Obama in difficoltà con i sostenitori della Clinton, e sotto torchio per l’Iraq

Anthony M. Quattrone

E’ ancora lontana l’auspicata unità del partito democratico USA, o almeno quella dei sostenitori dei due principali candidati che hanno lottato per la nomination democratica durante il corso dei precedenti 17 mesi. L’incontro del 27 giugno 2008, a Unity, New Hampshire, quando la senatrice di New York, Hillary Clinton, è apparsa per la prima volta in pubblico assieme al senatore dell’Illinois, Barack Obama, chiedendo a tutti i democratici, ed in particolare ai suoi sostenitori, di unirsi per portare un democratico alla Casa Bianca.

Un sondaggio della CNN/Opinion Research Corp, pubblicato il 3 luglio 2008, rileva che solo il 54 percento dei sostenitori della Clinton è intenzionato a votare per Obama, e, che ben 43 percento dei democratici iscritti nelle liste elettorali preferisce ancora la senatrice di New York per la candidatura democratica alle presidenziali di novembre. Le notizie della CNN sono preoccupanti perché il consenso di Obama fra i sostenitori della Clinton è scivolato, in un mese, dal 60 percento dei primi di giugno al 54 percento odierno. Ancora più preoccupante è la notizia che circa un terzo degli elettori della Clinton ha dichiarato che diserteranno le urne a novembre, rispetto al 22 percento che aveva espresso quest’intenzione circa un mese fa.

Secondo Bill Schneider, un analista politico della CNN, molti sostenitori della Clinton aspettano di sapere se Obama sceglierà la senatrice di New York come candidato alla vice presidenza. Tuttavia, se questo evento non accadrà, i sostenitori della Clinton attraverseranno prima un periodo di “depressione” e poi si rassegneranno e, secondo Schneider, finiranno per accettare l’appello della ex-first lady di sostenere in pieno Barack Obama.

Secondo Keating Holland, direttrice dei sondaggi della CNN, “per molti elettori è difficile cambiare subito la loro fedeltà nei confronti di un candidato verso un altro, cui si opponevano, e si sentono più a loro agio assumendo una posizione ‘neutrale’, almeno per un po’ di tempo”. Se questa è la spiegazione del comportamento dell’elettorato della Clinton, Obama non ha nulla cui preoccuparsi, ma, secondo la Holland, se non fosse così, Obama dovrà fare a meno del sostegno di una consistente componente del partito il prossimo novembre.

Mentre la direzione del partito è al lavoro per unire la base elettorale democratica, Obama si deve difendere dalle accuse lanciate dallo staff del candidato repubblicano, il senatore dell’Arizona, John McCain, di aver cambiato posizione sul ritiro delle truppe americane dall’Iraq, che il candidato democratico aveva promesso, nel corso delle primarie, sarebbe avvenuto entro 16 mesi dalla sua nomina a presidente degli Stati Uniti. Per Alex Conant, un portavoce repubblicano, “non c’è nessuna questione su cui Barack Obama non è capace di capovolgere completamente la sua opinione per motivi di puro opportunismo politico. Il voltafaccia di Obama sul problema Iraq, che è stato un presupposto centrale della sua candidatura, dimostra che è un politico tipico”, e che il suo modo di fare politica non è per niente nuovo.

Obama ha ripetuto, durante diverse conferenze stampa e incontri con gli elettori negli ultimi giorni, che la sua posizione sulla guerra in Iraq non è cambiata per niente, ma va raffinandosi man mano che si avvicina l’appuntamento elettorale. Ha confermato l’intenzione di ritirare le truppe da combattimento entro 16 mesi, ma si è riservato il diritto di analizzare la situazione sul campo, specialmente per evitare di mettere in pericolo quelle truppe che saranno ancora presenti in Iraq, durante il ritiro, e di mettere in pericolo la stabilità dell’Iraq. Per Obama, è necessario “essere tanto prudenti nell’uscire dall’Iraq, così come siamo stati tanto imprudenti nell’entrarci. Il mio obiettivo è di portare a conclusione questo conflitto il prima possibile”.

Secondo Obama, è necessario avere una presenza militare nella regione capace di colpire al-Qaida se l’organizzazione terroristica tenta di creare basi in Iraq. Tuttavia, per il candidato democratico, l’interesse strategico americano sta nella lotta contro al-Qaida in Afghanistan, ed in particolare è necessario colpire le basi dell’organizzazione terroristica nel nord ovest del Pakistan. Secondo Obama, inoltre, è necessario dirottare verso l’America i dieci o dodici miliardi di dollari che gli USA spendono in Iraq ogni mese, ed è necessario ridurre la tensione creata sulle forze militari americane.

Pubblicato sull’Avanti! il 9 luglio 2008.

Autore: Anthony M. Quattrone, Ph.D.

This blog is managed by Anthony M. Quattrone, Ph.D. Dr. Quattrone holds a Bachelor of Arts from the University of Maryland, a Master of Education from Boston University, and a Ph.D. in Applied Management and Decision Sciences from Walden University. Dr. Quattrone has worked in Naples for the past 35 years in the management of international education programs and in the management of human resources for a major international organization. Dr. Quattrone, a native New Yorker, has written several hundred articles for the Italian media regarding both local and international politics.

1 commento su “Obama in difficoltà con i sostenitori della Clinton, e sotto torchio per l’Iraq”

  1. Speriamo che il partito democratico americano ritrovi la sua unità e mi auspico che Obama scelga la Clinton come sua vince. Per quanto concerne il nodo Irak concordo pienamente con la posizione di Obama.

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