La riforma sanitaria è fatta. Obama ringrazia Nancy Pelosi.

Anthony M. Quattrone

House Speaker Nancy Pelosi of Calif. acknowledges applause from House members after signing the Senate Health Reform Bill, Monday, March 22, 2010, on Capitol Hill in Washington. From left are, House Majority Leader Steny Hoyer of Md., Rep. George Miller, D-Calif., Rep. Louise Slaughter, D-N.Y., Rep. Chris Van Hollen, D-Md., Rep. Henry Waxman, D-Calif., Pelosi, Rep. John Dingell, D-Mich., Rep. Sander Levin, D-Mich.,, and Rep. John Larson, D-Conn. (AP Photo/Manuel Balce Ceneta) (Manuel Balce Ceneta, AP / March 22, 2010)

E’ indubbiamente vero che Barack Obama è il primo presidente americano che è riuscito a portare a compimento una riforma del sistema sanitario di ampio respiro.  E’ riuscito dove Bill Clinton non è riuscito.  Ed è stato capace di non mollare, dinnanzi a tutti gli ostacoli che si sono interposti fra lo stato delle cose e la sua visione di emancipare 32 milioni di americani, non coperti da alcuna assicurazione sanitaria.

Obama ha vinto, di nuovo, e ora lo slogan è ancora una volta passato da “yes, we can” a “yes, we did it”, così come accadde nel novembre 2008, quando ha vinto le elezioni presidenziali.

Obama ha incontrato degli ostacoli veramente enormi nel condurre la lotta per la riforma.  Primo fra tutti, era il calo di attenzione nei confronti del tema della riforma sanitaria, quando l’attenzione del Paese era ed è quasi totalmente focalizzata sulla crisi economica e la perdita dei posti di lavoro.  Ottenere il consenso degli americani per riformare il sistema sanitario quando il problema primario è la disoccupazione, la perdita della casa, l’incertezza del futuro, e la dissoluzione del sogno americano è stata, e forse è ancora, una missione impossibile.  I sondaggi non sostengono il presidente nel suo impegno per la riforma, anche ora che ha vinto, perché le preoccupazioni dell’americano medio sono concentrate altrove.  Obama, tuttavia, promettendo di essere un leader che avrebbe rifiutato di governare in base ai sondaggi, sapeva che era necessario intaccare i meccanismi perversi del sistema sanitario, responsabile di una grossa fetta della spesa globale degli americani, per assicurare ai cittadini un sacrosanto diritto, innegabile in qualsiasi paese occidentale nel ventunesimo secolo, quello di potersi curare senza dover necessariamente indebitarsi a vita.  Obama sapeva che la maggioranza di cui gode oggi nel Congresso sarebbe potuta svanire già nelle prossime elezioni di novembre, e non sarebbe stato più possibile riformare in modo drastico il sistema sanitario.  Ora o mai più.

Gli ostacoli sulla strada di Obama includevano anche una forte opposizione interna al suo partito, dove differenze etniche, regionali, politiche, e ideologiche facevano a turno nell’impedire ai massimi leader democratici di tessere una piattaforma unitaria.  L’anima liberal si scontrava in modo brutale con gli anti abortisti, mentre l’opposizione repubblicana poteva rimanere tranquillamente alla finestra, osservando una guerra fratricida.

La morte di Ted Kennedy lo scorso agosto, il senatore democratico del Massachusetts, considerato il padrino della riforma sanitaria, e la successiva perdita del suo seggio al senato a gennaio di quest’anno, vinto da uno sconosciuto candidato repubblicano, gettava un’ombra sull’intero impianto della proposta di riforma.  Senza Kennedy, il giovane presidente sembrava aver perso la bussola nel tracciare la rotta per portare a termine la riforma.

Il ruolo svolto da Nancy Pelosi, presidente democratica della Camera, è stato probabilmente decisivo nell’assicurare ad Obama il successo.  E’ stata lei, dietro le quinte, a svolgere opera di convinzione nei confronti dei deputati democratici dubbiosi della validità della riforma proposta da Obama.  Ed è stata lei a torcere il braccio dei democratici più recalcitranti per convincerli a votare a favore della riforma, superando divisioni settarie e basate su questioni ideologiche. In qualche caso, la Pelosi ha affrontato, a muso duro, anche quei deputati che usavano, in modo ricattatorio, il loro voto come merce di scambio per assicurare il finanziamento per qualche progetto da finanziare nel loro distretto elettorale.  Roba da film.  Nancy Pelosi ha tenuto duro, e ha garantito al presidente il raggiungimento della maggioranza di 216 voti necessari.  Alla fine, la Pelosi ha convinto 219 democratici a votare per la riforma.  Per il Los Angeles Times, questa riforma sanitaria consacrerà Nancy Pelosi come uno dei più potenti presidenti della Camera nella storia degli Stati Uniti.

Ora Obama dovrà convincere gli americani che è stato giusto fare la riforma sanitaria e che non si è fatto distrarre dagli impegni per combattere la crisi economica e la guerra contro il terrorismo.  La campagna elettorale per le elezioni di novembre, quando saranno rinnovate l’intera Camera e un terzo del Senato, è praticamente già iniziata, e i repubblicani non perdono occasione per accusare il presidente e i democratici di non essere in contatto con l’America vera, quella che perde il lavoro e che soffre.  Ora tocca ad Obama sfruttare la vittoria odierna, sperando che l’economia cominci a riprendersi sul serio.  Senza una decisa ripresa economica, i democratici perderanno molti seggi sia alla Camera, sia al Senato, perchè in America, quello che conta, sempre, è l’economia.

Autore: Tony Quattrone

Tony Quattrone è stato eletto rappresentante del Partito Democratico USA in Italia dal marzo 2015 al marzo 2017 (Democrats Abroad Italy-Chair). Ora vive a Houston, Texas, dove milita nel Partito Democratico della Contea di Harris. Ha vissuto in Italia per quasi 50 anni, dove ha lavorato prima per i programmi universitari del Dipartimento della Difesa USA, e poi come Capo delle Risorse Civili del Comando NATO di Napoli. Ha pubblicato oltre 200 articoli in italiano per diverse testate (Quaderni Radicali, Il Denaro, L'Avanti, ecc.) ed è stato intervista più volte dalla RAI e altre emittenti in Italia a proposito delle elezioni USA.

Un commento su “La riforma sanitaria è fatta. Obama ringrazia Nancy Pelosi.”

  1. La nazione che per l’occidente rappresenta il più grande esempio di democrazia consolidata non poteva continuare ad accusare un così grave deficit di civiltà rappresentato dalla mancanza di assistenza sanitaria per gli indigenti. Sicuramente la portata economica ha creato degli scontenti ma quanto accaduto dimostra che se si VUOLE realizzare qualcosa si Puo’ realizzare. Grande Obama
    Demetrio Quattrone

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