Le tre taiettorie della politica estera di Obama

Apertura all’Islam, cambio di rotta in Afghanistan, e riduzione dell’arsenale atomico nel mondo: Barack va spedito

U.S. President Barack Obama speaks during a news conference at the end of the Nuclear Security Summit in Washington, April 13, 2010.… Read more » REUTERS/Jim Young

Anthony M. Quattrone

La politica estera del presidente americano Barack Obama si è sviluppata, fino a questo momento, su tre principali traiettorie: l’apertura nei confronti del mondo islamico, il cambio di rotta nella conduzione della guerra in Afghanistan, e la riduzione e il controllo delle armi nucleari nel mondo.

La prima traiettoria, l’apertura degli Usa nei confronti del mondo islamico, è molto ambiziosa sia a causa del pregiudizio dell’americano medio che associa il terrorismo all’Islam, sia per la percezione del mondo islamico che gli Usa sono sempre dalla parte di Israele, contro i palestinesi e la nazione araba in generale.  Con il discorso che ha tenuto all’Università del Cairo il 4 giugno 2009, Obama ha cercato di mettere in risalto le cose che la cultura americana e quella islamica hanno in comune, lanciando messaggi di rispetto, tolleranza, e condivisione.  Il percorso di avvicinamento fra Islam e America è ancora lungo e pieno di ostacoli che dovranno essere affrontati e superati con pazienza e molto realismo. Uno dei maggiori ostacoli rimane il conflitto fra Israele e palestinesi, che continua ad alimentare sentimenti antiamericani in tutto il Medio Oriente. L’atteggiamento intransigente da parte di alcuni governanti israeliani, così come le discutibili iniziative riguardanti la presenza di coloni israeliani in territori arabi e palestinesi, e le recenti decisioni di autorizzare la costruzione di nuove unità abitative ebraiche a Gerusalemme creano nuovi ostacoli per la politica di avvicinamento nei confronti dell’intero mondo islamico.  Per il generale David H. Petraeus, il comandante delle forze militari Usa nel Medio Oriente e uno dei massimi strateghi militari americani di tutti i tempi, il conflitto fra Israele e i palestinesi tocca direttamente gli interessi nazionali americani, creando un ambiente poco sicuro per le forze militari Usa in tutto il Medio Oriente.

La seconda traiettoria che marcherà in modo indelebile la politica estera di Obama è il cambio di strategia che il presidente ha impresso alla guerra in Afghanistan.  Durante la campagna elettorale, Obama aveva criticato il presidente in carica, George W. Bush, per non aver completato le operazioni militari in Afghanistan, lasciando ampi territori del paese in mano ai taleban, e senza che le istituzioni centrali afgane potessero svilupparsi concretamente.  Per Obama, una nuova strategia che combinasse interventi militari e civili era necessaria per evitare che l’Afghanistan ricadesse di nuovo sotto il controllo dei taleban, i quali avrebbero potuto ospitare, ancora una volta, i terroristi di al-Qaeda.  Obama ha deciso nel maggio 2009 di cambiare rotta nominando il generale Stanley McChrystal come comandante delle forze Usa e NATO in Afghanistan, con gli ordini di sviluppare una nuova strategia integrata, che combinasse sicurezza, stabilizzazione delle istituzioni afgane, e sviluppo economico.  Obama ha accettato, almeno in parte, la richiesta di McChrystal di aumentare le truppe americane dispiegate, e ha condotto una notevole campagna diplomatica per convincere i partner europei della NATO a impegnarsi di più.  E’ ancora troppo presto per comprendere se la nuova strategia di Obama e McChrystal riuscirà nel portare la pace in Afghanistan, ma è certo che il realismo del presidente permette anche ai militari di ragionare in modo sistemico sull’interrelazione fra sicurezza e stabilità istituzionale ed economica del paese.

