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Anthony M. Quattrone
Il presidente Barack Obama ha battuto il record di George H. W. Bush per il numero di viaggi fatti all’estero durante il primo anno di un mandato presidenziale americano. Bush padre aveva raggiunto 14 paesi, mentre Obama, con il viaggio in Asia, è arrivato già a 20. E’ chiaro che Obama sta tentando di migliorare l’immagine degli Usa cercando di far prevalere una visione di un’America aperta al dialogo e pronta ad ingaggiare avversari o presunti tali, attraverso un confronto franco e leale.
Il viaggio in Asia, ed in particolare in Cina, tuttavia, secondo i giornalisti Helene Cooper e Edward Wong dell’International Herald Tribune, non permetterà ad Obama di portare a casa alcuna particolare concessione, né per quanto riguarda la politica economica, né sulla scottante questione dei diritti civili. In pratica, secondo i due giornalisti, Obama non è riuscito a trovare un accordo con il presidente cinese Hu Jintao su nessuno dei temi importanti. Non si parla di appoggio cinese per effettuare sanzioni nei confronti di Teheran per impedire agli iraniani di continuare ad ignorare la comunità internazionale sulla questione del nucleare. I cinesi non vogliono prendere in considerazione di permettere la rivalutazione della loro moneta per paura di ridurre le esportazioni. Sulla questione dei diritti civili, l’unico accordo raggiunto fra i due paesi è il riconoscimento che le parti hanno sostanziali divergenze.
Secondo Eswar Prasad, un sinologo della Cornwell University, i cinesi hanno magistralmente gestito la scena, amplificando le dichiarazioni di Obama a favore delle politiche cinesi, nascondendo le differenze, come nel caso della questione dei diritti civili e la politica monetaria cinese. Anche quando ad Obama è stato permesso di condurre una discussione pubblica con gli studenti a Shangai, seguendo il formato della “town-hall meeting” ormai diventato comune negli appuntamenti politici negli Usa, i cinesi si sono affrettati a riempire la sala con fedeli studenti iscritti alla gioventù comunista, o figli di membri del partito. In breve, non c’è niente di nuovo dietro la grande muraglia del comunismo cinese, a vent’anni dalla caduta del muro di Berlino.
Lo staff di Obama, tuttavia, è dell’opinione che l’obiettivo principale della visita presidenziale in Cina è stato raggiunto, perchè, senza offendere l’interlocutore, sono stati sollevati alcune questioni di principio, come quelle inerenti ai diritti umani e quelli civili, in un ambito privato, lontano dalle telecamere. Secondo Michael A. Hammer, portavoce del Consiglio nazionale per la sicurezza americana, “Siamo venuti per parlare schiettamente a proposito di quei temi che sono importanti per noi, senza farlo in un modo inutilmente offensivo, seguendo lo stile rispettoso di Obama”. Leggi tutto l’articolo