I democratici in avanti anche per il Congresso!

Anthony M. Quattrone

L’attenzione degli organi d’informazione in tutto il mondo si sta concentrando sulle elezioni presidenziali americane, spesso tralasciando d’informare i lettori e gli ascoltatori sulle altre elezioni che si svolgeranno in contemporanea negli Stati Uniti.

La tornata elettorale di quest’anno, oltre alla scelta del nuovo presidente, prevede anche l’elezione dei 435 deputati della Camera dei rappresentanti, quella di 35 dei 100 senatori che compongono il Senato, e quella d’undici dei 50 governatori.

La scelta che gli americani faranno fra il candidato repubblicano, il senatore dell’Arizona, John McCain, e il candidato democratico, il senatore dell’Illinois, Barack Obama, per la presidenza avrà sicuramente un’importanza fondamentale nel determinare dove andrà l’America nei prossimi dieci o vent’anni. La scelta, tuttavia, della composizione del nuovo Congresso potrebbe determinare se la traiettoria in cui il nuovo presidente vorrà condurre l’America sarà appoggiata od osteggiata dal ramo legislativo. Nel complesso sistema americano delle “checks and balances” (controlli e bilanciamenti), il Congresso controlla la borsa della spesa, e se non c’è sintonia fra esecutivo e legislativo, il Presidente può fare ben poco nell’attuazione dei suoi programmi.

La situazione attuale, che si è creata con le elezioni di mid-term del 2006, vede un presidente repubblicano, George W. Bush, che si confronta con un Senato composto di 49 democratici, 49 repubblicani e due indipendenti, e una Camera dei rappresentanti con una maggioranza di 235 democratici, contro 199 repubblicani e un seggio vacante. Dal 2006, il presidente Bush ha dovuto spesso fare compromessi abbastanza rilevanti con la leadership democratica del Congresso per riuscire ad ottenere il finanziamento di misure che interessavano il suo governo.

Le previsioni dei sondaggi indicano che non solo la presidenza degli Stati Uniti andrà ai democratici, ma anche la Camera dei deputati ed il Senato avranno solide maggioranze del partito dell’asinello. Secondo i sondaggi, alla Camera i democratici potrebbero ottenere 237 seggi, contro 183 per i repubblicani, mentre per 15 seggi i sondaggi non indicano ancora chi è in vantaggio.

Al Senato, i democratici partono in vantaggio, perché durante questa tornata elettorale, dei 35 seggi in palio, solo 12 sono attualmente occupati da democratici, mentre sono 23 quelli che i repubblicani devono difendere. Secondo i sondaggi, dei 35 seggi in palio, i democratici dovrebbero conquistarne 17, contro i 16 per i repubblicani, con due dove nessun candidato è ancora chiaramente in vantaggio. Il nuovo Senato potrebbe riflettere un vantaggio dei democratici, i quali potrebbero contare fra i 54 e 56 senatori, contro una minoranza repubblicana, fra i 42 e 44 senatori, con due indipendenti che di solito si associano, nelle votazioni, con i democratici.

L’elezione per i governatori in undici stati vede sei democratici uscenti contro cinque repubblicani. Secondo i sondaggi, i democratici dovrebbero riuscire a conquistare uno degli stati attualmente governati dai repubblicani, il Missouri, mentre due stati attualmente governati dai democratici, il Nord Carolina e lo stato di Washington, sono seriamente minacciati dai contendenti repubblicani.

Il controllo del Senato da parte del partito del Presidente potrebbe giocare un ruolo decisivo nella composizione futura della Corte Suprema americana. La Corte americana è composta attualmente da nove giudici, di cui sette nominati da diversi presidenti repubblicani, e due nominati dal presidente democratico, Bill Clinton. La nomina dei giudici è per la vita, e, attualmente, sei dei nove giudici hanno fra i 69 e gli 88 anni di età. La Corte Suprema gioca un ruolo fondamentale come terzo pilastro del sistema di “checks and balances”, e la sua composizione ha determinato, in passato, l’attuazione o l’impedimento d’alcune principali riforme, dall’emancipazione dei neri, all’allargamento o alla restrizione dei diritti civili per diverse categorie di cittadini.

Le indicazioni dei maggiori sondaggi Usa fanno pensare che l’America potrebbe svegliarsi il 5 novembre con una presidenza democratica, sostenuta da un Congresso dello stesso partito. I sondaggi nazionali, condotti dopo il secondo dibattito presidenziale tenuto il 7 ottobre, indicano Obama in vantaggio fra i quattro e gli undici punti percentuali, e con la conquista di circa 360 voti elettorali (superando quota 270, necessari per l’elezione). Fra ora e il 4 novembre, Obama dovrà stare attento a non commettere alcuna gaffe, cercando di cavalcare il malcontento che si è generato fra gli elettori a causa dell’attuale crisi economica.

McCain, per sperare di vincere, deve riuscire a fare quello che gli è più congeniale: l’anticonformista con la gran capacità di rinascere, ogni qualvolta che sembra “morto”. I giochi sembrerebbero fatti, ma la storia insegna che con McCain la partita sarà realmente chiusa soltanto quando l’ultimo americano avrà votato.

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Autore: Tony Quattrone

Tony Quattrone è stato eletto rappresentante del Partito Democratico USA in Italia dal marzo 2015 al marzo 2017 (Democrats Abroad Italy-Chair). Ora vive a Houston, Texas, dove milita nel Partito Democratico della Contea di Harris. Ha vissuto in Italia per quasi 50 anni, dove ha lavorato prima per i programmi universitari del Dipartimento della Difesa USA, e poi come Capo delle Risorse Civili del Comando NATO di Napoli. Ha pubblicato oltre 200 articoli in italiano per diverse testate (Quaderni Radicali, Il Denaro, L'Avanti, ecc.) ed è stato intervista più volte dalla RAI e altre emittenti in Italia a proposito delle elezioni USA.

Un commento su “I democratici in avanti anche per il Congresso!”

  1. Tutto quello che dice Tony è vero, però nella valutazione delle probabili percentuali non tiene conto degli indecisi che, come sempre, decidono l’esito delle votazioni. Forza Obama!!

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