare perchè Obama è ancora sotto il tetto del 50 percento nei sondaggi, anche se continua ad essere in vantaggio su McCain per 6 o 7 punti percentuali.

Novak specula che la maggiore difficoltà incontrata da Obama nel raggiungere quota 50 percento nei sondaggi, può essere spiegata dall’indicazione di voto dei lavoratori bianchi, proprio quelli che il senatore afro americano voleva convincere durante il suo viaggio nelle zone di guerra. Secondo il commentatore conservatore, il voto di questo gruppo di elettori “indecisi” è quantificato fra il 10 e il 15 percento. Per Novak, Obama ha sicuramente avuto successo nel suo viaggio nelle zone di guerra e ha evitato di fare delle gaffe, ma non ha saputo sfruttare un’occasione d’oro, quando si è trovato seduto al fianco del popolare generale David Petraeus, l’ideatore dell’attuale “surge” in Iraq. Secondo Novak, se Obama avesse ammesso che la strategia del “surge” stava funzionando, avrebbe forse causato un po’ di maretta a sinistra, ma avrebbe forse conquistato il voto di quei lavoratori bianchi che oggi non sanno per chi votare a novembre. Per Novak, Obama avrebbe dimostrato di essere diverso dai “vecchi politicanti”, ammettendo che si era sbagliato quando oppose l’idea del “surge”.

Obama ha bisogno di conquistare al più presto il consenso dei lavoratori bianchi che fino allo scorso giugno, durante le primarie democratiche, hanno sostenuto la senatrice di New York, Hillary Clinton. E forse il partito democratico è già all’opera per far scendere in campo l’ex presidente Bill Clinton, assieme alla moglie, Hillary, in prima persona, per convincere l’intera base democratica a sostenere il giovane senatore dell’Illinois.

Per Novak, il rischio più grosso per Obama sta proprio nella capacità di McCain di aspettare e di resistere a lungo, un po’ come ha fatto sia durante i cinque anni da prigioniero di guerra ad Hanoi, sia durante le recenti primarie repubblicane, dove è partito sfavorito e con poche risorse finanziarie, ma è riuscito a logorare e battere candidati forti come l’ex sindaco di New York, Rudi Giuliani, l’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, e l’ex governatore dell’Arkansas, Mike Huckabee, approfittando della dura lotta che uno faceva contro l’altro.

Obama dovrà ancora affinare alcune sue posizioni tradizionalmente liberal per mirare a guadagnare consensi al centro, e superare, così, la quota del 50 percento nei sondaggi nazionali. Se la campagna elettorale è paragonabile, come scrive Hunt, alle diverse fasi scolastiche, Obama sta dimostrando che sta imparando e ha buone possibilità di ottenere la “promozione”, lasciando dietro di se la fase della “partenza eccitante e imprevedibile”. Mentre “cresce” non è chiaro, tuttavia, quanto dovrà snaturare il suo messaggio di cambiamento, che ha caratterizzato, in modo frizzante e innovativo, le primarie di entrambi i partiti americani. Nel frattempo, secondo l’ultimo sondaggio della Gallup/USA Today, pubblicato il 28 luglio 2008, McCain ha superato Obama fra gli elettori che molto probabilmente andranno a votare il prossimo novembre, mentre Obama continua a registrare un leggero vantaggio fra gli elettori in generale. E’ sicuramente un chiaro campanello d’allarme per il giovane senatore afro americano.

Autore: Tony Quattrone

Tony Quattrone è stato eletto rappresentante del Partito Democratico USA in Italia dal marzo 2015 al marzo 2017 (Democrats Abroad Italy-Chair). Ora vive a Houston, Texas, dove milita nel Partito Democratico della Contea di Harris. Ha vissuto in Italia per quasi 50 anni, dove ha lavorato prima per i programmi universitari del Dipartimento della Difesa USA, e poi come Capo delle Risorse Civili del Comando NATO di Napoli. Ha pubblicato oltre 200 articoli in italiano per diverse testate (Quaderni Radicali, Il Denaro, L'Avanti, ecc.) ed è stato intervista più volte dalla RAI e altre emittenti in Italia a proposito delle elezioni USA.

Un commento su “McCain e Obama non superano il 50 percento nei sondaggi.”

  1. Ho scoperto solo oggi questo blog, molto utile, grazie!
    Io ho da poco aperto un blog in occasione di un viaggio negli States che concluderò con due settimane a Chicago seguendo da vicino la campagna di Obama dal suo headquarters.
    Buon lavoro!

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