La terza traiettoria che segna la politica estera di Obama è la sua visione di un mondo senza armi nucleari.  Obama annunciò nel discorso che tenne dinanzi ad una folla festante a Praga il 5 aprile 2009, che si sarebbe impegnato per la riduzione e la non proliferazione delle armi nucleari.  Il comitato di Oslo per il Nobel della pace ha premiato la visione del presidente americano, assegnandogli il Nobel per la pace del 2009, forse anche per incoraggiarlo nell’avanzare, durante il suo mandato presidenziale, il processo di denuclearizzazione del mondo.  A un anno di distanza dal discorso di Praga, il presidente americano non ha deluso le attese, segnando due grossi successi nella direzione di un mondo senza armi nucleari.  Il primo è la firma del nuovo trattato START che Obama e il premier russo Dmitrij Medvedev hanno firmato a Praga l’8 aprile 2010.  Questo nuovo trattato, che prevede la riduzione dei rispettivi arsenali bellici nucleari del trenta percento, sostituisce il primo START firmato da Mikhail Gorbaciov e George H.W. Bush nel 1991.

Il secondo successo è la partecipazione di quarantasette paesi alla conferenza sulla sicurezza nucleare organizzata e ospitata dal presidente americano a Washington il 12 e 13 aprile 2010. Obama è soddisfatto che la conferenza ha permesso di formulare un piano di misure concrete per porre “sotto chiave” nel giro dei prossimi quattro anni tutto il plutonio e l’uranio altamente arricchito disseminato per il pianeta, garantendo che tale materiale non cada nelle mani di paesi ad alto rischio o di gruppi terroristi.  “A due decenni dalla fine della Guerra fredda” ha evidenziato Obama, “ci troviamo ad affrontare una crudele ironia della storia: il rischio di un confronto nucleare tra le nazioni è diminuito, ma il pericolo di un attacco nucleare è aumentato”, perché se del materiale nucleare cadesse nelle mani di organizzazioni come al-Qaida, “anche una quantità minima di plutonio, delle dimensioni di una mela, potrebbe uccidere centinaia di migliaia di persone”.  Le maggiori potenze nucleari sembrerebbero interessate, dopo la conferenza, a sostenere Obama quando proporrà nuove misure contro l’Iran e la Corea del Nord per bloccare i loro programmi per costruire armi atomiche.

Alcuni osservatori americani avevano rilevato che durante gli ultimi mesi il presidente non era stato sufficientemente presente nell’arena internazionale, e che forse era troppo distratto dai problemi interni, e in particolare dalla sofferta approvazione della riforma sanitaria.  Durante le ultime tre settimane, dalla visita a sorpresa in Afghanistan il 28 marzo 2010, seguito dalla firma del nuovo START a Praga, e dalla conferenza di Washington sulla sicurezza nucleare, Obama è tornato energicamente sulla scena mondiale.

Tuttavia, Obama dovrà focalizzare di nuovo tutta la sua attenzione sul fronte interno, specialmente tenendo conto che a novembre si svolgeranno le elezioni di mid-term, con il rinnovo di tutta la Camera e di un terzo del Senato. Secondo un sondaggio prodotto per l’Associated Press prima della conclusione del vertice sulla sicurezza di Washington, il presidente è scivolato sotto il cinquanta percento nel gradimento degli elettori, e i deputati e senatori democratici sono ancora più giù.  Obama sicuramente si ricorderà che George Bush padre ebbe grossi successi in politica estera, testimoniando la caduta del Muro di Berlino, la dissoluzione dell’URSS e del Patto di Varsavia, e vincendo la prima guerra del Golfo contro Saddam Hussein, ma perse le elezioni perché l’economia Usa non girava.

Autore: Tony Quattrone

Tony Quattrone è stato eletto rappresentante del Partito Democratico USA in Italia dal marzo 2015 al marzo 2017 (Democrats Abroad Italy-Chair). Ora vive a Houston, Texas, dove milita nel Partito Democratico della Contea di Harris. Ha vissuto in Italia per quasi 50 anni, dove ha lavorato prima per i programmi universitari del Dipartimento della Difesa USA, e poi come Capo delle Risorse Civili del Comando NATO di Napoli. Ha pubblicato oltre 200 articoli in italiano per diverse testate (Quaderni Radicali, Il Denaro, L'Avanti, ecc.) ed è stato intervista più volte dalla RAI e altre emittenti in Italia a proposito delle elezioni USA.