Anthony M. Quattrone
La Camera dei deputati degli Stati Uniti ha approvato il 7 novembre 2009 una proposta di riforma del sistema sanitario americano. La proposta di legge approvata dalla Camera va ora al Senato per la conferma. Il presidente Barack Obama vorrebbe convertire in legge la riforma del sistema sanitario Usa, apponendo la sua firma sul disegno di legge, prima della fine dell’anno. Forse ci riuscirà, ma non è certo che la riforma sarà come l’aveva immaginata durante la campagna elettorale o durante i primi mesi della sua presidenza.
I giornali in tutto il mondo hanno descritto il voto di sabato scorso alla Camera dei deputati americana come un successo per il presidente Barack Obama. Un’attenta analisi di come hanno votato i deputati indica che Obama non è riuscito a conquistare una maggioranza qualificata a sostegno della riforma, ottenendo solo 220 voti a favore contro 215 contrari. Ben 39 democratici hanno votato con i repubblicani contro la proposta di riforma, e un solo deputato repubblicano ha votato a favore. In pratica, Obama non è riuscito né ad unire il partito democratico attorno ad uno dei progetti più importanti della sua strategia politica, né a creare un’unità nazionale attorno allo stesso tema.
Al Senato, Obama può contare su di una maggioranza democratica che dovrebbe riuscire a bloccare tattiche ostruzionistiche che i repubblicani potrebbero tentare di attuare, per bloccare il voto. I democratici hanno 58 senatori democratici che possono allearsi con due indipendenti vicini ai democratici, contro la minoranza di 40 senatori repubblicani, per bloccare tentativi di “filibuster” (ostruzionismo parlamentare). Obama, tuttavia, deve affrontare l’incognita di come voteranno quei senatori iscritti al partito democratico, ma di fede politica conservatrice, conosciuti come “blue dog democrats”. Secondo alcuni osservatori, nove dei 58 senatori democratici sono blue dog, mentre per altri, i conservatori del partito di Obama presenti nell’alta Camera americana sono almeno tredici. Il potente presidente del Comitato finanze del Senato, il senatore del Montana, Max Baucus, è il relatore di una delle proposte di riforma sanitaria dibattute al Senato, ed è anche uno dei maggiori esponenti dei democratici “blue dog” che potrebbe far saltare il quorum che serve ai democratici del partito di Obama per bloccare un’eventuale tentativo di filibuster da parte dei repubblicani. Baucus ha ricevuto l’anno scorso quasi otto milioni di dollari per la sua campagna elettorale dall’industria delle assicurazioni mediche.
Obama forse riuscirà a firmare una legge sul sistema sanitario americano entro la fine dell’anno, ma non è ancora evidente cosa gli americani avranno in cambio di una spesa di quasi mille miliardi di dollari di soldi dell’erario, che saranno spesi nell’arco dei prossimi dieci anni. La stessa copertura finanziaria per la legge licenziata dalla Camera non è ancora stata identificata: s’incrementeranno le tasse che pagano gli americani più ricchi, o si taglieranno altri programmi sociali? La legge proposta dalla Camera non chiarisce completamente il ruolo di un’assicurazione pubblica in diretta concorrenza con quelle private. L’unica cosa certa è che né la proposta della Camera, né quella che sarà approntata dal Senato prevede la creazione di una medicina pubblica, con medici e strutture sanitarie finanziate direttamente dallo Stato. La medicina sociale, com’è conosciuta in Canada o in diversi paesi europei, non sarà creata in America, dove le strutture sanitarie finanziate direttamente dallo stato solo limitate al Dipartimento della Difesa, agli ospedali per i veterani, e a poche altre agenzie del governo.
Per alcuni osservatori, l’intera faccenda della riforma sanitaria potrebbe diventare una distrazione fatale per il presidente Obama, perchè la preoccupazione principale degli americani in questo momento è l’economia, e la conseguente perdita di posti di lavoro. Ormai il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 10,2 percento, e sono molti coloro che hanno dovuto accontentarsi di un lavoro part-time o molto meno redditizio di qualche anno fa.
Lo scrittore Timothy Egan ha scritto sul suo blog ospitato dal New York Times che molti americani si sentono traditi perché il patto sociale che avrebbero sottoscritto è stato stracciato permettendo all’un percento dell’intera popolazione di ammassare un’enorme quantità di ricchezza. Secondo dati della Federal Reserve Board, un percento delle famiglie americane più ricche possiede il 34,3 percento della ricchezza del paese. Il 10 percento delle famiglie americane più ricche ne possiede il 71. Il quaranta percento delle famiglie americane più povere possiede solo un percento della ricchezza nazionale, mentre il ceto medio ne possiede il 28 percento.
Egan nota che il 44 percento dei membri del Congresso è composta da milionari, rappresentativi del 10 percento della popolazione. Per Egan, la mancanza di rappresentatività della composizione effettiva del Paese non aiuta a risolvere i problemi della stragrande maggioranza degli americani.
Se Obama vorrà portare avanti una politica di riforme sostanziali, dovrà cercare di rimanere in sintonia con i problemi del novanta percento degli americani che vivono la quotidianità della crisi economica. La riforma sanitaria è sicuramente necessaria, ma i contenuti delle proposte di legge che provengono dal Congresso devono favorire l’americano medio e coloro che fanno parte del 40 percento che non possiede quasi nulla. Il “change” richiesto dagli americani un anno fa, e il “yes, we can” scandito da Obama durante la campagna elettorale andava nella direzione di riforme sostanziali. Obama sarà giudicato non tanto per aver raggiunto l’obiettivo effimero di firmare una legge per la riforma del sistema sanitario entro la fine dell’anno, ma per la sostanza della legge stessa. Le premesse al momento non sono delle migliori.