Obama va avanti: la Camera Usa approva le misure economiche

President Barack Obama speaks to reporters during his visit to the Capitol in Washington January 27, 2009.
President Barack Obama speaks to reporters during his visit to the Capitol in Washington January 27, 2009. (Kevin Lamarque/Reuters)

Anthony M. Quattrone

“Non abbiamo nemmeno un minuto da perdere” ha dichiarato mercoledì il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, poco prima che la Camera approvasse una serie di misure miranti a stimolare l’economia americana. Obama ha evidenziato la gravità del momento, sostenendo la necessità di prendere iniziative rapide e decisive per rilanciare l’economia. L’urgenza dell’intervento legislativo è dettata anche dalla notizia che, secondo il dipartimento del lavoro, l’emorragia dei posti di lavoro ormai rasenta le 100 mila unità a settimana. Il neo presidente sperava che la maggioranza democratica riuscisse a raggiungere un accordo con la minoranza repubblicana nella Camera, ma ha dovuto rassegnarsi di fronte alla ferma opposizione di ampi settori della destra conservatrice. Alla fine, il pacchetto è stato approvato dalla maggioranza democratica, mentre tutti i deputati repubblicani, assieme ad undici democratici conservatori, hanno votato contro. Il piano approvato dalla Camera rispecchia quasi per intero le richieste fatte da Obama, e costerà al governo federale circa 819 miliardi di dollari, di cui quasi 544 di spese e 275 di riduzione delle tasse. Ora sarà la volta del Senato nel vagliare e approvare le misure passate alla Camera.

La minoranza repubblicana nella Camera ha chiaramente manifestato che alcuni provvedimenti approvati nella seduta di mercoledì non sembrano legati ad iniziative miranti a stimolare l’economia, ma sono finanziamenti per alcune clientele locali o sono a sostegno di interventi prettamente politici. I repubblicani avrebbero preferito avere più tempo per discutere le proposte, e assicurarsi un legame diretto fra le spese e i risultati sperati nell’economia. Per il deputato dell’Ohio, John Boehner, capogruppo repubblicano alla Camera, alcune voci della proposta, del valore di diversi miliardi di dollari, “non hanno nessuna relazione con la creazione o la conservazione di posti di lavoro”. Per il capogruppo repubblicano al Senato, il senatore del Kentucky, Mitch McConnell, “le proposte fatte dai democratici alla Camera non sembrano in linea né con le nostre priorità, né con quelle del Presidente”. In generale, i repubblicani lamentano che l’ammontare della riduzione delle tasse, specialmente per le piccole imprese, non è sufficiente per stimolare l’economia.

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Le prime 72 ore di Obama

Anthony M. Quattrone

President Barack Obama signs a series of executive orders, including one closing of the prison at Guantanamo Bay, Thursday, Jan. 22, 2009, in the Oval Office of the White House in Washington. (AP Photo/Charles Dharapak)
President Barack Obama signs a series of executive orders, including one closing of the prison at Guantanamo Bay, Thursday, Jan. 22, 2009, in the Oval Office of the White House in Washington. (AP Photo/Charles Dharapak)

Molti osservatori americani avevano espresso preoccupazione per la velocità con cui Barack Obama avrebbe dovuto affrontare una serie di problemi complessi, già dalle prime ore del suo insediamento come presidente degli Stati Uniti d’America.  Il team di Obama ha spesso risposto ai critici usando una frase idiomatica inglese, “hit the ground, running” (toccare terra correndo), per assicurare tutti che il nuovo presidente sarebbe stato “operativo” sin dal primo momento in carica, e che non aveva bisogno di un “time out” né per documentarsi sui temi, né per chiedere consigli.  La straordinaria collaborazione fra l’amministrazione del presidente repubblicano uscente, George W. Bush, e quella democratica di Obama, durante i 77 giorni trascorsi fra le elezioni del 4 novembre 2008 e l’insediamento di martedì 20, e la generale soddisfazione degli osservatori di tutte le correnti politiche a proposito della composizione della nuova squadra di governo, hanno sicuramente aiutato a dissipare timori e dubbi nei confronti della capacità del giovane presidente di assumere subito le piene funzioni di capo di governo.

