Anthony M. Quattrone
Le primarie democratiche che si svolgono oggi nello stato della Pennsylvania potrebbero determinare la traiettoria finale per la nomina del candidato presidenziale che si opporrà, il prossimo novembre, al candidato repubblicano, il senatore dell’Arizona John McCain. Nelle consultazioni odierne, sono in palio 158 delegati. Fino ad oggi, gli elettori democratici hanno premiato attraverso le primarie il senatore dell’Illinois, Barack Obama, con 1.415 delegati, contro i 1.251 per la senatrice di New York, Hillary Clinton. Durante le prossime nove competizioni, dopo di quella odierna, e attraverso il completamento dell’assegnazione dei delegati per alcune competizioni che si sono già fatte, sono in palio ancora 429 delegati.
Secondo il più recente sondaggio condotto in Pennsylvania per la Zogby il 18 e 19 aprile, Clinton conduce su Obama per 46 percento a 43, con 11 percento di indecisi, confermando i risultati di altri rilevamenti svolti nell’ultima settimana. Se i risultati finali in Pennsylvania dovessero riflettere le indicazioni dei sondaggi, la vittoria della Clinton non produrrebbe abbastanza delegati da intaccare in modo significativo l’attuale vantaggio di 164 a favore di Obama, perché il partito democratico adotta un sistema proporzionale nell’assegnazione dei delegati. Inoltre, è ormai chiaro che né Clinton, né Obma riuscirà, con l’assegnazione dei delegati attraverso le consultazioni elettorali, a raggiungere i 2.025 che servirebbero per ottenere la nomina ancora prima della Convention che si svolgerà il prossimo agosto a Denver, Colorado, senza contare anche sul voto dei cosiddetti superdelegati.
Al momento, 490 dei 796 superdelegati hanno espresso la loro preferenza con 257 per la Clinton e 233 per Obama. La somma dei delegati più i superdelegati che hanno espresso una preferenza vede Obama in vantaggio con 1.648 contro 1.508 per Clinton.
I superdelegati sono, in larga parte, deputati, senatori, governatori, e altre personalità elette a cariche pubbliche, ma includono anche funzionari di partito a livello nazionale e statale. Alcuni superdelegati hanno la capacità di influenzare il voto dei colleghi, sia per la loro statura politica, sia attraverso una serie di trattative che vanno ben oltre la semplice simpatia politica, e fanno parte di un raffinato gioco di potere, dove un favore politico può essere riscosso in termini di cariche per se o per i propri collaboratori, o in termini di accorgimenti particolari nei bilanci federali che saranno approvati una volta che il candidato presidente va al potere. Il ruolo delle lobby e dei gruppi di pressione è particolarmente decisivo nella scelta delle alleanze e nei compromessi da proporre. Fra i gruppi di pressione si possono trovare sia quelle a carattere economico, sia quelle a carattere religioso, sociale, o politico, come nel caso dei gruppi religiosi o quelli che si battono per i diritti civili.
Attualmente, 20 dei 56 presidenti delle sezioni statali e territoriali del partito democratico hanno deciso di schierarsi pubblicamente: 12 sono per Obama e 8 per Clinton. Fra i 20 governatori che hanno dichiarato la loro preferenza, vige la parità, con 10 a testa. L’ex presidente Jimmy Carter ha lasciato intendere, ma non lo ha dichiarato esplicitamente, che voterà per Obama, mentre altre figure storiche del partito, come il senatore del Massachusetts, Ted Kennedy, e l’ex candidato democratico alle presidenziali del 2004, il senatore John Kerry, lo hanno dichiarato apertamente.
Il presidente della Camera Nancy Pelosi, anche lei una superdelegata democratica, sostiene che i superdelegati dovrebbero votare seguendo le indicazioni popolari che provengono dalle primarie per evitare di creare una spaccatura fra la struttura del partito democratico e la base elettorale democratica. Altri, come la stessa senatrice Clinton, sono invece a favore di una totale libertà di scelta, non solo per i superdelegati, ma anche per gli stessi delegati che sono stati scelti attraverso le consultazioni.
Non è ancora chiaro quale ruolo potrebbero giocare i 76 superdelegati che non sono ancora stati nominati dal partito. Questi superdelegati saranno scelti dai presidenti dei 50 partiti democratici statali. Ogni stato ne potrà scegliere almeno uno, mentre alcuni stati, con un maggior numero di elettori democratici, potranno sceglierne di più, come nel caso della California, che ne potrà nominare cinque. Quasi la metà degli stati scelgono i superdelegati da una lista presentata dal presidente del partito statale. In altri stati, un formale congresso del partito sceglierà i superdelegati. In passato, i 76 superdelegati hanno incluso esponenti sindacali, democratici eletti in cariche minori, ed anche grandi donatori finanziari.
I risultati della Pennsylvania probabilmente non avranno un peso importante per quanto riguarda l’assegnazione dei delegati, ma potranno avere un impatto decisivo sull’atteggiamento di quei superdelegati che non si sono ancora schierati. Secondo l’Associated Press, il numero di superdelegati favorevoli ad Obama è in crescendo, e se la Clinton non riesce ad ottenere alcune vittorie schiaccianti per colmare almeno la distanza da Obama nel conto dei voti popolari, la traiettoria a favore del senatore dell’Illinois si consoliderà in modo definitivo.
Se il partito democratico non riesce a scegliere il candidato presidente entro il 3 giugno, quando finiranno le consultazioni elettorali, i 230 superdelegati che non si sono ancora schierati assieme ai 76 che non sono stati ancora nominati finiranno per scegliere il candidato democratico da contrapporre al repubblicano John McCain. La direzione del partito democratico è preoccupata perchè se la decisione dei superdelegati non rispecchiasse la volontà della maggioranza degli elettori democratici che hanno partecipato in modo massiccio alle primarie, si potrebbe creare una lacerazione fra la base elettorale e il partito, penalizzando anche in modo decisivo chiunque sarà il candidato democratico nelle elezioni del prossimo novembre.
Pubblicato sull’Avanti! del 22 aprile 2008.