Diana De Vivo
“La protesta pacifica getta le basi per un impero. Ed è più potente di qualsiasi altra arma”, tuona Barack Obama, circa un anno fa, dinnanzi a 30 mila persone radunate in piazza Hradcani, Praga, a margine del vertice Usa-UE del 5 Aprile 2009.
Dinnanzi all’asimmetria delle minacce attuali, attori non-statali che si muovono ai confini degli Stati, il Presidente statunitense materializza la speranza di un mondo senza armi nucleari e inaugura l’impegno di mettere in sicurezza tutto il materiale nucleare in un tempo massimo di quattro anni.
L’esistenza di arsenali nucleari è, oggigiorno, l’eredità più pericolosa della Guerra Fredda quando intere generazioni hanno vissuto con la perpetua consapevolezza che il mondo potesse essere distrutto in pochi istanti, quando la deterrenza era declinata quale “Mutual Assured Destruction”.
A pochi giorni dal Nuclear Security Summit di Washington, che ha riunito 47 Capi di Stato, appuntamento di incomparabile rilevanza politico-strategica, in cima all’agenda internazionale di Obama, l’Iran inaugura oggi il cantiere di un nuovo sito per l’arricchimento dell’uranio, con la promessa, palesata dinnanzi agli occhi inermi della comunità internazionale, di completare, a fine novembre, la costruzione di dieci nuovi siti.
Il linguaggio dei giorni scorsi risulta perfettamente in linea con gli orientamenti contenuti nella Dichiarazione sulla Sicurezza dell’Alleanza, adottata dai Capi di Stato e di Governo a conclusione del Vertice di Strasbourg-Kehl, che celebra i 60 anni della NATO, toni evolutivi che evidenziano il principio dell’indivisibilità della sicurezza e della “credibilità” delle minacce asimetriche: “NATO continues to be the essential transatlantic forum for security consultations among Allies. Article 5 of the Washington Treaty and collective defence, based on the indivisibility of Allied security, are, and will remain, the cornerstone of our Alliance. Deterrence, based on an appropriate mix of nuclear and conventional capabilities, remains a core element of our overall strategy. NATO will continue to play its part in reinforcing arms control and promoting nuclear and conventional disarmament in accordance with the Nuclear Non-Proliferation Treaty, as well as non-proliferation efforts”.
Ultimo tassello, che consolida l’appeal della leadership statunitense nel definire i punti chiave dell’agenda internazionale, il Summit di Washington rappresenta l’estremo di un continuum che va dalla pubblicazione della Nuclear Posture Rieview (6 Aprile 2010), un documento di incomparabile rilievo strategico sul tema della non-proliferazione, alla firma del Nuovo START (che prevede un tetto massimo di 1.550 testate nucleari operative e di 800 vettori nucleari, avrà durata di 10 anni e potrà essere rinnovato per altri 5 alla sua scadenza).
Il Nuovo Trattato firmato l’8 Aprile del 2010, e incarnato iconograficamente dalla stretta di mano tra Obama ed il suo collega russo Medvedev , ha l’obiettivo di “impedire il terrorismo e la proliferazione nucleari e ridurre al contempo il ruolo delle armi atomiche nella strategia di sicurezza nazionale pur mantenendo un meccanismo di dissuasione sicuro ed efficace”, data la non-convenzionalità della minaccia attuale e la fluidità del contesto di sicurezza internazionale.
L’impostazione della Nuclear Posture Review non si discosta da tale linguaggio, forgiandosi di un tono pienamente consapevole ed innovativo, prevede “assicurazioni negative” rafforzate verso quei paesi che non rispettano l’NPT (Non-Proliferation Treaty) ed allo stesso tempo garantisce un arsenale pienamente efficace che continui a rappresentare un robusto deterrente contro possibili attacchi.
Il documento definisce, pertanto, cinque obiettivi chiave della “postura nucleare”: la prevenzione della proliferazione del terrorismo nucleare, la riduzione del ruolo delle nuclear weapons all’interno della strategia di sicurezza nazionale, il mantenimento di deterrenza e stabilità strategica con livelli ridotti di forza nucleare; il rafforzamento della deterrenza regionale e la rassicurazione di Alleati e partner, ed infine, la permanenza di un arsenale nucleare sicuro ed efficace.
La rinnovata dottrina esplica il potenziale di collaborazione esistente a livello internazionale sulla non-proliferazione e l’esistenza di sfide comuni alla sicurezza quali la presenza di oltre 2000 tonnellate di plutonio ed uranio altamente arricchito che possono agevolmente finire nelle mani di organizzazioni terroristiche.
Obama ne esce rinnovato, consolidando il suo potenziale negoziale su un tema profondamente tecnico ma con implicazioni fortemente politiche: il Comunicato Finale ed il Piano di Lavoro cadenzato dal Nuclear Security Summit forniscono il quadro generale e le misure di attuazione al fine di raggiungere l’obiettivo di fondo: un mondo libero da armi nucleari.
Le conclusioni raggiunte riaffermano la responsabilità degli Stati di preservare il materiale nucleare a loro disposizione al riparo da eventuali minacce, ostacolando ogni tentativo di attori non-statali di ottenere informazioni utili per scopi di proliferazione.
Una “falcata politica” senza precedenti dai tempi dell’Amministrazione Eisenhower, in un momento in cui procedono i lavori del Gruppo dei Saggi sul Nuovo Concetto Strategico dell’Alleanza Atlantica.
In attesa che il Vertice di Lisbona, previsto per Novembre, soddisfi le attese della comunità internazionale, le pedine della grande scacchiera iniziano a muoversi.