Un percorso a più piste per contenere l’Iran
Anthony M. Quattrone
La destra americana accusa il presidente Barack Obama di aver intrapreso una politica troppo conciliante nei confronti dell’Iran. L’ex ambasciatore americano alle Nazioni Unite, John R. Bolton, ha dichiarato che gli Stati Uniti sono in grande ritardo, perché “l’Iran è molto avanti nell’acquisire armi nucleari”. Secondo Bolton gli Usa hanno “passato quattordici mesi con un presidente inesperto e ingenuo”. Bolton è “preoccupato perché quest’amministrazione crede di poter trattare con l’Iran. Questa è una fantasia.” Bolton non crede che una nuova fase di sanzioni possa servire per bloccare la corsa dell’Iran verso il nucleare per scopi militari.
L’avversario repubblicano di Obama alle presidenziali del 2008, il senatore dell’Arizona, John McCain ha dichiarato il 14 aprile 2010 che gli iraniani riusciranno ad ottenere la bomba atomica se gli Stati Uniti non agiscono più audacemente. Secondo McCain, “gli Usa continuano a puntare una pistola carica all’Iran, senza mai tirare il grilletto”, pertanto, perdendo credibilità. Per l’altro senatore repubblicano dell’Arizona, Jon Kyl, la conferenza sul disarmo nucleare, che si è tenuto a Washington il 12 e 13 aprile 2010, è stata una vera delusione, perché “il presunto grande risultato del summit è una risoluzione non vincolante che in larga parte riformula la politica attuale e non fa nessun rilevante passo in avanti nel trattare le minacce di terrorismo nucleare o il progresso dell’Iran verso l’armamento nucleare”.
I sostenitori d’Israele d’oltreoceano, repubblicani e democratici, sono similmente critici nei confronti della politica di Obama verso l’Iran. Per l’ex sindaco di New York, il democratico Ed Koch, “sembrerebbe che l’amministrazione Obama ha deciso di convivere con l’idea che due stati canaglia – Nord Corea e Iran – possono fare quello che vogliono sul fronte nucleare.” Ricordando la politica di conciliazione degli inglesi e dei francesi nei confronti della Germania nazista, Koch tuona che “c’è nell’aria una cattiva zaffata che sa di Monaco e della politica di conciliazione. E’ un cattivo segnale del trattamento abissale che l’amministrazione Obama riserverà al nostro stretto alleato, Israele”. Anche l’avvocato Alan M. Dershowitz, famoso anche per aver difeso O. J. Simpson nella causa di uxoricidio, ha fatto riferimento alla politica del primo ministro inglese Neville Chamberlain verso la Germania nazista fra il 1937 e il 1939, ricordando ad Obama, dalle pagine del Wall Street Journal, che lo statista inglese non è ricordato per la sua politica di riforme sociali che fece nel suo paese, bensì per il fallimento della politica di “appeasement” (conciliazione) nei confronti di Hitler.
La politica che l’amministrazione Obama ha deciso di seguire nel tentare di bloccare la capacità dell’Iran di acquisire armi nucleari segue una strategia che combina iniziative per isolare e mettere sotto pressione il regime, come nel caso delle sanzioni, con altre proposte tendenti ad aumentare la pressione interna da parte dell’opposizione democratica al regime.
Sul fronte delle sanzioni, Obama sta seguendo sia una strada domestica, cercando di ottenere l’appoggio bipartisan del Congresso, sia una strada internazionale, attraverso un lavoro pazienze di tessitura presso le cancellerie dei paesi che compongono il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Sul fronte interno, il Congresso ha convocato il 28 aprile 2010 una conferenza di deputati e senatori per cercare di consolidare le diverse proposte fatte dalle due Camere sulle misure da adottare contro l’Iran e contro quelle imprese che violano le sanzioni nei confronti del paese islamico, per presentare un testo unico al presidente Obama, per la sua firma, entro un paio di settimane. In campo internazionale, gli Stati Uniti premono per far approvare nuove sanzioni al Consiglio di sicurezza dell’Onu in concomitanza con la presentazione delle proposte che il Congresso metterà alla firma di Obama. E’ scontato, tuttavia, che Washington dovrà notevolmente ridimensionare le richieste di sanzioni, se vuole ottenere l’unanimità all’interno del Palazzo di Vetro.
Nel frattempo, nell’attesa dell’imposizione da parte delle Nazioni Unite della quarta serie di sanzioni contro Teheran, l’assistente segretario di Stato per gli affari legislativi, Rich Verma, ha evidenziato che alcune compagnie come Total, Statoli e Eni hanno bloccato nuovi lavori in Iran, mentre le attività da parte di compagnie cinesi sono drasticamente aumentate.
Secondo l’analista Geneive Abdo della Century Foundation, esiste una via di mezzo fra guerra e conciliazione, che potrebbe servire per creare ampi spazi di democrazia in Iran. Per Abdo, “la politica Usa ed Europea verso l’Iran dovrebbe seguire più piste, tenendo la porta aperta al dialogo, ma evidenziando l’atroce primato del regime per quanto riguarda i diritti umani, piuttosto che considerar le uniche scelte disponibili quelle di un attacco militare o l’acquiescenza nei confronti di un regime repressivo”. Secondo gli analisti vicini all’amministrazione americana, l’opposizione iraniana è cresciuta notevolmente all’interno della società civile, e, se non è certamente alla soglia della presa del potere, non è nemmeno destinata a sbriciolarsi e scomparire. All’interno di una strategia politica che segue più piste, diventa essenziale secondo Abdo, rafforzare la capacità di far arrivare ai cittadini iraniani notizie dal resto del mondo, rafforzando tutti i sistemi di comunicazione verso il paese islamico, dalla televisione satellitare, all’Internet ad alta velocità, sempre via satellite.
Nell’affrontare il regime iraniano, Obama deve districarsi fra accuse di ingenuità sul fronte interno, la voglia dei falchi di “premere il grilletto”, la necessità della diplomazia di tessere alleanze per isolare Teheran, e la speranza di poter aiutare l’opposizione al regime degli ayatollah di guadagnare spazi e crescere. Purtroppo Obama non ha molto tempo a disposizione per prendere iniziative decisive nei confronti di Teheran. Non ha tempo perché già è iniziata la campagna elettorale americana per le elezioni di novembre. Non ha tempo perchè, dove gli occidentali lasciano spazio, i cinesi li riempiono (sia negli affari, sia nella politica). E, oltre qualsiasi altra preoccupazione, Obama non ha tempo perché, mentre da una parte può controllare quegli americani che vorrebbero premere il grilletto contro l’Iran, dall’altra sembra invece non aver alcun controllo su chi, in Israele, potrebbe decidere che il periodo del dialogo con gli ayatollah è scaduto.
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