Anthony M. Quattrone
Il partito repubblicano americano è già proiettato verso le elezioni di mid-term che si terranno fra un anno. Nella prassi elettorale americana, ogni due anni la Camera va completamente rinnovata, così come un terzo dei seggi del Senato. Le votazioni che si svolgono esattamente a due anni dalle presidenziali, indicano all’inquilino della Casa Bianca come il paese giudica il suo lavoro fino a quel punto, permettendogli di riaggiustare il tiro, prima delle prossime presidenziali. I repubblicani dovranno obbligatoriamente cercare di registrare un successo nelle elezioni del novembre 2010, se vogliono conquistare la presidenza nel 2012.
Il commentatore conservatore, Pat Buchanan, già consigliere politico di tre presidenti repubblicani, e candidato, lui stesso, per due volte alle presidenziali Usa, sprona i repubblicani a formulare proposte politiche che non si limitano all’opposizione a quanto proposto dai democratici. Secondo Buchanan, gli elettori sanno a cosa i repubblicani si oppongono, ma non riescono a capire cosa propongono. Per Buchanan, è necessario che i repubblicani sviluppino una linea politica propositiva sui maggiori temi, partendo dall’Afghanistan, per arrivare alla riforma del sistema sanitario americano.
Buchanan scrive in un recente articolo pubblicato sul suo sito ufficiale che, secondo un recente sondaggio della Gallup, il 40 percento degli americani si considera conservatore, mentre solo il 20 percento si definisce repubblicano. I repubblicani non possono aspirare ad essere il partito di maggioranza, se non riescono a catturare il voto conservatore. Buchanan, tuttavia, manifesta qualche perplessità sulla capacità dei repubblicani di mettere assieme un programma credibile e alternativo a quello dei democratici, prima delle prossime scadenze elettorali.
I repubblicani devono tentare di sfruttare le difficoltà che il presidente Barack Obama sta incontrando nell’attuazione delle proposte fatte durante la campagna elettorale del 2008. La crisi economica non è finita, e sono milioni gli americani ancora senza lavoro o che hanno perso la casa. L’efficacia del pacchetto di misure approvate a febbraio per stimolare l’economia è ancora da valutare in modo definitivo, mentre è probabile che l’ammontare speso avrà un impatto notevole sull’indebitamento per le generazioni future di americani.
L’inefficacia da parte dei democratici di trovare un accordo per riformare il sistema sanitario sta offrendo un miserevole spettacolo agli elettori americani. Con una schiacciante maggioranza sia al Senato, sia alla Camera, il partito del presidente Obama sembra incapace di trovare la necessaria unità per assicurare che il più potente paese al mondo riesca a garantire, a tutti i suoi cittadini, le minime garanzie rispetto al diritto alla salute e all’assistenza sanitaria. Le difficoltà incontrate dal presidente nel formulare una strategia condivisa dai suoi generali e dai maggiori consiglieri politici, per la conduzione della guerra in Afghanistan, sono abbellite da un linguaggio politicamente corretto che mira a far credere che Obama è al lavoro per sviluppare, senza essere precipitoso, una politica vincente contro i taleban e al Qaida.
La popolarità di Obama è ormai attorno al 50 percento, con una perdita di 18 punti percentuali rispetto alla prima settimana del suo mandato. Secondo il professore di scienze politiche della Emory Univerisity, Alan Abramowitz, se Obama riesce a restare al di sopra della soglia del 50 percento nei sondaggi che misurano il suo gradimento da parte dell’elettorato, i democratici non perderanno molti seggi nelle elezioni di mid-term. Tuttavia, se il gradimento di Obama scende al di sotto del 50 percento, sarà possibile che i repubblicani riescono a ottenere circa 40 seggi alla Camera, facendoli guadagnare la maggioranza. Per l’attuale ciclo elettorale, che porterà alle votazioni del novembre 2010, i repubblicani sono già in vantaggio nei sondaggi con 42 percento contro il 40 per i democratici, registrando un vantaggio per la prima volta dal 2004.
Altre indicazioni che pervengono dai sondaggi sono sicuramente fonti di preoccupazione per gli strateghi democratici. Nel 2008, il 53 percento degli americani preferiva i democratici, contro il 39 per i repubblicani. Solo il 48 percento degli elettori s’identifica oggi con i democratici, contro il 42 percento che voterebbe per i repubblicani.
In questo momento, gli elettori che si definiscono repubblicani seguono, con molta più intensità, gli eventi della politica americana rispetto a quanto fanno coloro che si definiscono democratici, con il 41 percento contro il 30. Secondo Abramowitz, maggiore è l’intensità con cui l’elettore segue gli eventi di politica, maggiore è la probabilità che andrà effettivamente a votare.
Dalle indicazioni che arrivano dal recente sondaggio della Gallup, sembra che i repubblicani stiano effettivamente riguadagnando terreno nei confronti di quegli elettori che si definiscono indipendenti. Obama era riuscito ad attrarre più indipendenti dei repubblicani, staccandoli di ben otto punti percentuali, quando aveva vinto le elezioni presidenziali del novembre 2008. Ad oggi, secondo un recente sondaggio del Wall Street Journal/NBC News, gli indipendenti sono contro Obama, con il 46 percento che non approva il suo operato, contro il 41 percento, che gli rimane fedele.
I repubblicani dovranno necessariamente sviluppare una politica di facile comprensione per la maggioranza degli americani, se vogliono seriamente competere nelle elezioni del novembre 2010. Soprattutto, i repubblicani devono iniziare a lavorare per mettere su un programma alternativo a quello sostenuto dal presidente. Pat Buchanan avverte i suoi amici repubblicani: senza un programma alternativo, l’americano medio, non avrà alcun motivo per votare per il Gop.
Tony, condivido le considerazioni fatte da Pat Buchanan, anche se non leggo giornali pubblicati negli US ma ascolto solo i commenti alla televisione. Il Presidente Obama è ancora in una botte di ferro perchè non si vede un repubblicano, con idee ben precise in politica estera ed economica, in grado di contrastare il Presidente Obama, anche se la sua popolarità dipenderà dalle iniziative che prenderà nel campo economico, sembra che l’economia negli US stia andando bene, e in politica estera. Saluti, Enzo.