Due mesi dalle elezioni americane di mid-term: il punto

U.S. President Barack Obama (C) walks backs to the Oval Office after delivering remarks about the economy in the Rose Garden at the White House in Washington, September 3, 2010. With Obama are (L-R) Labor Secretary Hilda Solis, Commerce Secretary Gary Locke, Council of Economic Advisers Chairman Christina Romer, Treasury Secretary Timothy Geithner, Larry Summers, head of President Barack Obama's National Economic Council and Small Business Administrator Karen Mills. REUTERS/Jim Young

Anthony M. Quattrone

Mentre la caduta dei consensi nei confronti di Barack Obama indica che un americano su quattro ha cambiato opinione sul presidente, dal giorno del suo insediamento nel gennaio 2009 fino alla fine dell’agosto 2010, i risultati dei sondaggi danno ai repubblicani anche il più alto vantaggio sui democratici per le elezioni per il Congresso mai registrato dalla Gallup.  Nel frattempo, sembra che il partito democratico americano non riesca a prendere l’iniziativa per contrastare l’avanzata repubblicana, anche se i democratici possono contare su di un notevole vantaggio nella raccolta di fondi per finanziare la campagna elettorale.

Le elezioni del prossimo 2 novembre, chiamate di “mid-term”, di metà-termine, perché avvengono quasi a metà del mandato presidenziale, che dura quattro anni, sono considerate dagli osservatori politici americani come un referendum popolare che giudica la performance del presidente in carica.  A novembre, gli americani voteranno per rinnovare un terzo del Senato e l’intera Camera dei rappresentanti. In 37 dei 50 Stati dell’Unione, gli elettori saranno chiamati a scegliere anche il governatore.

Durante le ultime 17 elezioni di mid-term, il partito del presidente in carica ha perso, in media, 17 seggi alla Camera e 4 al Senato.

Il presidente Obama ha subito uno scivolone nei sondaggi svolti dal gennaio 2009, quando si è insediato alla Casa Bianca, fino a pochi giorni fa.  La popolarità del presidente aveva raggiunto 65,5 percento il 17 febbraio 2009, nel primo mese di presidenza, mentre il 29 agosto 2010 è 46 percento.  Le opinioni sfavorevoli al presidente erano 25 percento il 17 febbraio del 2009, e hanno raggiunto 48 percento il 29 agosto 2010.  In breve, Obama e i democratici dovranno affrontare le elezioni di mid-term totalmente in salita, sia per quanto riguarda la tradizionale perdita di seggi per il partito del presidente in carica, sia per l’effettivo momento di difficoltà che il presidente sta affrontando nei sondaggi.

Barack Obama ha vinto le elezioni del 7 novembre 2008, quando i democratici conquistarono la maggioranza sia alla Camera, sia al Senato.  Alla Camera, i democratici ottennero 21 deputati in più, raggiungendo una maggioranza di 257 deputati contro i 178 repubblicani.  Al Senato, i democratici ottennero 8 nuovi seggi, raggiungendo quota 59 da sommare a 2 indipendenti vicini al partito democratico, che dava una schiacciante maggioranza di 61 contro 39 repubblicani.  Nelle competizioni per le undici cariche di governatore, nel 2008 i democratici vinsero in sette stati, strappandone uno dai repubblicani, mentre questi ultimi vinsero in quattro, perdendone uno.  Oggi, ci sono 26 governatori democratici e 24 repubblicani.  Nelle 37 competizioni per le cariche di governatore del prossimo novembre, si parte da una sostanziale parità, con 19 democratici e 18 repubblicani.

I sondaggi svolti nell’ultima settimana di agosto dipingono un quadro problematico per i democratici.

Alla Camera, dove la maggioranza è di 218 seggi, secondo la media dei sondaggi, i repubblicani hanno un vantaggio di 206 seggi contro 194 per i democratici, con 35 in bilico.  In casa repubblicana, i 206 seggi sono suddivisi fra 163 “sicuri”, 14 “probabili”, e 29 “possibili”.  In casa democratica, i 194 seggi sono suddivisi fra 143 “sicuri”, 24 “probabili”, e 27 “possibili”.  La competizione per il controllo della Camera si svolgerà fra i 35 in bilico, i 29 seggi che propendono verso i repubblicani e i 27 che vanno verso i democratici.

Per il Senato, dove si rinnova un terzo dei seggi, secondo la media dei sondaggi, i democratici sono in testa, con 48 seggi, di cui 44 “sicuri” o non in gara, 3 “probabili”, e uno “possibile”.  I repubblicani possono contare su 45 seggi, di cui 34 “sicuri” o non in gara, 4 “probabili”, e 7 “possibili”.  Sono 7 i seggi di senatore che sono completamente in bilico.  Anche al Senato, la gara si svolgerà primariamente per conquistare i 7 in bilico e per quelli che propendono per uno dei due partiti (uno per i democratici e 7 per i repubblicani).

Per la competizione per le cariche di governatore, secondo la media dei sondaggi, i repubblicani sono in testa con 26, contro 15 per i democratici, e 9 che sono completamente in bilico.  I repubblicani possono contare su 14 cariche che sono “sicure” o non in gara, 8 “probabili”, e 4 “possibili”.  I democratici possono contare solo su 8 che sono “sicuri” o non in gara, 5 “probabili”, e 2 “possibili”.

Ai democratici americani rimane poco tempo per far partire un’iniziativa nazionale a sostegno dei candidati in bilico o per attaccare i repubblicani più deboli.  Sembra che manchi completamente lo spirito di cambiamento e di speranza che ha segnato la campagna elettorale di Obama e del suo partito nel 2008.  La strategia dei democratici sembrerebbe ancorarsi sulla speranza che gli estremisti del movimento conservatore “Tea Party” riescano a battere i moderati nelle primarie repubblicane che si svolgono per scegliere i candidati da far gareggiare per le elezioni di novembre.  I democratici sperano che l’elettorato moderato repubblicano e indipendente decida di non sostenere un candidato “estremista” di destra.  E’ una strategia ad altissimo rischio.

Nel frattempo, i repubblicani attaccano Obama dappertutto e su tutto, mobilitando tutte le forze che ruotano attorno al partito, e continuano a salire nei sondaggi.

Autore: Tony Quattrone

Tony Quattrone è stato eletto rappresentante del Partito Democratico USA in Italia dal marzo 2015 al marzo 2017 (Democrats Abroad Italy-Chair). Ora vive a Houston, Texas, dove milita nel Partito Democratico della Contea di Harris. Ha vissuto in Italia per quasi 50 anni, dove ha lavorato prima per i programmi universitari del Dipartimento della Difesa USA, e poi come Capo delle Risorse Civili del Comando NATO di Napoli. Ha pubblicato oltre 200 articoli in italiano per diverse testate (Quaderni Radicali, Il Denaro, L'Avanti, ecc.) ed è stato intervista più volte dalla RAI e altre emittenti in Italia a proposito delle elezioni USA.

3 pensieri riguardo “Due mesi dalle elezioni americane di mid-term: il punto”

  1. obama ha distrutto l’immagine di una nazione forte e di riferimento per il mondo libero.Il suo dialogo con gli stati canaglia sta rinforzando i terroristi e nessuno crede più ad una economia socialista che obama cerca di instaurare nel paese in cui JEFFERSON vedeva in ogni americano un proprietario.Obama è l’opposto di chi disse give me the freedom o give me the death

    1. Sarò a Dicembre negli USA per festeggiare la vittoria dei Repubblicani.W JEFFERSON sempre più attuale

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