Il dopo Cina di Obama: l’agenda è fittissima

Anthony M. Quattrone

President Barack Obama greets Prime Minister Manmohan Singh of India during a State Arrival ceremony in the East Room of the White House, Tuesday, Nov. 24, 2009 in Washington. (AP Photo/Pablo Martinez Monsivais)

E’ risaputo che l’agenda di un qualsiasi presidente americano è sicuramente occupata da un accavallarsi di impegni, e, quando le traiettorie di alcuni eventi si intersecano inaspettatamente, può diventare difficile per l’osservatore politico tenere il passo dei lavori presidenziali.  Nel caso di Barack Obama, o sarà per la sua relativa gioventù, o per la particolare contingenza — dopo il suo ritorno dal viaggio ufficiale in Cina, si sono susseguiti una serie di eventi politici, di cui alcune di rilevanza storica, che fanno pensare ad un attivismo presidenziale, che non lascia tempo per respirare.  Le lunghe pause fra un evento e un altro, cui ci aveva abituato George W. Bush, fanno ormai parte di un passato remoto.  L’attivismo presidenziale esige che tutto sia fatto subito, perché non c’è tempo da perdere.

Sabato scorso, 21 novembre, Obama è riuscito a convincere i 58 senatori democratici e i due indipendenti alleati dei democratici, a votare a favore del dibattito sulla riforma sanitaria, impedendo ai senatori repubblicani di portare avanti un’eventuale azione di ostruzionismo parlamentare.  Il dibattito, che inizia al rientro della festività di ieri del Thanksgiving, si concluderà prima della fine dell’anno, e Obama ha già iniziato un formidabile lavoro di convincimento nei confronti di quei pochi senatori democratici che potrebbero votare contro la riforma.  Già tre settimane fa, Obama era riuscito ad ottenere, inaspettatamente, il voto favorevole della Camera a sostegno della riforma sanitaria, superando anche le divisioni interne al partito democratico, fra conservatori e progressisti. Anche al Senato, così come alla Camera, la destra democratica è preoccupata per la copertura economica della riforma sanitaria, e non vorrebbe che questa vada cercata attraverso l’incremento della tassazione sui redditi dei ceti medi.

Lunedì 23, poi,Obama si è riunito con il “consiglio di guerra”, composto dai suoi più stretti collaboratori in materia di sicurezza nazionale, per arrivare ad una soluzione rispetto alla richiesta fatta dal generale Stanley McChrystal, il comandante americano delle forze NATO in Afghanistan, di aumentare il numero dei soldati americani dispiegati nel paese, ricalcando il successo della strategia del “surge”, elaborata e attuata dal generale David Petraeus in Iraq due anni fa.  Secondo alcune notizie trapelate il 24 novembre 2009 Obama sarebbe intenzionato ad accogliere, in larga parte, la richiesta fatta di inviare almeno 30 mila soldati per rafforzare la forza Usa sul campo di battaglia.  Attualmente, in Afghanistan ci sono 68 mila militari americani e 42 mila truppe di altri paesi.

Obama dovrebbe annunciare la sua decisione fra qualche giorno, durante un discorso che deve fare all’accademica militare di West Point il primo dicembre.  Nel frattempo, il presidente sta già consultando alcuni influenti membri del Congresso, per ottenere il loro appoggio, specialmente per garantire la copertura economica del nuovo “surge”. Il costo dell’impegno americano in Afghanistan ha già raggiunto la quota di 43 miliardi di dollari annuali, e, con la richiesta del generale McChrystal, il costo potrebbe raggiungere 73 miliardi.

Obama sta anche contattando le cancellerie dei paesi alleati per ottenere garanzie sull’aumento delle loro truppe in Afghanistan, a sostegno del nuovo “surge”.  Il Segretario di Stato, Hillary Clinton, che dovrebbe riunirsi con gli alleati della NATO a Bruxelles il 7 dicembre 2009, chiederà maggiore impegno da parte dei paesi alleati per completare il lavoro in Afghanistan.  Secondo una nota di Palazzo Chigi, Obama ha anche chiamato il presidente del consiglio italiano, Silvio Berlusconi, il quale ha garantito che anche l’Italia parteciperà allo sforzo richiesto.  Secondo Palazzo Chigi, la questione sarà “approfondita nei dettagli in occasione di un prossimo incontro tra il ministro degli Esteri Frattini ed il segretario di Stato Clinton” in Belgio a dicembre.

Ancora. Martedì 24, la coppia presidenziale americana ha tenuto la prima cena di stato, offerta per il premier indiano Manmohan Singh premier indiano, accompagnato dalla moglie Gursharan Kaur.  La scelta di offrire la prima cena di stato proprio per gli ospiti indiani va letta nel contesto del recente viaggio che Obama ha concluso in Cina, considerata un’acerrima avversaria dell’India.  I due giganti asiatici hanno combattuto diverse guerre, e le schermaglie al confine fra i due paesi, specialmente nella zona indiana dell’Arunachal Pradesh, non sono rari.  Durante la visita del premier indiano al Congresso americano, il presidente della Camera, Nancy Pelosi, ha ringraziato l’India per l’ospitalità che ha dato e continua a dare al Dalai Lama e ai rifugiati tibetani, fuggiti dal Tibet dopo l’occupazione cinese del loro paese cinquanta anni fa.

L’attivismo presidenziale non si ferma con la cena di stato e il discorso che terrà il primo dicembre a West Point sull’invio di nuove truppe in Afghanistan, ma continuerà anche con la partecipazione di Obama alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici sul clima che si terrà a Copenhagen il 7 dicembre 2009, dove il presidente americano annuncerà il formale impegno del suo paese per ridurre sostanzialmente la produzione di gas inquinanti.  Poi partirà per Oslo dove ritirerà il Premio Nobel per la Pace il 10 dicembre 2009.

L’immagine di un Obama così attivo e ottimista è sicuramente di buon auspicio per la realizzazione degli impegni che ha preso con gli elettori americani e con i suoi simpatizzanti in tutto il mondo.

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Autore: Tony Quattrone

Tony Quattrone è stato eletto rappresentante del Partito Democratico USA in Italia dal marzo 2015 al marzo 2017 (Democrats Abroad Italy-Chair). Ora vive a Houston, Texas, dove milita nel Partito Democratico della Contea di Harris. Ha vissuto in Italia per quasi 50 anni, dove ha lavorato prima per i programmi universitari del Dipartimento della Difesa USA, e poi come Capo delle Risorse Civili del Comando NATO di Napoli. Ha pubblicato oltre 200 articoli in italiano per diverse testate (Quaderni Radicali, Il Denaro, L'Avanti, ecc.) ed è stato intervista più volte dalla RAI e altre emittenti in Italia a proposito delle elezioni USA.

Un commento su “Il dopo Cina di Obama: l’agenda è fittissima”

  1. Tony, era ora che il Presidente cominciasse ad interessarsi della politica estera e facesse qualche favore alle industrie della guerra. L’aumeno delle truppe, e auguriamoci che partecipino anche gli altri Paesi, voglio proprio vedere dove li troverà i soldi Berlusconi, in Afganistan porterà dei benefici all’industria bellica e uguriamoci anche alle altre industrie. Da sempre la guerra ha significato, prima e dopo, fermento industriale. Però anche tanti morti. Ne vala pena ???? Io dico di no. Buon viaggio, Enzo.

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