A poche ore dalla conclusione della festa dell’insediamento, Obama ha dettato le prime regole, ha firmato ordini, e ha debuttato sulla scena internazionale chiamando alcuni leader mediorientali, segnando in modo chiaro le traiettorie che la sua amministrazione seguirà fin dal primo momento. La celerità dell’azione di Obama, il primo presidente americano completamente abile nell’uso del computer e dell’Internet, è forse anche dovuta alla facilità con cui utilizza tutta la tecnologia a disposizione.  La Cnn ha osservato che lo staff di Obama ha completamente cambiato la struttura del sito Web della Casa Bianca, creando uno stile più aperto e all’insegna della trasparenza. Leggi tutto l’articolo

Barack Hussein Obama Presidente!

small_obama_imageAnthony M. Quattrone

Oggi, 20 gennaio 2009, Barack Hussein Obama diventerà il 44mo presidente degli Stati Uniti d’America. Sono tantissime le persone in tutto il mondo che seguiranno la diretta TV della cerimonia d’insediamento, e saranno tanti quelli che, alle 18 italiane, si commuoveranno, mentre guardano e ascoltano Obama, giurare fedeltà alla Costituzione degli Stati Uniti d’America, sulla bibbia appartenuta al presidente Abraham Lincoln. Anche la scelta della bibbia di Lincoln, un presidente repubblicano, che ha dato il via alla lunga strada dell’emancipazione dei neri, è parte di un’attenta coreografia politica che mira a creare unità fra tutti gli americani.

Nei primi cento giorni della sua presidenza, Obama potrà continuare a godere del forte consenso popolare in patria, e della simpatia di tante persone in ogni parte del globo. Ma, soprattutto, potrà contare su di un Congresso a maggioranza democratica, con un’opposizione leale da parte dei repubblicani, che, specialmente all’inizio del mandato del giovane presidente, gli daranno l’opportunità di mettere in atto quanto ha promesso, e quanto vorrà fare per tirare l’America fuori dalla crisi economica.

E’ stato scritto subito dopo la trionfale vittoria del 4 novembre 2008, che l’elezione di Obama andava incontro al desiderio espresso dall’opinione pubblica internazionale affinché l’America scegliesse la discontinuità nei confronti dell’interventismo unilaterale, della guerra preventiva, e dello stradominio delle corporazioni, indirizzando invece la sua politica verso la condivisione e il dialogo, in un contesto di una leadership morale ed etica, che mettesse l’uomo, e non gli interessi economici, al centro dell’azione politica. Dal 4 novembre ad oggi sono passati oltre due mesi, e il mondo è cambiato di nuovo, e rapidamente. La crisi economica ha distrutto centinaia di migliaia di posti di lavoro in America dall’elezione presidenziale ad oggi, portando il totale a oltre tre milioni in un solo anno. Israele ha invaso Gaza dopo aver subito attacchi giornalieri di missili Kassam lanciati da Hamas contro la sua popolazione civile per anni — ora il numero dei morti civili in Palestina, causati dall’azione militare israeliana, ha ormai superato il migliaio. In breve, in soli due mesi, la situazione Americana e mondiale si è complicata ulteriormente, e le sfide per il giovane presidente si sono notevolmente moltiplicate.

In questi due mesi, Obama ha messo assieme una squadra di governo che, secondo gli osservatori americani di tutte le parti politiche, è composta da persone di altissimo calibro. Obama ha scelto il meglio fra democratici, indipendenti, e repubblicani, e ha privilegiato la capacità professionale e la dimostrata competenza, piuttosto che la fedeltà di partito, o nei suoi stessi confronti. Vuole un rapporto leale con dei collaboratori capaci di dire “no sir, lei si sta sbagliando”, con il massimo rispetto dei ruoli e delle persone. Obama sa che alla fine, dopo aver ascoltato i consiglieri, i ministri, gli esperti, sarà solo nel prendere decisioni che potrebbero danneggiare alcuni e favorire altri. Così sarà per la politica economica, quella fiscale, le tasse, la riforma sanitaria, l’ambiente, la sicurezza nazionale, la politica estera, e così via.

