Obama licenzia McChrystal e chiama Petraeus

Anthony M. Quattrone

President Obama, with Vice President Joseph R. Biden Jr., Gen. David H. Petraeus and Secretary of Defense Robert M. Gates, announced his removal of Gen. Stanley A. McChrystal as the top commander in Afghanistan on Wednesday and his appointment of Gen. Petraeus to lead the war effort there. Doug Mills/The New York Times

Il presidente Barack Obama ha licenziato il 23 giugno 2010 il generale Stanley McChrystal, comandante delle truppe Usa e alleate in Afghanistan, e l’ha rimpiazzato con il suo diretto superiore, il generale David H. Petraeus, per condurre una guerra che ormai va avanti da ben nove anni.  Obama ha punito McChrystal per le spregiudicate dichiarazioni che il generale e il suo staff hanno rilasciato alla rivista americana Rolling Stone, normalmente specializzata in fatti musicali, in cui hanno criticato, senza mezzi termini, membri dell’amministrazione Obama, alcuni senatori, e anche qualche governante di paesi alleati, suscitando irritazione ai massimi livelli sia negli Usa, sia fra gli alleati.

Il generale Petraeus, per contro, è considerato l’artefice della strategia militare americana, denominata “surge” (ondata o rinforzi) che ha stabilizzato l’Iraq nel 2008, permettendo il successivo ritiro del grosso delle forze americane dal Paese.  Petreaus è stimato per il suo approccio razionale e metodico nella conduzione di operazioni militari, e per la capacità di rimanere calmo e rispettoso delle autorità civili, anche dinanzi ad attacchi pubblici, che rasentano la diffamazione, come quando nel settembre del 2007 testimoniò dinanzi al Congresso per spiegare la sua strategia militare in Iraq, e alcuni gruppi della sinistra democratica giocarono sul suo nome, trasformando la fonetica in “Betray us”, overro, “tradiscici”. Leggi tutto

Obama si impantana nel greggio della Louisiana

Anthony M. Quattrone

US President Barack Obama speaks after meeting with Coast Guard Admiral Thad Allen and local officials on efforts to fight the BP oil spill at Coast Guard Station Gulfport in Gulfport, Mississippi. Obama labeled the Gulf oil spill an environmental 9/11 and made a fourth disaster zone trip Monday while aides strong-armed BP to set up a multi-billion dollar victim fund. (AFP/Mandel Ngan)

Secondo un sondaggio condotto dalla Gallup, settantuno percento degli americani pensa che il presidente Barack Obama non abbia reagito con la giusta forza nei confronti della British Petroleum (BP), responsabile della più grossa crisi ambientale nella storia degli Stati Uniti.  Gli americani sono convinti che il disastro petrolifero nel Golfo del Messico, dove una piattaforma per l’estrazione del petrolio è esplosa e in seguito è affondata, causando la morte di undici lavoratori, il ferimento di altri diciassette, e disperdendo nel mare un flusso continuo di petrolio grezzo da quasi due mesi, avrà un impatto ecologico ed economico che durerà oltre un decennio.

Il pessimismo degli americani in questa circostanza sembrerebbe contrastare, almeno per il momento, con lo stereotipo a stelle e strisce del “si può fare”.  Il sondaggio, condotto pochi giorni prima del discorso alla Nazione che Obama ha tenuto la sera del 15 giugno 2010, e trasmesso dalle maggiori reti americane, indica che la maggioranza degli americani non ha nessuna fiducia nel lavoro che la BP sta facendo, mentre un quarto boccia completamente l’intervento presidenziale e federale.  Tuttavia, il sondaggio rivela anche che sono di più gli americani che preferiscono lasciare che la BP risolva il problema, piuttosto che spostare la direzione delle operazioni al governo federale, il quale è considerato meno competente del gigante petrolifero nell’affrontare il tipo di problema posto dalla fuoriuscita di greggio dal pozzo petrolifero.

Il disastro ambientale è iniziato il 20 aprile 2010, quando esplode un pozzo di petrolio a 1.500 metri di profondità sotto piattaforma Deepwater Horizon, la quale s’incendia e affonda dopo due giorni.  La fuoriuscita di greggio da quel che rimane del pozzo sul fondo marino ha contaminato vaste aree di mare, rendendo necessario alla Guardia Costiera americana di ordinare il 2 giugno 2010 l’interdizione della pesca per un totale di 228 mila chilometri quadrati, pari a trentasette percento delle coste Usa del Golfo del Messico.  La fuoriuscita di greggio ha ormai superato l’ammontare che ha inquinato le limpide acque dell’Alaska nel 1989, quando la nave Exxon Valdez riversò 262 mila barili di greggio, pari a circa quarantadue milioni di litri, rendendo l’attuale “il peggior disastro ambientale della storia degli Stati Uniti come ha dichiarato la Casa Bianca lo scorso 30 maggio. Leggi tutto

E’ sempre più gelo fra Netanyahu e Obama

Dopo l’incidente navale davanti a Gaza, il rapporto tra i due leader si è compromesso. Il nodo Turchia.

US President Barack Obama (R) speaks with Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu (L) in New York in 2009. (AFP/File/Jim Watson)

Anthony M. Quattrone

L’incontro che si doveva tenere il primo giugno alla Casa Bianca fra il presidente americano, Barack Obama, e il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, era stato organizzato da Rahm Emanuel, il capo di stato maggiore del presidente americano, durante una recente visita privata in Israele, per ricucire le differenze fra americani e israeliani, e per migliorare i rapporti personali fra i due leader.  Emanuel, che è ebreo e aveva prestato servizio volontario civile per l’esercito israeliano lavorando come meccanico durante la prima guerra del golfo, era riuscito a convincere Netanyahu a fermarsi a Washington, per un breve incontro con Obama, alla fine del viaggio programmato in Canada.

Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu, right, shakes hands with White House Chief of Staff Rahm Emanuel, during their meeting in Jerusalem, Wednesday, May 26, 2010. President Barack Obama's chief of staff invited the Israeli prime minister to the White House , after Prime Minister Benjamin Netanyahu's previously scheduled visit to Canada. Emanuel was in the country on a private visit. (AP Photo/Sebastian Scheiner, Pool)

L’incontro fra i due leader è saltato a causa dell’incidente navale del 31 maggio 2010, quando, in acque internazionali, la marina militare israeliana ha abbordato sei imbarcazioni che trasportavano aiuti umanitari a Gaza, per conto di un’organizzazione non governativa turca, uccidendo diversi passeggeri e ferendone molti altri sulla nave turca Mavi Marmara, nel corso di un’impacciata operazione militare, non esattamente in linea con la nota efficienza e precisione dei reparti speciali israeliani.

Secondo una versione ufficiale, Netanyahu è ritornato immediatamente in patria per gestire la crisi e secondo altre versioni non ufficiali ma altrettanto verosimili, Obama sarebbe estremamente irato nei confronti del premier israeliano.

La dimensione psicologica dei due leader, i problemi che affrontano nella politica nazionale dei rispettivi paesi, e la crisi dei rapporti con la Turchia crea un intreccio di variabili da cui possono nascere delle traiettorie alquanto inquietanti per quanto riguarda la risoluzione del problema palestinese, considerata da autorevoli strateghi, come il generale americano David Petraeus, una delle questioni fondamentali nella lotta contro il terrorismo di matrice islamica. Leggi tutto l’articolo