Il voto degli americani si baserà sull’economia

I piani economici di McCain e Obama dinnanzi agli elettori Usa

Anthony M. Quattrone

L’economia americana è sempre in primo piano nelle presidenziali USA.  Secondo un sondaggio della CNN/Opinion Research Corp, il 48 percento degli intervistati pensa che l’economia sarà il fattore che maggiormente influenzerà come voterà a novembre.  Gli americani che dichiarano che la loro decisione di voto si baserà sul fattore economico è in netta salita, dal 35 percento di gennaio, e dal 42 percento di giugno.  Sempre secondo il sondaggio, solo il 18 percento degli intervistati indica, come fattore primario, la guerra in Iraq, mentre il 13 percento indica il tema dell’assistenza sanitaria.

Sempre secondo il sondaggio della Cnn, il 54 percento degli intervistati crede che il senatore democratico dell’Illinois, Barack Obama, ha una migliore ricetta per curare l’economia, contro il 43 percento che favorisce le politiche economiche annunciate dal senatore repubblicano dell’Arizona, John McCain.  Secondo Mark Vitner, un’economista della banca Wachovia, “quando l’economia va male, la preferenza degli elettori è di solito per il partito che sta all’opposizione”.  Vitner precisa, tuttavia, che “storicamente, quando i consumatori sono preoccupati a proposito dell’inflazione, tendono a votare per i repubblicani, mentre quando sono preoccupati per l’occupazione, tendono a votare democratico”.  McCain, pertanto, potrebbe trovare beneficio dall’inflazione che inizia a farsi sentire.

La preoccupazione degli americani per l’economia è giustificata, specialmente a causa dell’effetto negativo che l’aumento del costo della benzina sta avendo su tutti i prezzi dei generi di prima necessità.  Il quadro di riferimento economico degli elettori è alquanto buio, specialmente con la perdita di valore registrata nell’ultimo anno nel settore delle proprietà immobiliari, tipico bene di rifugio delle famiglie americane, e la conseguente crisi bancaria legata ai mutui immobiliari.  La stretta creditizia, la perdita di posti di lavoro, assieme alla perdita di quasi 18 percento del valore delle azioni rispetto allo scorso ottobre, dipingono un quadro sicuramente preoccupante per gli elettori a stelle e strisce.

Secondo l’economista Allan Meltzer, un professore della Carnegie Mellon University, citato da Steve Chapman in un articolo del Chicago Tribune del 3 agosto 2008, c’è un grande malinteso riguardante quello che sta succedendo in America.  Per Meltzer, non c’è una crescita economica negativa o debole, ma c’è una perdita di valore causato in primo luogo dall’aumento del prezzo del greggio, che equivale ad una forte tassazione, ed in secondo luogo dalla liquefazione di quasi tre mila miliardi di dollari a causa della crisi immobiliare.  Meltzer sostiene che gli americani devono affrontare la cruda realtà: “Siamo più poveri di quello che eravamo — è una spiacevole sensazione, ma è un dato di fatto– e dobbiamo abituarci al fatto che non possiamo fare quello che facevamo prima, perché una grossa fetta di quello che guadagniamo serve per pagare la benzina”.

Dick Morris, un ex consulente politico del senatore repubblicano del Mississippi, Trent Lott e del presidente democratico Bill Clinton, pensa che le preoccupazioni dell’elettorato per la situazione economica finirà per danneggiare Obama.  Morris si domanda, in un articolo che ha scritto per Real Clear Politics il 6 agosto 2008, se gli americani “sono disposti a porre la loro fiducia in un candidato con quasi nessuna esperienza, ed in particolare con nessuna dichiarata specializzazione relativa all’economia, proprio nel bel mezzo di una delle più minacciose situazioni economiche che abbiamo mai affrontato”.  Per Morris, le idee che Obama ha sostenuto durante le primarie, cioè prima dell’inasprimento dell’attuale crisi, potrebbero non solo peggiorare l’andamento dell’economia, ma potrebbero danneggiare il candidato democratico in modo definitivo nelle presidenziali di novembre.  Se durante le primarie, la proposta di innalzare le tasse sui capital gain, per riportarle al 28 percento, poteva risultare un’iniziativa equa, “oggi la stessa iniziativa si scontra con la massiccia fuoriuscita di capitali sia nel pubblico, sia nel privato” e, secondo Morris, sarebbe anche una pessima idea.