Il rischio di deludere tutti c’è ed è grande. Chi vuole chiudere Guantanamo subito sarà deluso dai problemi tecnici che questo comporta. Chi vuole vedere le truppe Usa lasciare l’Iraq subito scoprirà che questo non è possibile, se si vuole garantire la sicurezza delle truppe stesse. Chi vuole la riforma sanitaria dovrà capire che, nel bel mezzo di una crisi economica di portata storica, con milioni di posti di lavoro già persi e altri che sono a rischio, non ci sono i fondi necessari per fare l’agognata riforma. E così chi vuole vedere Obama togliere immediatamente gli impedimenti federali alla ricerca sulle cellule staminali dovrà fare i conti con le priorità che il nuovo presidente vorrà dare ad ognuno dei temi su cui ha basato la sua vittoriosa campagna elettorale.

Gli americani residenti in diverse città italiane hanno organizzato oggi degli incontri per vedere assieme ai loro amici italiani il giuramento di Obama. In alcune città ci sono manifestazioni formali, mentre in altre le celebrazioni sono a carattere informale. Quello che gli italiani potranno notare da queste celebrazioni è che non ci sono differenze di partito, ideologiche, religiose, o etniche. Tutti gli americani in questo momento sperano nel successo del giovane presidente, e si sentono uniti dietro di lui.

Obama ha dimostrato in brevissimo tempo di avere la stoffa per essere un grande presidente americano. Ha lo stile giusto. E’ determinato. Ha il carisma necessario. Ha l’umiltà di circondarsi di persone forti e competenti. Già da domani Obama dovrà rimboccarsi le maniche e lavorare sodo. E, mentre aspettiamo di sapere come vuole andare avanti, non ci resta che fargli l’augurio che è stato rivolto subito dopo la vittoria del 4 novembre: “Buon lavoro, Mr. President!”

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Obama: Rebus Guantanamo

Anthony M. Quattrone, Ph.D.

Guantanamo e tortura sono in contrasto con la Costituzione Americana.
Guantanamo e tortura sono in contrasto con la Costituzione Americana.

Il presidente eletto degli Stati Uniti, Barack Obama, ha promesso durante la campagna elettorale che avrebbe chiuso il carcere di Guantanamo, dove oggi sono detenute 248 persone, fra combattenti illegali, terroristi, o presunti tali.  Secondo alcuni suoi stretti collaboratori, Obama, potrebbe firmare, già durante il primo giorno da presidente, l’ordine esecutivo che darebbe via allo smantellamento della struttura carceraria sull’isola cubana.  Durante la recente campagna elettorale, Obama e il senatore dell’Arizona, John McCain, il candidato repubblicano alla presidenza, avevano anche preso una posizione molto decisa contro qualsiasi forma di tortura esercitata, o presumibilmente esercitata, dal governo americano nei confronti di quei detenuti sospettati di essere legati al terrorismo mondiale.

Il governo uscente del presidente George W. Bush ha sempre negato che l’amministrazione abbia permesso o tollerato qualsiasi tipo di tortura, ma ammette che alcuni prigionieri hanno subito interrogatori molto forti, e che questi trattamenti sono stati e sono giustificati dalla necessità di salvare vite di innocenti cittadini americani.

Bush autorizzò la creazione di un sistema di commissioni militari nel novembre 2001, due mesi dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre, per giudicare combattenti illegali e persone sospettate di terrorismo catturati nel corso di operazioni militari americane all’estero, a partire dalla guerra in Afghanistan, iniziata nell’ottobre 2001, e trasferiti nella base americana di Guantanamo.  Circa 520 prigionieri sono stati rilasciati dal 2002 ad oggi, senza subire un processo.  Fra i 248 prigionieri ancora presenti a Guantanamo, solo 18 sono stati formalmente incriminati, e nei loro confronti si è aperta una procedura processuale.  Gli USA stanno negoziando con diversi paesi amici come e a chi rilasciare circa 150 prigionieri che non rappresenterebbero particolari problemi per la sicurezza americana, mentre è incerto cosa succederà a circa 80 detenuti che sono considerati particolarmente pericolosi dalle autorità statunitensi. Leggi tutto l’articolo