Corte Suprema Usa e paura dell’attivismo giudiziario

Anthony M. Quattrone

U.S. Supreme Court nominee Judge Sonia Sotomayor smiles while answering questions during her fourth and final day of testimony at her U.S. Senate Judiciary Committee confirmation hearings as her mother Celina Sotomayor (L) listens on Capitol Hill in Washington July 16, 2009.   REUTERS/Jason Reed
U.S. Supreme Court nominee Judge Sonia Sotomayor smiles while answering questions during her fourth and final day of testimony at her U.S. Senate Judiciary Committee confirmation hearings as her mother Celina Sotomayor (L) listens on Capitol Hill in Washington July 16, 2009. REUTERS/Jason Reed

Sono in pieno svolgimento le audizioni della commissione giustizia del Senato americano per discutere la nomina della giudice Sonia Sotomayor alla Corte suprema degli Stati Uniti, fatta dal presidente Barack Obama il 26 maggio 2009.  Il dibattito nella commissione precede la conferma ufficiale della giudice da parte del Senato durante la votazione che avverrà molto probabilmente durante la prima settimana di agosto.  La Sotomayor, se sarà confermata, andrà a sostituire il giudice progressista David Souter, che ha lasciato la Corte il 30 giugno 2009, lasciando inalterata la composizione a maggioranza conservatrice dell’attuale Corte, che vede, di solito, cinque giudici conservatori votare compatti contro quattro progressisti, solo su quelle questioni legali che si prestano a divisioni ideologiche.

E’ sicuramente particolare per uno straniero osservare come la nomina di un giudice alla massima corte può suscitare passioni politiche ad altissima tensione, con lunghe dirette che inchiodano alla televisione milioni di americani.  Ogni domanda fatta dai senatori, così come ogni risposta data dal giudice divengono oggetto di studio minuzioso e di commento da parte degli analisti politici e giudiziari.  L’attuale audizione della giudice Sotomayor è seguita dalla diretta televisiva delle reti via cavo, ed è oggetto di lunghi resoconti nei telegiornali via etere, seguendo la consolidata tradizione stabilita con le audizioni di Robert Bork, nominato nel 1987 da Ronald Reagan alla Corte Suprema, e Clarence Thomas, nominato da George  H. W. Bush nel 1991

La nomina di Bork scatenò la passione politica di milioni di liberal americani, convinti che Bork avrebbe abolito sia le leggi contro la discriminazione razziale, sia il diritto delle donne di abortire.  La campagna portata avanti dai liberal attraverso gli organi di informazione per “uccidere” politicamente Bork fu così convincente, che il Senato decise di bocciare il 23 ottobre 1987 la sua candidatura con un voto di 58 contrari e 42 favorevoli.  Le tattiche usate contro Bork da parte dei democratici hanno dato vita ad un nuovo verbo,“to bork”, ripreso dalla Oxford English Dictionary nel 2002, per definire l’attacco sistematico e brutale contro un candidato per impedire la sua elezione o nomina ad una carica pubblica.

La nomina del giudice Clarence Thomas, fatta dal presidente Bush nel 1991, riuscì ad incollare milioni di telespettatori americani al video durante i dieci giorni dedicati all’audizione della Commissione giustizia del Senato.  Thomas, un giudice conservatore afro americano, subì una campagna denigratoria simile a quella di cui fu oggetto Bork pochi anni prima da parte dei liberal, ma riuscì ad ottenere un risicato vantaggio di 52 senatori a favore, contro 48 contrari, durante il voto plenario del Senato.  Thomas ricorda quei giorni come di essere stato ucciso mille volte durante la procedura di conferma, e ha metaforicamente descritto il trattamento, di cui è stato soggetto, come la versione elettronica e moderna del linciaggio subito dai neri quando erano appesi ad un albero negli anni bui della discriminazione razziale.

I membri repubblicani della commissione giustizia vogliono dare al paese la chiara indicazione che non tratteranno il giudice Sotomayor come i democratici hanno trattato Bork e Thomas nel recente passato.  In particolare, vogliono impartire al presidente Obama una lezione di stile riconoscendo il diritto del presidente di nominare un giudice alla Corte Suprema, evidenziando la necessità da parte del Senato di valutare solo le qualifiche e le qualità professionali del candidato nell’applicare le leggi federali americani, rispettando i dettati della Costituzione.  I repubblicani vogliono ricordare ad Obama, che sbagliò, quando votò, come senatore, contro le nomine dei giudici John Roberts nel 2005 e Samuel Alito nel 2006, nominati alla Corte Suprema da George W. Bush, seguendo puri pregiudizi politici, e sbagliò anche quando lo stesso Obama ammetteva che entrambi i giudici erano pienamente qualificati e meritevoli di far parte della massima corte.  Per i repubblicani è necessario ristabilire il diritto del presidente di scegliere i giudici, chiedendo il consiglio e l’approvazione del Senato, ma non subordinando la propria scelta all’alta Camera, sperando che i democratici facciano lo stesso, quando, un domani, toccherà ad un presidente repubblicano nominare altri giudici.

La Corte Suprema americana esiste da 220 anni.  E’ stata servita, fino ad ora, da 110 giudici, di cui undici cattolici, sette ebrei, due italo americani, due afro americani, e due donne.  Con la conferma della Sotomayor, la Corte avrebbe il suo primo giudice di origine ispanica, il dodicesimo cattolico, e la terza donna.  E’ interessante notare che l’attuale corte è composta di cinque giudici cattolici sugli otto attualmente in servizio, e con la nomina della Sotomayor, i cattolici salirebbero a due terzi, superando la proporzione demografica dei cattolici nel paese.

Sonia Sotomayor è sicuramente caratterizzabile come un giudice liberal, ma, durante le audizioni, è stata, fino ad ora, attenta nel rispondere con cautela a tutte le domande sulle questioni etiche e sociali che dividono progressisti e conservatori.  Di fronte a domande molto persistenti da parte dei senatori conservatori, la Sotomayor ha tentato di convincerli che il suo stile sarà di seguire i precedenti legali e di applicare la legge in modo imparziale e non secondo preconcetti personali, siano essi politici o filosofici.

L’America sembrerebbe unita nel temere l’attivismo giudiziario, e vuole garantire che i giudici lavoreranno per l’implementazione delle leggi che sono fatte dal Congresso, e non andranno a sostituirsi ad esso.  Qualsiasi tentativo dei giudici di legiferare sarebbe considerato un atto eversivo, almeno negli Stati Uniti.  La divisione dei poteri, fra esecutivo, legislativo, e giudiziario tiene banco in America.  Forse per questo, l’interesse per la scelta dei giudici costituzionali continua ad interessare l’opinione pubblica americana.

Autore: Tony Quattrone

Tony Quattrone è stato eletto rappresentante del Partito Democratico USA in Italia dal marzo 2015 al marzo 2017 (Democrats Abroad Italy-Chair). Ora vive a Houston, Texas, dove milita nel Partito Democratico della Contea di Harris. Ha vissuto in Italia per quasi 50 anni, dove ha lavorato prima per i programmi universitari del Dipartimento della Difesa USA, e poi come Capo delle Risorse Civili del Comando NATO di Napoli. Ha pubblicato oltre 200 articoli in italiano per diverse testate (Quaderni Radicali, Il Denaro, L'Avanti, ecc.) ed è stato intervista più volte dalla RAI e altre emittenti in Italia a proposito delle elezioni USA.

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