Secondo Cesar Conda, un ex assistente del vice presidente Dick Cheney e dell’ex candidato repubblicano, Mitt Romney, Obama sta ovviando alla marcata inesperienza in campo economico assemblando una squadra di esperti “centristi”.  Conda analizza in un articolo pubblicato nel The Weekly Standard il 4 agosto 2008 il ruolo di Jason Furman e Austan Goolsbee, due consulenti economici “centristi” di Obama, che probabilmente avranno ruoli importanti in un eventuale governo del senatore democratico.  Secondo Conda, con la vittoria di Obama, Furman potrebbe diventare il direttore del National Economic Council, mentre Goolsbee potrebbe aspirare a diventare il presidente del Council of Economic Advisers.

Sembra che il candidato democratico voglia indicare agli elettori americani che la sua politica economica si è già spostata verso il centro, abbandonando alcune posizioni tipicamente stataliste, che prevedevano sia l’espansione del ruolo dello stato, sia politiche protezioniste per quanto riguarda il commercio mondiale.  Furman e Goolsbee sono a favore del libero mercato, non hanno paura della globalizzazione, sostengono l’abbassamento della pressione fiscale sulle imprese americane, ma sono anche a favore di politiche sociali che possono garantire protezione per i più deboli, i pensionati, e per coloro che perdono il lavoro.

La tradizionale posizione repubblicana contro l’interferenza del governo nell’economia trova in McCain un forte sostenitore, ma, durante l’attuale crisi economica, gli elettori di entrambi gli schieramenti politici, sembrerebbero interessati ad un ruolo più attivo da parte dello stato.  Un recente sondaggio condotto dal Wall Street Journal/NBC News ha rilevato che il 53 percento degli americani vorrebbe che il governo “facesse di più per risolvere i problemi,” mentre una dozzina di anni fa, il 66 percento era contrario a qualsiasi intervento governativo nell’economia.

Obama e McCain cercano di convincere gli elettori che sanno cosa fare per portare il paese fuori della crisi economica.  McCain sostiene che rendendo permanente la riduzione temporanea delle tasse messa in atto dall’attuale presidente George W. Bush, dando incentivi alle imprese che investono in America creando posti di lavoro, e permettendo alle compagnie petrolifere di estrarre petrolio al largo delle coste americane, l’economia si riprenderà.  Per Obama è necessario fare ricorso a circa 70 milioni di barili delle riserve strategiche di grezzo, aumentare l’estrazione di petrolio dai giacimenti in Alaska, e non sarebbe contrario ad una “trivellazione limitata al largo delle coste Usa”, solo se questo facesse parte di un piano a sostegno di una nuova politica strategica.

Con l’economia al centro delle preoccupazioni degli elettori americani, McCain e Obama dovranno essere estremamente attenti nel proporre soluzioni convincenti, senza cambiare troppo le posizioni prese durante le primarie.  In America, i cambiamenti di opinione troppo repentini e le bugie non sono dimenticati molto facilmente dagli elettori.

Autore: Tony Quattrone

Tony Quattrone è stato eletto rappresentante del Partito Democratico USA in Italia dal marzo 2015 al marzo 2017 (Democrats Abroad Italy-Chair). Ora vive a Houston, Texas, dove milita nel Partito Democratico della Contea di Harris. Ha vissuto in Italia per quasi 50 anni, dove ha lavorato prima per i programmi universitari del Dipartimento della Difesa USA, e poi come Capo delle Risorse Civili del Comando NATO di Napoli. Ha pubblicato oltre 200 articoli in italiano per diverse testate (Quaderni Radicali, Il Denaro, L'Avanti, ecc.) ed è stato intervista più volte dalla RAI e altre emittenti in Italia a proposito delle elezioni USA.